Nuova stretta sui bonus edilizi nel C.D.M. del 26 marzo 2024, salvi gli interventi già iniziati.

Il Consiglio dei Ministri del 26 marzo 2024 ha approvato, su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, un decreto-legge che introduce misure urgenti in materia di agevolazioni fiscali.
In particolare, le disposizioni sono volte alla tutela della finanza pubblica nel settore delle agevolazioni fiscali in materia edilizia e di efficienza energetica. L’intervento si afferma che si è reso necessario anche alla luce degli ultimi dati certificati dall’ISTAT, che hanno portato alla revisione del deficit relativo all’anno 2023 arrivando alla misura del 7,2 per cento, revisione al rialzo che segue quella già intervenuta per gli anni 2021 e 2022.
Il decreto:
- prevede l’eliminazione, per gli interventi successivi all’entrata in vigore delle nuove norme, delle residue fattispecie per le quali risulta ancora vigente l’esercizio delle opzioni per il cosiddetto sconto in fattura o per la cessione del credito in luogo delle detrazioni;
- al fine di acquisire, alla scadenza ordinaria del termine previsto per le suddette agevolazioni (4 aprile 2024), l’ammontare del complesso delle opzioni esercitate e delle cessioni stipulate, esclude l’applicazione dell’istituto della remissione in bonis che avrebbe consentito, con il pagamento di una minima sanzione, la comunicazione funzionale alla fruizione dei benefici fino al 15 ottobre 2024;
- al fine di garantire un’adeguata e tempestiva conoscenza delle grandezze economiche e finanziarie connesse alle misure agevolative oggetto del decreto, introduce misure volte ad acquisire maggiori informazioni inerenti alla realizzazione degli interventi agevolabili.
È, inoltre, previsto, un corredo sanzionatorio. In particolare, l’omessa trasmissione di tali informazioni, se relativa agli interventi già avviati, determina l’applicazione di una sanzione amministrativa di euro 10.000, mentre per i nuovi interventi è prevista la decadenza dall’agevolazione fiscale;
- al fine di evitare la fruizione dei bonus edilizi anche da parte dei soggetti che hanno debiti nei confronti dell’erario, come già previsto nel nostro ordinamento in altri casi, dispone la sospensione, fino a concorrenza di quanto dovuto, dell’utilizzabilità dei crediti di imposta inerenti i bonus edilizi in presenza di iscrizioni a ruolo o carichi affidati agli agenti della riscossione relativi imposte erariali nonché ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate per importi complessivamente superiori a euro 10.000, se scaduti i termini di pagamento e purché non siano in essere provvedimenti di sospensione o non siano in corso piani di rateazione per i quali non sia intervenuta decadenza;
- introduce misure volte a prevenire le frodi in materia di cessione dei crediti ACE, riducendo a una la possibilità di cessione ed estendendo la responsabilità solidale del cessionario alle ipotesi di concorso nella violazione, nonché ampliando i controlli preventivi in materia di operazioni sospette.
Daremo aggiornamenti non appena il Decreto sarà nella versione definitiva.

Donazione partecipazioni, esenzione solo per acquisire la maggioranza dei voti

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta a interpello 72 del 18 marzo 2024 in tema di applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni in caso di donazione contestuale ai propri discendenti, in regime di comproprietà, di una quota di partecipazione sociale detenuta a titolo personale unitamente ad una quota indivisa del pacchetto azionario già in comunione ereditaria con i predetti discendenti.
L’articolo 3, comma 4­ter, del d.lgs. n. 346 del 1990 prevede che i trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui all’articolo 768 bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all’articolo 73, comma1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile.
Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell’imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata.
Con la richiamata disposizione, il legislatore ha inteso favorire il passaggio generazionale delle aziende di famiglia, a condizione, tuttavia, che i beneficiari del trasferimento proseguano l’attività d’impresa o mantengano il controllo della società, per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento.
La ratio dell’esenzione in discorso, infatti, come anche chiarito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 23 giugno 2020, n. 120, è quella di agevolare, attraverso l’eliminazione dell’onere fiscale correlato al trasferimento per successione o donazione, la successione nella gestione dell’impresa nell’ambito dei discendenti nella famiglia in occasione della successione mortis causa, rispetto alla quale il trasferimento a seguito di donazione può rappresentare una vicenda sostanzialmente anticipatoria.
Il predetto trattamento agevolativo spetta ai beneficiari del trasferimento, discendenti o coniuge del disponente, a condizione che gli stessi proseguano l’attività d’impresa o mantengano il controllo della società, per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento e sempreché rendano, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione di proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa o detenere il controllo dell’attività d’impresa.
In ordine all’applicazione della riportata disposizione e alle condizioni richieste per l’accesso al regime agevolativo, sono stati forniti chiarimenti, tra l’altro, con le circolari 22 gennaio 2008, n. 3/E e 29 maggio 2013, n. 18/E.
Nell’ipotesi in cui oggetto del trasferimento siano quote o azioni emesse dai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lett. a), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) e cioè società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato, l’esenzione spetta per il solo trasferimento di partecipazioni che consente ai beneficiari di acquisire oppure integrare il controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile.
Tale ultima disposizione definisce la nozione di ”controllo di diritto” che si realizza quando un soggetto dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di una società, ossia detiene più del 50 per cento delle quote o azioni della società, con diritto di voto nell’assemblea ordinaria.
Nel caso in cui la partecipazione di controllo, posseduta dal dante causa, sia frazionata tra più discendenti l’agevolazione spetta esclusivamente per l’attribuzione che consente l’acquisizione o l’integrazione del controllo da parte del discendente; nel caso in cui il trasferimento della partecipazione di controllo avvenga a favore di più discendenti in comproprietà, ai sensi dell’articolo 2347 c.c., il beneficio viene sempre riconosciuto .
L’agevolazione in parola trova, dunque, applicazione anche per i trasferimenti che consentano l’acquisizione o l’integrazione del controllo in regime di ”comproprietà”, a condizione che, ai sensi dell’articolo 2347 del codice civile, i diritti dei comproprietari siano esercitati da un rappresentante comune che disponga della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria.
Secondo quanto precisato con la risoluzione 26 luglio 2010, n. 75/E, la verifica del requisito dell’acquisizione o integrazione del controllo previsto per la fruizione dell’agevolazione in discorso deve essere effettuata anche in considerazione di quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 2359, secondo cui ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Ancora con riferimento al requisito del controllo, è stato altresì chiarito che rientrano nell’ambito della predetta agevolazione le ipotesi in cui il beneficiario non disponga, precedentemente al trasferimento delle partecipazioni nella società di capitali, del requisito del controllo, vale a dire di un numero di quote in misura tale da consentirgli di essere già titolare del cinquanta per cento più uno dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.
Di converso, nel caso in cui il beneficiario della donazione sia già titolare ex ante di una percentuale di partecipazione maggiore del cinquanta per cento delle quote o azioni della società, con diritto di voto nell’assemblea ordinaria, per il trasferimento delle quote o delle azioni non si realizzeranno i presupposti per l’applicazione dell’agevolazione di cui al predetto articolo 3, comma 4­ter.
Si precisa nell’interpello che con la locuzione ”integrato il controllo” il legislatore ha inteso agevolare quei trasferimenti attraverso i quali il soggetto beneficiario riesca ad assumere (proprio per effetto della devoluzione delle quote e/o delle azioni) una posizione di controllo ex articolo 2359 del codice civile sommando alle partecipazioni (di minoranza), già possedute prima della devoluzione, quelle oggetto del trasferimento. Lascia tuttavia qualche dubbio l’interpretazione dell’Agenzia circa il tenore letterale della norma che facendo riferimento alla “integrazione del controllo” parrebbe voler agevolare anche le situazioni in cui un socio di maggioranza incrementi la propria partecipazione societaria.

