TA.RI. ridotta per il 2020 – le procedure.

L’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA) ha adottato misure urgenti a tutela delle utenze del servizio di gestione integrata dei rifiuti, anche differenziati, urbani ed assimilati alla luce dell’emergenza da Covid-19 (deliberazione 5 maggio 2020, n. 158/2020/R/RIF).
La deliberazione contiene misure volte a mitigare gli effetti sulle varie categorie di utenze derivanti dalle limitazioni introdotte a livello nazionale o locale dai provvedimenti normativi adottati per contrastare l’emergenza da Covid-19 prevedendo:
- fattori di rettifica per talune tipologie di utenze non domestiche (al fine di tener conto del principio “chi inquina paga”, sulla base della minore quantità di rifiuti producibili in ragione della sospensione delle relative attività);
- specifiche forme di tutela per quelle domestiche (in una logica di sostenibilità sociale degli importi dovuti.

Riduzione per le utenze non domestiche
Per quanto riguarda le utenze non domestiche l’intervento dell’ARERA si indirizza verso:
- attività che risultino immediatamente riconducibili alle categorie di cui sia stata disposta la sospensione, e la successiva riapertura, con i provvedimenti governativi o altri atti assunti dalle autorità competenti, con assenza di produzione di rifiuti;
- categorie di utenti che, pur non essendo soggette a provvedimenti di sospensione per emergenza Covid-19, abbiano, per effetto di una sospensione temporanea, anche su base volontaria, delle proprie attività, prodotto minori quantitativi di rifiuti.
Utenze non domestiche soggette a sospensione: misure di tutela
Per le tipologie di attività di utenze non domestiche (indicate, a titolo esemplificativo e non esaustivo, nella Tabella 1a dell’Allegato A) enucleate dal D.P.R. n. 158/1999 che risultino immediatamente riconducibili alle categorie di cui sia stata disposta la sospensione, e la successiva riapertura, per l’anno 2020, la quota variabile della tariffa, TVnd, si ottiene secondo una apposita formula che tiene conto dei giorni di chiusura stabiliti.
Per le tipologie di attività di utenze non domestiche (indicate, a titolo esemplificativo e non esaustivo, nella Tabella 1b dell’Allegato A) enucleate dal D.P.R. n.158/1999 che risultino immediatamente riconducibili alle categorie di cui sia stata disposta la sospensione, per l’anno 2020, la quota variabile della tariffa, TVnd, si ottiene applicando un fattore di correzione a riduzione dei valori pari al 25%.
Per le tipologie di attività di utenze non domestiche (indicate, a titolo esemplificativo e non esaustivo, nella Tabella 2 dell’Allegato A) enucleate dal D.P.R. 158/1999) che non risultino immediatamente riconducibili alle categorie di cui sia stata disposta la sospensione, e l’eventuale riapertura, l’Ente territorialmente competente provvede all’individuazione dei giorni di chiusura relativi alle citate attività sulla base dei quali applicare il fattore di correzione alla quota variabile secondo i criteri visti in precedenza.
Dal punto di vista operativo si procederà nel seguente modo:
- nel caso in cui siano in vigore sistemi di tariffazione puntuale, oppure nel caso in cui ne sia stata prevista l’introduzione a partire dal 2020, il gestore dell’attività di gestione tariffe e rapporti con gli utenti provvede a porre pari a zero la quota variabile della tariffa per il periodo di sospensione delle attività;
- nei casi in cui non trovino applicazione le tabelle del D.P.R. n. 158/1999 e non siano implementati sistemi puntuali di misura dei rifiuti prodotti, i gestori delle tariffe e rapporti con gli utenti, su indicazione dell’Ente territorialmente competente, procedono a una riparametrazione dei vigenti criteri di articolazione dei corrispettivi al fine di tener conto dei giorni di sospensione disposti per le diverse tipologie di attività di utenze non domestiche.
Utenze non domestiche non soggette a sospensione: riduzioni tariffarie facoltative
Alle utenze non domestiche (riportate, a titolo esemplificativo e non esaustivo, nella Tabella 3 dell’Allegato A), diverse dalle utenze viste in precedenza, e ove sia documentabile la riduzione della produzione dei rifiuti a seguito di sospensione temporanea, anche su base volontaria, delle proprie attività, l’Ente territorialmente competente può riconoscere riduzioni tariffarie commisurate ai minori quantitativi di rifiuti prodotti.
L’agevolazione è concessa dietro apposita istanza.
Infatti, i fattori di correzione a favore delle utenze possono essere applicati dal gestore in seguito a presentazione di apposita istanza da parte dell’utente non domestico che attesti, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, e documenti l’effettiva riduzione dei quantitativi di rifiuti prodotti a seguito di sospensione temporanea dell’attività per l’emergenza legata al diffondersi del virus Covid-19.

