DAL CNDCEC LE REGOLE CONTABILI PER L’ANNULLAMENTO DELLA RIVALUTAZIONE

Il CNDCEC ha pubblicato un documento in data 7 aprile 2022 in tema di revoca delle rivalutazioni dei beni d’impresa effettuate nell’esercizio 2020.
Molte imprese che hanno effettuato le rivalutazioni dei beni d’impresa con i bilanci 2020, anche nell’ottica di poter fruire degli importanti benefici fiscali previsti, si sono trovate nella situazione di veder significativamente ridotte le agevolazioni in precedenza concesse, valutando la possibilità e le modalità tramite cui ripristinare la situazione preesistente.
Infatti, è noto che gran parte delle società abbia effettuato la suddetta rivalutazione dei beni d’impresa, inserita all’interno della corposa normativa emergenziale di vantaggio, ai fini di fruire, da un lato, della possibilità di evidenziare la maggiore consistenza patrimoniale (rivalutazione ai fini civilistici) e, dall’altro lato, di fruire dei significativi benefici fiscali (riconoscimento del maggior valore rivalutato ai fini fiscali con versamento dell’imposta sostitutiva).
In buona sostanza, l’aspettativa di molte imprese che avevano rivalutato attività materiali e immateriali consisteva anche nell’effettuare la rivalutazione ai fini di vedersi riconoscere la deducibilità dei costi di ammortamento a partire dai periodi d’imposta 2021, secondo la normativa vigente.
Nello specifico, la rivalutazione ha consentito a molte imprese di far emergere in bilancio valori inerenti a intangibles di cui la stessa godeva per lo svolgimento della propria attività non iscritti in quanto non “giustificati” da costi sostenuti.
L’articolo 1, commi da 622 a 624, della legge 234/2021 (Legge di bilancio 2022) ha, di fatto, cancellato gran parte dei benefici fiscali concessi con la richiamata Legge 13 ottobre 2020, n.126, portando il periodo di ammortamento fiscale a 50 anni e consentendo alle società che vogliono mantenere intatti i benefici fiscali di versare una imposta sostitutiva integrative.
Il legislatore ha, inoltre, concesso per tramite dell’art. 1, comma 624 della Legge di bilancio 2022 che ha introdotto gli artt. 8-ter e 8-quater nella legge la possibilità alle imprese di revocare l’operazione fiscale, mantenendo in capo l’operazione di rivalutazione sotto il profilo civilistico.
La molteplicità delle opzioni adottabili per le imprese che hanno effettuato le rivalutazioni nei bilanci 2020 richiede anche un’analisi degli effetti a livello contabile e di bilancio.
Per tale motivo, il Consiglio nazionale dei commercialisti ha cercato di sistematizzare, in linea anche con quanto contenuto nella Bozza del “Documento Interpretativo n. 10 “Aspetti contabili delle norme fiscali introdotte in tema di rivalutazione e riallineamento” pubblicato a marzo dall’Organismo Italiano di Contabilità, le diverse fattispecie configurabili.
L’analisi schematica e sintetica delle procedure contabili è volta a supportare gli iscritti all’albo e gli operatori nell’attività di gestione amministrativa e contabile delle operazioni, fornendo un ausilio tecnico ed applicativo sul tema.
Le soluzioni praticabili possono essere diverse in ragione delle decisioni aziendali, delle esigenze di liquidità e della sostenibilità del business nel medio e lungo periodo.
Di fatto, nel documento sono prese in considerazione le seguenti strade:
-“Accettazione” della disciplina: deduzione fiscale del maggior valore attribuito in fase di rivalutazione;
-“Mantenimento della deduzione fiscale del maggior valore attribuito in fase di rivalutazione nella misura di 1/18 con versamento di un’ulteriore imposta sostitutiva”;
-Revoca dell’applicazione della disciplina fiscale della rivalutazione, con restituzione, anche tramite compensazione in F24, delle imposte sostitutive già versate;
-“Annullamento dell’operazione”: revoca sia della disciplina fiscale sia della rivalutazione civilistica.

IL REGIME FISCALE IVA DEGLI IMMOBILI IN CATEGORIA F4

L’Agenzia delle Entrate ha illustrato, nella risposta a interpello n. 167 del 6 aprile 2022, il regime IVA applicabile alla cessione di immobili strumentali iscritti nella categoria catastale F/4.
Nella categoria catastale F4 sono classificate le porzioni di un fabbricato già ultimato “non ancora definite funzionalmente o strutturalmente”.
Si tratta, dunque, non di fabbricati “da completare”, bensì di fabbricati dei quali non è ancora definita la consistenza (vale a dire l’esatta estensione) e la destinazione d’uso.
In merito agli aspetti IVA l’Agenzia delle Entrate chiarisce che il regime di esenzione di cui all’art. 10, n. 8-bis) e n. 8-ter), D.P.R. n. 633/1972 non trova applicazione.
La cessione immobiliare in esame non può fruire nemmeno dell’aliquota agevolata di cui al n. 127-undecies) della Tabella A, parte III, allegata al decreto IVA, in base al quale sono soggette a IVA con l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 10% le cessioni di case di abitazione non di lusso, ancorché non ultimate, purché permanga l’originaria destinazione.
Nel caso in questione non si riscontrano i presupposti richiesti dalla disposizione per l’applicazione dell’aliquota agevolata, come invece prospettato in sede di interpello da parte del contribuente.
Al momento della cessione gli immobili sono iscritti nella categoria catastale F4, che rappresenta solo una classificazione catastale transitoria/provvisoria in vista dell’iscrizione degli stessi nella categoria catastale definitiva, attestante l’effettiva destinazione d’uso degli immobili. Come chiarito con la risoluzione 8 aprile 2009, n. 99/E, la categoria catastale F risponde esclusivamente all’esigenza transitoria di indicare che l’immobile si trova in una fase di trasformazione edilizia e non è idonea a ritenere già intervenuto un cambio di destinazione d’uso.
Conseguentemente, l’immobile mantiene la natura che aveva prima di tale classificazione catastale provvisoria, vale a dire, nel caso di specie, natura strumentale.
È applicabile dunque l’aliquota IVA ordinaria del 22%.
In considerazione del trattamento IVA, quindi, per i trasferimenti immobiliari in esame trova applicazione, in virtù del principio di alternatività IVA/registro, l’imposta di registro nella misura fissa di 200 euro. Ai sensi dell’art. 1-bis della Tariffa allegata al D.Lgs. n. 347/1990 e dell’art. 10 dello stesso decreto, le imposte ipotecaria e catastale, vista la natura dei beni trasferiti, sono dovute rispettivamente nella misura del 3 e dell’1 per cento.
Si ricorda che in virtù dell’assenza di rendita del fabbricato classificato in categoria F4 non dovrebbe nemmeno sussistere la base imponibile per l’applicazione dell’IMU (la rendita catastale).