Trasfer price: set documentale e dichiarazione dei redditi (anche tardiva)

Le imprese ad ampio respiro internazionale, che operano nel mercato scambiando beni o servizi con consociate estere, devono comunicare il possesso della documentazione redatta ai fini transfer price entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi. Tuttavia, al ricorrere di determinate condizioni, come chiarito dalla prassi amministrativa, il contribuente può comunicare il possesso del set documentale TP entro il 28 febbraio. Qual è la normativa sostanziale di riferimento? E quali sono le modalità pratiche previste per la costruzione di un idoneo set documentale ai fini transfer price?
La normativa conosciuta tra gli addetti ai lavori come “transfer pricing” può essere considerata anche in un’accezione non necessariamente elusiva, in quanto diretta a sviluppare genuine politiche fiscali e commerciali di Gruppo, per finalità di carattere strettamente economico.
Ad esempio, il trasferimento di beni a valori più bassi rispetto a quelli normalmente applicati sul libero mercato, può altresì avvenire con il precipuo scopo di consentire al contribuente di conquistare importanti porzioni di mercato, con successiva rivendita dei prodotti a prezzi altamente competitivi e creare valore aggiunto per il Gruppo multinazionale.
Tuttavia, tale pratica è anche rivolta ad ottenere un risparmio fiscale e trova il suo naturale presupposto nella circostanza che l’impresa del gruppo destinataria di maggiori utili (c.d. travaso di utili oltre frontiera), beneficia di un trattamento tributario più favorevole rispetto a quella originariamente titolare del reddito medesimo (cfr. Guardia di Finanza, circolare n. 1/2018, vol. III, pag. n. 367)
Ambito giuridico di riferimento
L’art. 110, comma 7, TUIR contiene le disposizioni in materia di transfer price: “i componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni di cui all’articolo 31-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.
A livello internazionale, per valutare la congruità dei prezzi di trasferimento praticati nello scambio di beni o servizi infragruppo e, simmetricamente, il valore corretto da applicare nelle transazioni economiche e commerciali avvenute tra imprese appartenenti allo stesso Gruppo multinazionale, occorre invece fare riferimento al noto principio di libera concorrenza, enunciato dall’art. 9 del modello OCSE di convenzione (c.d. arm’s length principle), in base al quale il prezzo stabilito nelle transazioni commerciali intercorse tra imprese associate deve necessariamente corrispondere al prezzo che sarebbe stato convenuto tra imprese indipendenti, per transazioni identiche o similari sul libero mercato.
Analisi di comparabilità
Onde accertare la congruità dei prezzi di trasferimento, rispetto ai principali concorrenti operanti nel libero mercato, occorre seguire un preciso iter procedurale, conosciuto tra gli addetti ai lavori come “analisi di comparabilità”.
Lo stesso procedimento consente anzitutto di ricercare le “imprese comparabili” operanti in un determinato mercato di riferimento, al fine di confrontare la politica di transfer pricing adottata dal singolo Gruppo multinazionale sottoposto a verifica, rispetto a quella perseguita dai soggetti terzi indipendenti.
Tuttavia, occorre considerare che tale comparazione risulta affidabile solo qualora funzioni, rischi e assets impiegati dai terzi indipendenti risultino similari a quelli impiegati dalle entità coinvolte nella transazione in verifica (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 della Guardia di Finanza volume III – parte V – capitolo 11 “Il contrasto all’evasione e alle frodi fiscali di rilievi internazionale”, pag. 370).
A tale fine, per costruire un idoneo set documentale ai fini del transfer price. nell’ambito dell’analisi di comparabilità occorrerà anzitutto selezionare i soggetti comparabili che risultino idonei al contesto analizzato e, soprattutto, presentino importanti analogie sotto il profilo funzionale, rispetto alla singola multinazionale oggetto di analisi ai fini TP.
In tale ambito, occorrerà valutare la rilevanza dei seguenti fattori che caratterizzano i soggetti individuati come comparabili nel contesto della c.d. benchmarking analysis:
- caratteristiche dei beni e servizi;
- le funzioni svolte e rischi assunti;
- termini contrattuali;
- le condizioni economiche e le strategie perseguite della società.
In esito all’analisi esperita, sarà così possibile delineare compiutamente il profilo funzionale del soggetto economico (i.e. le funzioni svolte, i rischi assunti e beni strumentali utilizzati), in modo da comprendere se l’impresa individuata come soggetto comparabile sia o meno assimilabile a quella oggetto di verifica ai fini TP.
Sotto tale prospettiva, sarà dirimente individuare il settore economico in cui opera il terzo indipendente individuato come soggetto comparabile, se lo stesso ha natura di mero produttore di servizi, di distributore, di impresa commerciale, svolgendo determinate funzioni che possono direttamente e inevitabilmente influenzare la determinazione dei prezzi di trasferimento (es. costi per attività ricerca sviluppo, investimenti in spese di marketing, logistica e trasporto, garanzia e assistenza post vendita etc.)
Con la circolare n. 16/E del 24 maggio 2022, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che se l’analisi di comparabilità effettuata ai fini TP risulta affidabile e le operazioni individuate hanno tutte il medesimo livello o grado di comparabilità, andrà preso in considerazione l’intero intervallo di valori risultante dall’applicazione dell’indicatore finanziario selezionato in applicazione del metodo più appropriato (c.d. “full range”), ciascuno dei quali è da considerare conforme al principio di libera concorrenza.
Di contro, qualora invece le transazioni all’interno dell’intervallo di valori non dovessero avere lo stesso livello o grado di comparabilità rispetto all’operazione controllata, è necessario fare riferimento a “strumenti statistici”, al fine di restringere l’intervallo e, quindi, rafforzarne l’affidabilità, sempre che vi sia un numero significativo di operazioni.
Sia in caso si adotti l’intervallo pieno (c.d. “full range”), sia nel caso in cui sia invece necessario individuare un intervallo più ristretto basato su “strumenti statistici”, tutti i valori contenuti all’interno dell’intervallo devono essere considerati conformi al principio di libera concorrenza.
Pertanto, nel caso in cui l’indicatore finanziario selezionato dovesse ricadere all’interno di tale range di libera concorrenza (sia esso intervallo pieno o ristretto), non sarà necessario apportare alcuna rettifica.
Viceversa, se l’indicatore finanziario dovesse ricadere al di fuori dell’intervallo di libera concorrenza, l’impresa dovrà fornire idonea documentazione atta a dimostrare la conformità dell’indicatore utilizzato al principio di libera concorrenza al fine di evitare rettifiche.
SI riportano, a titolo esemplificativo, alcuni indicatori finanziari maggiormente utilizzati nella prassi operativa:
- ROI (utile operativo/attivo investito);
- ROS (utile operativo/vendite);
- ROTC (utile operativo/costi operativi);
- ROA (risultato operativo/attività);
- Berry Ratio (margine commerciale lordo/costi operativi);
- Margine profitto operativo (risultato operativo/valore della produzione).
Il set documentale ai fini TP e la penalty protection
Con l’art. 26, D.L. n. 78/2010, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico importanti e ulteriori disposizioni in materia di TP, con la facoltà per il contribuente di predisporre la documentazione idonea a illustrare la politica aziendale sui prezzi di trasferimento infragruppo.
Nello specifico la predisposizione del set documentale, nell’ambito della c.d. penalty protection, consente anzitutto di evitare la sanzione amministrativa applicabile per la dichiarazione infedele (ex art. 1, comma 6 e art. 2, comma 4-ter,D.Lgs. n. 471/1997).
Sul punto, in data 23 novembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha emanato il provvedimento direttoriale n. 2020/0360494, recante “Attuazione della disciplina di cui all’articolo 1, comma 6, e all’articolo 2, comma 4- ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, concernente la documentazione idonea a consentire il riscontro della conformità al principio di libera concorrenza delle condizioni e dei prezzi di trasferimento praticati dalle imprese multinazionali, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 14 maggio 2018, recante le Linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110 comma 7 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento”.

Lo stesso ha integrato le precedenti direttive contenute nel provvedimento direttoriale n. 2010/137654, emanato in data 29 settembre 2010, che già conteneva le modalità pratiche di redazione del set documentale per il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati dalle imprese multinazionali.
Nel set documentale redatto ai fini TP, sulla scorta delle indicazioni tassativamente contenute nel provvedimento del 23 novembre 2020, le imprese multinazionali dovranno adeguatamente illustrare la propria politica di TP ivi compresi, eventualmente, anche gli impatti del Covid e, segnatamente:
- i termini contrattuali delle operazioni;
- le funzioni svolte da ciascuna delle parti coinvolte nelle operazioni, tenendo conto dei beni strumentali utilizzati e dei rischi assunti, inclusi il modo in cui queste funzioni si collegano alla più ampia generazione del valore all’interno del gruppo multinazionale cui le parti appartengono, le circostanze che caratterizzano l’operazione e le consuetudini del settore;
- le caratteristiche dei beni ceduti e dei servizi prestati;
- le circostanze economiche delle parti e le condizioni di mercato in cui esse operano;
- le strategie aziendali perseguite dalle parti.
Avuto riguardo alle principali novità, si segnala che il par. 5.1.2 del provvedimento direttoriale prevede che il Masterfile e la Documentazione Nazionale (costituenti la documentazione idonea ai fini TP), devono essere firmati dal legale rappresentante del contribuente o da un suo delegato mediante firma elettronica, con marca temporale da apporre entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Inoltre, nel caso di verifica fiscale, la consegna della documentazione all’Amministrazione finanziaria deve essere effettuata entro e non oltre 20 giorni dalla relativa richiesta.
Qualora, infine, nel corso del controllo fiscale o di altra attività istruttoria emerga l’esigenza di disporre di informazioni supplementari o integrative, rispetto a quelle contenute nella documentazione già consegnata all’Amministrazione finanziaria, predisposta ai sensi del provvedimento direttoriale medesimo, le stesse devono essere fornite entro 7 giorni dalla richiesta, ovvero entro un periodo più ampio in funzione della complessità delle operazioni sottoposte ad analisi, sempreché tale periodo sia compatibile con i tempi del controllo.
Decorsi i suddetti termini, l’Agenzia delle Entrate non è più vincolata all’applicazione dell’art. 1, comma 6, e dell’
art. 2, comma 4-ter, D.Lgs. n. 471/1997, senza esonero per il contribuente dalle sanzioni derivanti dalle rettifiche TP.
Infine, le piccole e medie imprese hanno la facoltà di non aggiornare i dati relativi alle “operazioni infragruppo” della Documentazione Nazionale con riferimento ai due periodi d’imposta successivi a quello cui si riferisce detta documentazione, qualora l’analisi di comparabilità si basi su informazioni reperite da fonti pubblicamente disponibili e sempreché gli elementi richiesti dal provvedimento direttoriale (di cui al punto 2.1.2), non subiscano modifiche significative in detti periodi di imposta.
La rilevanza del set documentale ai fini penali tributari
In linea di principio, le rettifiche operate a seguito di verifiche fiscali in ambito transfer pricing potrebbero rilevare ai fini penali tributari in ordine al reato di dichiarazione infedele ex art. 4, D.Lgs. n. 74/2000.
Infatti, per espressa disposizione normativa, il delitto di dichiarazione infedele si realizza quando il contribuente, al fine di evadere le imposte, indica nelle pertinenti dichiarazioni dei redditi elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi inesistenti, a condizione che siano superate le soglie di punibilità previse dalla norma penale.
Infatti, come recita l’art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000, fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3 dello stesso decreto, è punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:
a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 100.000 euro;
b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni.
Sul punto, occorre però considerare che il medesimo art. 4, comma 1-bis, prevede che ai fini dell’applicazione della disposizione del precedente comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.
Inoltre, l’art. 4, comma 1-ter, D.Lgs. n. 74/2000 prevede che fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette.
Quindi, analizzando attentamente il disposto previsto dall’art. 4, D.Lgs. n. 74/2000, chi scrive ritiene che il delitto di dichiarazione infedele non ricorra in ipotesi di contestazioni fiscali operate in materia di transfer pricing aventi a oggetto, quanto meno:
- per le rettifiche di costi, in quanto gli stessi non possono essere qualificati come “elementi passivi inesistenti”, anche nella particolare ipotesi di rettifiche operate in applicazione della normativa sul transfer pricing quali costi indeducibili dal reddito d’impresa;
- in ogni caso, qualora il set documentale TP predisposto dal contribuente ai sensi dell’art. 26, D.L. n. 78/2010 sia idoneo ad illustrare la politica adottata dal contribuente ai fini della determinazione dei prezzi di trasferimento (in quanto considerato “altra documentazione rilevante ai fini fiscali”.
La comunicazione del possesso della documentazione
La comunicazione del possesso della documentazione ai fini TP deve essere effettuata contestualmente alla presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.
Tuttavia, qualora l’impresa multinazionale non sia riuscita a formalizzare la comunicazione del possesso della documentazione ai fini TP entro la scadenza del termine dichiarativo ordinario, la stessa potrà essere effettuata entro 90 giorni dal termine originariamente previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi.
Conformemente l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 15/E del 26 novembre 2021, ha preliminarmente chiarito che l’esimente sanzionatoria si applica solo se il contribuente che detiene la documentazione ne dà apposita comunicazione all’Agenzia delle Entrate, secondo le modalità e nei termini previsti dal provvedimento.
In merito, la comunicazione del possesso della documentazione idonea deve essere effettuata con la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.
Tuttavia, in caso di dichiarazione presentata entro 90 giorni dal termine per la presentazione della dichiarazione (sia essa tardiva oppure integrativa/sostitutiva di quella già presentata nei termini come chiarito dalla
circolare 12 ottobre 2016, n. 42/E), fatta salva l’applicazione delle sanzioni nei differenti casi, nonché la possibilità di ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso di cui all’art. 13,D.Lgs. n. 472/1997, la comunicazione può essere effettuata con tale dichiarazione.
In questa circostanza, il Masterfile e la Documentazione Nazionale devono essere firmati dal legale rappresentante del contribuente, o da un suo delegato, mediante firma elettronica con marca temporale da apporre entro la data di effettiva presentazione della dichiarazione tardiva o della dichiarazione integrativa/sostitutiva.
Una volta scaduti i termini per presentare una dichiarazione tardiva o integrativa/sostitutiva, il possesso della documentazione idonea può essere comunicato in dichiarazione anche tardivamente, avvalendosi dell’istituto della remissione in bonis di cui all’
art. 2, comma 1, D.L. n. 16/2012, secondo cui la fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale non tempestivamente eseguiti, non è preclusa, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, laddove il contribuente:
a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
b) effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
c) versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997.
Quindi, il contribuente può avvalersi della remissione in bonis per comunicare tardivamente il possesso della documentazione idonea prevista dal provvedimento, purché lo stesso abbia predisposto detta documentazione, compresa l’apposizione della firma elettronica con marca temporale, al più tardi entro il termine di 90 giorni dalla scadenza ordinaria di presentazione della dichiarazione annuale.
In conclusione, per le dichiarazioni relative al periodo d’imposta 2022, i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare potranno formalizzare il set documentale TP entro il 28 febbraio 2024, comunicando il possesso nella dichiarazione dei redditi da presentare nei 90 giorni rispetto al termine ordinario.

Le nuove regole del contraddittorio per i tributi locali, schema IFEL.

L’IFEL ha pubblicato sul proprio portale lo schema di Regolamento che recepisce le novità apportate dal d.lgs 219/2023 sulla Riforma dello Statuto dei diritti del contribuente, che introduce nuove disposizioni destinate ad incidere sulla gestione dei tributi comunali.
Preleva lo schema di Regolamento
Lo schema si propone di adattare le nuove prescrizioni alla particolare natura, struttura e gestione dei tributi locali.
Il regolamento regola le materie disciplinate dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa.
Infatti, ai sensi dell’articolo 1, comma 3-bis, legge 27 luglio 2000, n. 212, l’amministrazione comunale nel disciplinare i procedimenti amministrativi di propria competenza non può stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate dalle disposizioni legislative concernenti la garanzia del contraddittorio e dell’accesso alla documentazione amministrativa tributaria, la tutela dell’affidamento, il divieto del bis in idem, il principio di proporzionalità e l’autotutela, ma può prevedere ulteriori livelli di tutela.
Secondo quanto previsto dello schema i regolamenti tributari disciplinanti i singoli tributi devono essere coordinati col regolamento, e non possono disporre livelli inferiori di tutela del contribuente. Le disposizioni dello schema di regolamento prevalgono sulle disposizioni contenute nei regolamenti tributari vigenti che siano in contrasto.

Il nuovo concordato preventivo biennale per le pmi. Nuovo rapporto con l’agenzia negli accertamenti

La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 21 febbraio 2024 del decreto attuativo della riforma fiscale portata dalla legge 9 agosto 2023, n. 111 sull’accertamento tributario e sul concordato preventivo biennale (D.Lgs. n. 13/2024) segna l’entrata in vigore delle disposizioni del decreto: l’art. 41 prevede, infatti, che il decreto entri “in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione”.
Tuttavia, pare opportuno fare chiarezza sulla concreta applicabilità delle novità che interessano il procedimento di accertamento con adesione e la possibilità di definizione biennale del reddito in accordo con l’Agenzia delle Entrate, istituto che costituisce assoluta novità nel panorama fiscale italiano.
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L’impatto delle novità del decreto delegato
Innanzitutto, il provvedimento contempla alcune novità che vanno a ridisegnare l’assetto della definizione concordata del contribuente alle contestazioni tributarie, resesi necessarie per coordinare il D.Lgs. n. 218/1997 con la previsione di un obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo, disposto dal D.Lgs. n. 219/2023 che è intervenuto sullo Statuto dei diritti del contribuente introducendo l’art. 6-bis sul contraddittorio preventivo.
L’art. 1 del nuovo decreto, rubricato “Partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento e relativa razionalizzazione”, impone agli Uffici una rinnovata e diversa strutturazione interna ai fini dello svolgimento delle attività di controllo – intese nel loro complesso – e dei rapporti con il contribuente. Non è difficile immaginare, invero, che l’inserimento degli atti volti al recupero dei crediti indebitamente compensati nell’elencazione degli atti definibili in adesione, la previsione che reintroduce l’adesione agevolata dei PVC e quella che impone l’espressa indicazione dell’invito a formulare osservazioni ovvero, in alternativa, alla presentazione dell’istanza di accertamento con adesione, per fare solo alcuni esempi, richiederanno una importante opera di progettazione dei nuovi modelli di atto impositivo e di nuove procedure.
Non meno impattante, da questo punto di vista, sarà anche la gestione della nuova timeline dettata dal decreto: il contribuente potrà formulare istanza di accertamento con adesione entro 30 giorni dalla comunicazione dello schema di provvedimento, ovvero riservarsi tale possibilità nei 15 giorni successivi alla notifica dell’avviso di accertamento o di rettifica (qualora precedentemente abbia presentato solo osservazioni sullo schema di provvedimento). Ma ancora, ove il contribuente si limiti a formulare osservazioni allo schema di accertamento, le parti potranno di comune accordo attivare il procedimento di adesione se l’istruttoria faccia emergere i presupposti per una definizione concordata.
Il decreto modifica, inoltre, la disciplina relativa alla sospensione del termine per proporre ricorso nelle ipotesi di avvio del procedimento di adesione successiva alla presentazione di osservazioni e alla notifica dell’atto di accertamento: proprio sul presupposto dell’effettività del contraddittorio preventivo, difatti, il Governo ha ritenuto sufficiente un periodo di soli 30 giorni per l’ulteriore “tentativo” di accordo (in luogo della sospensione per 90 giorni, ancor oggi applicabile in tutti i casi di adesione).
Vi è poi da considerare l’art. 5-quater, di nuova introduzione nel
D.Lgs. n. 218/1997, che prevede due forme di adesione ai verbali di constatazione: se nel caso di adesione “non condizionata” l’Ufficio avrà tempo 60 giorni dalla comunicazione del contribuente per la notifica di un atto di definizione dell’accertamento parziale, nella differente ipotesi di adesione “condizionata” i verbalizzanti potranno correggere e aggiornare il verbale – sulla base di quanto prospettato dal contribuente – dandone informazione entro soli 10 giorni al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate e solo da quest’ultima comunicazione decorrerà il termine di 60 giorni per l’emissione dell’atto di definizione.
Effetti posticipati agli atti emessi dal 30 aprile
Questa breve disamina, che copre unicamente una parte delle innovazioni che interessano il procedimento di accertamento con adesione, permette di comprendere il motivo per cui lo stesso decreto legislativo disponga l’applicazione dell’art. 1 “con riferimento agli atti emessi dal 30 aprile 2024”: la posticipazione prevista dall’art. 41, comma 2, consentirà dunque agli Uffici di recepire le novità e adeguarsi alla nuova “geometria variabile” dei rapporti con il contribuente sottoposto ad attività di controllo.
Atti di recupero di crediti
Non fa eccezione a quest’ultima previsione nemmeno l’entrata in vigore dell’art. 38-bis del
D.P.R. n. 600/1973, riguardante gli atti di recupero di crediti non spettanti o inesistenti utilizzati in compensazione.
La nuova disciplina, da accogliere con favore perché mette nero su bianco modalità e termini del recupero, distinguendo nettamente tra crediti non spettanti e crediti inesistenti (anche sulla scorta dei recentissimi interventi della Corte di Cassazione), non sarà infatti di immediata applicazione, come originariamente previsto nelle bozze di decreto circolate nei mesi scorsi: è stato dunque ristabilito il coordinamento con l’art. 1, comma 4, del decreto attuativo che dispone l’abrogazione della previgente disciplina sugli atti di recupero “a decorrere dalla data di cui all’articolo 41, comma 2” e non più dal giorno successivo a quello di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale.
Fino qui, diversamente dai provvedimenti di attuazione della legge delega 111/2023 di riforma fiscale precedentemente approvati dal governo, quello in materia di accertamento tributario e concordato preventivo biennale fa uso limitato del rinvio all’emanazione di regolamenti e atti di soggetti terzi. Se ne ritrovano un paio di casi in relazione a previsioni – per così dire – di minore importanza in materia di domicilio digitale e di operatività della rappresentanza fiscale per gli operatori extra UE, nonché nell’ambito del nuovo concordato preventivo biennale.

Regole ad hoc per il concordato preventivo biennale
Quest’ultimo istituto merita una trattazione a sé in seno alla rassegna delle novità di immediata applicazione: il Titolo II del decreto è interamente dedicato alla disciplina, agli effetti e alle procedure per l’entrata a regime della possibilità di determinazione preventiva della base imponibile IRPEF dei soggetti titolari di reddito di impresa o di lavoro autonomo.
Senza alcuna pretesa di dettaglio, la regola generale dettata per le previsioni del Titolo II è quella di applicazione “a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023”, dunque, dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Tuttavia, con riguardo a questo nuovo strumento di compliance riservato ai contribuenti di minori dimensioni (l’art. 6 del decreto precisa che il concordato ha il dichiarato fine “di razionalizzare gli obblighi dichiarativi e di favorire l’adempimento spontaneo”) ancor maggiori dovranno essere gli sforzi dell’Agenzia delle Entrate nell’implementazione dei protocolli attuativi ove si consideri che, per regola generale, il contribuente potrà aderire entro il termine del 30 giugno dell’anno di presentazione della dichiarazione mentre, solo per il primo anno di applicazione, l’adesione alla proposta di concordato sarà consentita entro il termine per la presentazione annuale della dichiarazione dei redditi eccezionalmente fissato per il periodo di imposta 2023 al 15 ottobre di quest’anno.
Dall’altro lato, la previsione relativa al termine di perfezionamento dell’accordo sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte reddituali va coordinata con la disposizione che richiede all’Agenzia delle Entrate di mettere a disposizione dei contribuenti “entro il 1° aprile di ciascun anno”, i programmi informatici necessari all’acquisizione dei dati utili per l’elaborazione della proposta di concordato.
Per il 2024 e il 2025, la data di cui sopra è fissata rispettivamente al 15 giugno e al 15 aprile.
L’art. 8 del decreto legislativo affida ad un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate l’individuazione delle modalità e dei dati che i contribuenti o i loro intermediari dovranno comunicare telematicamente: sul punto, il Viceministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo ha peraltro dichiarato che il software sarà sviluppato in costante dialogo con il mondo delle professioni, rendendo di fatto ancor più “complicata” la strada per l’Agenzia.
Concludendo, nei ristretti tempi dettati dalla nuova disciplina l’Agenzia delle Entrate dovrà procedere all’elaborazione dei dati dichiarati dal contribuente ai fini della determinazione della base imponibile concordata, che formerà oggetto di proposta comunicata attraverso canali informatici: il provvedimento in esame rimanda a un decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, da emanarsi previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, l’approvazione della metodologia sulla cui base l’Agenzia potrà predisporre la proposta di concordato.
Alle difficoltà ordinariamente connesse alla implementazione dell’istituto di nuova introduzione si aggiunge, dunque, la necessaria emanazione delle disposizioni attuative da parte dell’Amministrazione finanziaria: in considerazione della potenziale applicabilità del concordato ad una vasta platea di contribuenti, con effetti non trascurabili sulla riduzione degli adempimenti richiesti ai contribuenti e, al contempo, sulle previsioni di incremento del gettito (favorito dai benefici connessi a questa forma di adempimento spontaneo), la nuova normativa merita senz’altro la qualifica di “sfidante” per l’Agenzia delle Entrate.

Terza rata della rottamazione quater al 15 marzo 2024.

Con comunicato del 27 febbraio 2024 l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha ricordato che la legge di conversione del D.L. n. 215/2023 (decreto Milleproroghe), pubblicata nella G.U. n. 49 del 28 febbraio 2024, ha differito al 15 marzo 2024 il termine per effettuare il pagamento delle prime tre rate della definizione agevolata delle cartelle, senza oneri aggiuntivi e senza perdere i benefici della rottamazione quater.
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Secondo quanto stabilito dalla norma, i versamenti con scadenza il 31 ottobre 2023 (prima o unica rata) e il 30 novembre 2023 (seconda rata), già slittati al 18 dicembre 2023 dalla legge n. 191/2023, di conversione del decreto Anticipi, si considerano tempestivi se effettuati entro venerdì 15 marzo.
Inoltre, entro lo stesso termine, è possibile pagare anche la terza rata, in scadenza il 28 febbraio 2024.
Infine, sono differite al 15 marzo anche le prime due rate (stabilite, rispettivamente, il 31 gennaio e il 28 febbraio 2024, dalla legge n.100/2023) per le popolazioni dell’Emilia-Romagna, della Toscana e delle Marche colpite dagli eventi alluvionali del maggio 2023.
Per la scadenza del 15 marzo 2024 sono previsti 5 giorni di tolleranza e, quindi, il pagamento sarà considerato tempestivo se effettuato integralmente entro mercoledì 20 marzo 2024.
Nel caso in cui il pagamento non venga eseguito, sia effettuato oltre il termine ultimo o sia di ammontare inferiore rispetto all’importo previsto, verranno meno i benefici della definizione agevolata e quanto già corrisposto sarà considerato a titolo di acconto sul debito residuo.

Acquisto agevolato abitazioni under 36 al 2024 con preliminare registrato nel 2023

Sembrava che le agevolazioni previste per l’acquisto della prima casa da parte degli under 36 dovessero terminare definitivamente entro il 31 dicembre 2023; invece, con un fuori programma del tutto inatteso, il decreto Milleproroghe (
D.L. n. 215/2023, convertito in legge n. 18 del 23 febbraio 2024, in G.U. 28 febbraio 2024, n. 49) ha previsto una “coda” dell’agevolazione.
Cosa prevede il decreto Milleproroghe
È ancora possibile fruire dell’esenzione dall’imposta di registro e dalle imposte ipotecaria e catastale anche per gli atti stipulati entro il 31 dicembre 2024 a condizione che il rogito sia stato preceduto da un contratto preliminare registrato entro la fine dell’anno 2023. Se l’atto di acquisto è imponibile ai fini IVA i giovani acquirenti, under 36, potranno fruire di un credito d’imposta. Inoltre, qualora sia stato stipulato un atto di mutuo per l’acquisto del medesimo immobile è altresì prevista l’esenzione dall’imposta sostitutiva.
Il legislatore ha anche salvaguardato la posizione di coloro che hanno registrato il contratto preliminare entro la fine dello scorso anno e hanno acquistato l’immobile nel 2024 prima che il decreto Milleproroghe prevedesse tale possibilità. Tali soggetti, che hanno quindi pagato le relative imposte, ma avevano diritto al bonus, possono beneficiare di un credito d’imposta da utilizzare nell’anno 2025.
Il credito d’imposta riguarda quindi gli atti stipulati nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2024 e la data di entrata in vigore del decreto Milleproroghe. Il credito d’imposta è pari alle imposte corrisposte dagli stessi acquirenti in eccesso a quelle che sarebbero state dovute fruendo dell’agevolazione.
Le condizioni per l’agevolazione
Le condizioni per fruire dell’agevolazione fiscale sono invariate. Gli acquirenti non devono aver compiuto 36 anni di età nell’anno in cui il rogito è stipulato e non devono avere un indicatore ISEE superiore a 40.000 euro.
L’ISEE viene calcolato sui redditi percepiti e il patrimonio posseduto nel secondo anno precedente la presentazione all’INPS della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU): un documento che contiene i dati anagrafici, reddituali e patrimoniali necessari a descrivere la situazione economica del nucleo familiare. Per gli atti stipulati nel 2022, l’ISEE è riferito ai redditi e al patrimonio del 2020; per gli atti stipulati nel 2023, l’ISEE è quello del 2021. Ora siamo nel 2024 e quindi l’indicatore della situazione economica equivalente è quello riferito all’anno 2022.
Atto d’acquisto imponibile a IVA
Se l’atto di acquisto è imponibile ai fini IVA non è possibile beneficiare dell’esenzione dell’imposta trattandosi di un tributo dell’Unione europea. In tale ipotesi, l’agevolazione fiscale consiste in un credito d’imposta.
Il credito d’imposta può essere:
- considerato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito;
- utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare dopo la data dell’acquisto agevolato;
- utilizzato in compensazione tramite modello F24, nel quale va indicato il codice tributo 6928 (istituito con la risoluzione n. 62/E/2021).
Analogamente agli altri atti di acquisto assoggettati all’imposta di registro proporzionale, anche quello relativo all’acquisto della prima casa da soggetti under 36 è esente dall’imposta di bollo.
Il legislatore, però, nel riconoscere le agevolazioni laddove il contratto preliminare sia stato registrato nell’anno 2023 ha comunque previsto un limite temporale. Infatti, il rogito deve essere stipulato entro il 31 dicembre 2024. Ciò anche in caso di trasferimento della proprietà da cooperative edilizie ai soci. Si tratta, nella sostanza, di una riapertura dei termini dell’agevolazione sia pure soggetta alla condizione della registrazione del contratto preliminare.

Ritenuta sui pagamenti di fatture per bonus edilizi al 11% dal primo marzo 2024

La legge di Bilancio 2024 innalza all’11%, a decorrere dal 1° marzo 2024, la ritenuta d’acconto dell’imposta sul reddito dovuta dai beneficiari all’atto dell’accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta. Estende, inoltre, a decorrere dal 1° aprile 2024, la ritenuta d’imposta dovuta sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari anche agli agenti di assicurazione e ai mediatori di assicurazione.

Per il 2024 sono in arrivo alcune novità per le ritenute sui bonifici edilizi e sulle provvigioni.
Le novità sono contenute nella legge di Bilancio 2024.
In particolare,:
- dal 1° marzo 2024, passa dall’8% all’11% la ritenuta d’acconto d’imposta sul reddito dovuta dai beneficiari all’atto dell’accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta;
- a decorrere dal 1° aprile 2024, la ritenuta d’imposta dovuta sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari si applicherà anche agli agenti di assicurazione e ai mediatori di assicurazione.
Alla luce delle novità, vale, dunque, la pena di riassumere la due normative interessate, tenendo conto che la legge è ancora all’esame parlamentare e, quindi, suscettibile di ulteriori modifiche.
Ritenute sui bonifici per I bonus edilizi
Con effetto dal 1° marzo 2024, si eleva – dall’8% all’11% – l’aliquota della ritenuta d’acconto sull’imposta sui redditi dovuta dai beneficiari all’atto dell’accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta.
La norma in questione è l’
art. 25,
D.L. n. 78/2010 secondo cui le banche e le Poste Italiane S.p.a. operano una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dai beneficiari, con obbligo di rivalsa, all’atto dell’accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta.
Con
provvedimento 30 giugno 2010 l’Agenzia delle Entrate ha definito le modalità operative per applicare la ritenuta, specificando che essa è dovuta per le spese di intervento di recupero del patrimonio edilizio e per le spese per interventi di risparmio energetico.
Tuttavia, considerata la portata generale della norma, la ritenuta si applica a tutte le tipologie di detrazione per interventi relativi o connessi agli interventi sul patrimonio immobiliare anche se istituiti successivamente al provvedimento (ad esempio superbonus, bonus mobili, etc.).
Le banche e Poste Italiane S.p.a. che operano le ritenute sono tenute ai seguenti adempimenti:
- versare la ritenuta con modello F24, utilizzando il codice tributo 1039 (
risoluzione 30 giugno 2010, n. 65/E);
- certificare al beneficiario l’ammontare delle somme erogate e delle ritenute effettuate;
- indicare nella dichiarazione dei sostituti d’imposta – modello 770 – i dati relativi al beneficiario nonché le somme accreditate e le ritenute effettuate.
Attenzione
La ritenuta deve essere operata sull’importo del bonifico decurtato dall’IVA.
In alcuni casi per le somme oggetto di bonifico è già prevista l’effettuazione di una ritenuta da parte del soggetto ordinante. Così, ad esempio, i condomini in qualità di sostituti d’imposta devono operare la ritenuta di acconto pari al 4%, sui corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti d’appalto di opere o servizi.
In dette ipotesi, al fine di evitare che le imprese e i professionisti che effettuano prestazioni di servizi o cessioni di beni per interventi di ristrutturazione edilizia o di riqualificazione energetica subiscano sullo stesso corrispettivo più volte il prelievo alla fonte, deve essere applicata la sola ritenuta dell’8% (11% dal 1° marzo 2024).
Ritenuta sulle provvigioni
L’altra novità è l’applicazione, con effetto dal 1° aprile 2024, delle ritenute a carico dei soggetti che corrispondono provvigioni comunque denominate anche agli agenti di assicurazione per le prestazioni rese direttamente alle imprese di assicurazione e ai mediatori di assicurazione per i loro rapporti con le imprese di assicurazione e con gli agenti generali delle imprese di assicurazioni pubbliche o loro controllate che rendono prestazioni direttamente alle imprese di assicurazione in regime di reciproca esclusiva.
La norma di riferimento è l’
art. 25-bis,
D.P.R. n. 600/1973 secondo cui i sostituti d’imposta che corrispondono provvigioni comunque denominate per le prestazioni anche occasionali inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari, devono operare all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’IRPEF o dell’IRES dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa.
L’aliquota della ritenuta si applica nella misura fissata dal primo scaglione di reddito IRPEF, attualmente pari al 23% ed è commisurata al 50% dell’ammontare delle provvigioni sopra indicate.
Se i percipienti dichiarano ai loro committenti, preponenti o mandanti, che nell’esercizio della loro attività si avvalgono in via continuativa dell’opera di dipendenti o di terzi, la ritenuta è commisurata al 20% dell’ammontare delle stesse provvigioni.
La ritenuta è scomputata dall’imposta relativa al periodo di imposta di competenza, purché già operata al momento della presentazione della dichiarazione annuale, o, alternativamente, dall’imposta relativa al periodo di imposta nel quale è stata operata.
Qualora la ritenuta sia operata successivamente, la stessa viene scomputata dall’imposta relativa al periodo d’imposta in cui è stata effettuata.
Se le provvigioni, per disposizioni normative o accordi contrattuali, sono direttamente trattenute sull’ammontare delle somme riscosse, i percipienti sono tenuti a rimettere ai committenti, preponenti o mandanti l’importo corrispondente alla ritenuta.
Ai fini del computo dei termini per il relativo versamento da parte dei committenti, preponenti o mandanti, la ritenuta si considera operata nel mese successivo a quello in cui le provvigioni sono state trattenute dai percipienti.
Infine, si ricorda che i committenti, preponenti o mandanti possono tener conto di eventuali errori nella determinazione dell’importo della ritenuta anche in occasione di successivi versamenti, non oltre il terzo mese dell’anno successivo a quello in cui le provvigioni sono state trattenute dai percipienti.

Nuovo modello per la comunicazione di sconto e cessione bonus edilizi 2024

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato gli aggiornamenti del software e delle specifiche tecniche per la comunicazione telematica delle opzioni per la prima cessione del credito o lo sconto in fattura relative ai bonus edilizi (spese anno 2024).

Con comunicato del 29 febbraio 2024, l’Agenzia delle Entrate ha reso disponibili gli aggiornamenti del software e delle specifiche tecniche per la comunicazione delle cessioni dei crediti da bonus edilizi.
Il software è stato adeguato in conformità a quanto previsto dall’aggiornamento delle specifiche tecniche per consentire l’invio delle comunicazioni riguardanti agli interventi relativi all’anno 2024

Erogazioni liberali ETS comunicazione Ade al 4 aprile 2024

Con provvedimento 4 marzo 2024, l’Agenzia delle Entrate ha dettato istruzioni per la comunicazione all’anagrafe tributaria dei dati relativi alle erogazioni liberali agli enti del Terzo settore ai sensi del decreto MEF 1° marzo 2024.
Il D.Lgs. n. 175/2014 (art. 3, comma 4) prevede che con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze siano individuati termini e modalità per la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi alle spese che danno diritto a deduzioni dal reddito o detrazioni dall’imposta diverse da quelle già individuate dallo stesso decreto.
Al riguardo, con il D.M. MEF 3 febbraio 2021 è stata disciplinata la trasmissione all’Anagrafe tributaria, ai fini della dichiarazione precompilata, dei dati riferiti alle erogazioni che abbiano il carattere di liberalità. In base alla normativa transitoria prevista dal Codice del Terzo Settore (D.Lgs. n. 117/2017), il decreto MEF 3 febbraio 2021 individuava quali enti tenuti alla trasmissione dei dati le ONLUS, le Associazioni di promozione sociale, le Organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali iscritte nei rispettivi registri, le fondazioni e associazioni riconosciute aventi per scopo statutario la tutela, promozione e la valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico e paesaggistico e le fondazioni e associazioni riconosciute aventi per scopo statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica.
Successivamente all’emanazione del D.M. 3 febbraio 2021, l’art. 26, D.L. n. 73/2022, nel modificare l’art. 104, D.Lgs. n. 117/2017, ha previsto che la normativa definitiva riguardante le agevolazioni fiscali riferita alle erogazioni liberali agli enti del Terzo Settore (escluse le ONLUS e le Fondazioni) fosse applicabile a partire dall’operatività del Registro unico del Terzo Settore (“RUNTS”) e non più dopo l’autorizzazione della Commissione europea.
Pertanto, a seguito della piena operatività del RUNTS e del passaggio definitivo in tale registro delle Associazioni di promozione sociale, delle Organizzazioni di volontariato e delle Cooperative sociali, con la soppressione dei precedenti registri, il D.M. MEF 1° marzo 2024, in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ha ridefinito i criteri di individuazione dei soggetti tenuti all’invio dei dati delle erogazioni liberali, allargando la platea anche ad ulteriori enti iscritti nello stesso RUNTS che possono ricevere erogazioni detraibili o deducibili ai sensi dell’art. 83, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 117/2017.
L’art. 1 del decreto ha individuato i soggetti tenuti alla trasmissione dei dati relativi alle erogazioni liberali, di cui sono beneficiari, che danno diritto a deduzioni dal reddito o detrazioni dall’imposta, distinguendo gli enti per cui la trasmissione resta facoltativa e ha previsto che gli stessi soggetti comunicano altresì l’ammontare delle erogazioni liberali restituite nell’anno precedente, con l’indicazione del soggetto a favore del quale è stata effettuata la restituzione e dell’anno nel quale è stata ricevuta l’erogazione rimborsata.
Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, in relazione al quale è stato consultato il Garante per la protezione dei dati personali, recepisce le novità introdotte dal D.M. 1° marzo 2024 e stabilisce che la trasmissione dei dati delle erogazioni liberali è effettuata con le stesse modalità previste dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 34431 del 9 febbraio 2018, secondo le specifiche tecniche contenute all’allegato 1 al provvedimento.
Le comunicazioni sono effettuate entro il medesimo termine previsto per la comunicazione dei dati relativi agli oneri e alle spese di cui all’art. 78, commi 25 e 25-bis, legge n. 413/1991.
Solo per la comunicazione dei dati delle erogazioni riferite al 2023, il termine ultimo per la trasmissione dei dati è il 4 aprile 2024, come stabilito dal comma 8 dell’art. 1, D.M. MEF 1° marzo 2024.
Di conseguenza, viene posticipato, dal 20 marzo all’8 aprile 2024, il termine per l’esercizio dell’opposizione all’utilizzo dei dati delle erogazioni liberali, effettuate nel 2023, nella dichiarazione precompilata. Per il resto vengono mantenute le disposizioni previste dal provvedimento del 9 febbraio 2018.