Utenze domestiche disagiate: misure di tutela
Nelle more della definizione della disciplina, da parte dell’ARERA, che dovrà assicurare agli utenti domestici del servizio di gestione integrato dei rifiuti urbani e assimilati in condizioni economico-sociali disagiate l’accesso alla fornitura del servizio a condizioni tariffarie agevolate, i gestori possono riconoscere, per l’anno 2020, un’agevolazione tariffaria alle utenze domestiche economicamente svantaggiate in possesso, alla data di presentazione dell’istanza, delle condizioni per l’ammissione al bonus sociale per disagio economico per la fornitura di energia elettrica e/o per la fornitura di gas e/o per la fornitura del servizio idrico integrato.
L’agevolazione è riconosciuta in relazione a una sola utenza a uso domestico nella titolarità di uno dei componenti di un nucleo familiare in possesso dei requisiti richiesti.
L’agevolazione tariffaria viene quantificata dall’Ente territorialmente competente, in accordo con l’Ente locale, ed erogata dal gestore dell’attività di gestione tariffe e rapporti con gli utenti nell’avviso di pagamento o in bolletta nel caso di tariffa corrispettiva, con la cadenza di pagamento o fatturazione prevista dalla normativa vigente, mediante l’applicazione di una componente tariffaria compensativa una tantum, espressa in euro, a decurtazione fino al limite massimo della quota variabile della tariffa.
Il gestore dell’attività di gestione tariffe e rapporti con gli utenti procede all’erogazione dell’agevolazione solo dopo aver verificato il possesso delle condizioni di ammissibilità innanzi visti.
Il riconoscimento dell’agevolazione ai beneficiari viene effettuato dal gestore dell’attività di gestione tariffe e rapporti con l’utenza su richiesta presentata entro l’anno 2020 dall’utente, che dichiara, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000:
- il codice fiscale di tutti i membri appartenenti al nucleo ISEE;
- il rispetto della condizione di unicità dell’agevolazione per nucleo familiare.
Alla richiesta va allegata idonea documentazione che attesti il possesso delle condizioni di ammissibilità al bonus sociale elettrico e/o gas e/o idrico per disagio economico o la titolarità di uno dei medesimi bonus.
In caso di morosità pregressa, l’agevolazione può essere trattenuta dal gestore tariffe e rapporti con gli utenti a diretta compensazione dell’ammontare rimasto insoluto e oggetto di costituzione in mora. Tale compensazione viene evidenziata dal gestore nell’avviso di pagamento o nella fattura inviata all’utente.
Pubblicità riduzioni TARI
I gestori dell’attività di gestione tariffe e rapporti con gli utenti provvedono a pubblicare sul proprio sito internet, in un linguaggio comprensibile, le misure adottate a beneficio degli utenti, con particolare riferimento ai criteri e alle modalità previste per il riconoscimento delle riduzioni tariffarie introdotte per le utenze domestiche e non domestiche.
Pubblicità raccolta rifiuti
I gestori della raccolta e trasporto provvedono a dare la massima evidenza – tramite siti internet, avvisi e/o comunicazioni – delle specifiche indicazioni rivolte agli utenti in merito alle modalità di raccolta dei rifiuti che devono essere adottate per la gestione dell’emergenza da Covid-19.

Decreto Rilancio: Credito di imposta per i rafforzamenti Patrimoniali delle Società.

Una significativa linea di intervento inserita nel decreto Rilancio è rappresentata dal rafforzamento patrimoniale delle aziende per meglio intraprendere la ripresa economica post Covid-19.
Nello specifico vengono previste misure differenziate per le imprese di medie dimensioni tra 5 e 50 milioni, per le quali si prevedono agevolazioni fiscali per stimolare l’incremento del capitale sociale e un sostegno da parte di Invitalia, e per quelle sopra ai 50 milioni di euro, per le quai si configura il possibile intervento attraverso uno specifico patrimonio destinato costituito presso la Cassa depositi e prestiti.
Va evidenziato come in ambito comunitario sia in fase avanzata di elaborazione, come dichiarato dalla presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen in un intervento all’Europarlamento, il progetto di creare uno strumento paneuropeo anche per il settore equity, per evitare che l’indebitamento eccessivo delle imprese possa ostacolare gli investimenti e la crescita. L’obiettivo è quello di ricapitalizzare e aiutare le imprese sane che hanno bisogno di capitale

Così come viene sottolineato nel Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia, la crisi ha fortemente colpito il sistema produttivo quando era già in corso un rallentamento dell’attività economica. La contrazione delle entrate, legata alla consistente diminuzione della domanda e alla marcata riduzione dell’attività, limita la possibilità delle imprese di sostenere le spese e indebolisce la capacità di restituire i prestiti. L’accesso al capitale esterno è reso poi più difficoltoso dall’aumento dei rischi e dalle tensioni sui mercati finanziari. In ogni modo, sottolinea la Banca d’Italia, le imprese affrontano l’attuale congiuntura con una struttura finanziaria nel complesso più equilibrata rispetto alla vigilia della doppia recessione del 2008-2013. La leva finanziaria (misurata come rapporto tra i debiti finanziari e la somma degli stessi con il patrimonio netto) si è ridotta di circa 10 punti percentuali; l’incidenza dei debiti a breve termine sul totale di quelli finanziari è scesa di 7 punti percentuali. Va però aggiunto, come rimarcato dall’OCSE, che il debito che Paesi e aziende già pesantemente indebitati stanno contraendo per fare fronte alla crisi da Covid-19 impatterà sul futuro in una ripresa economica che sembra prefigurarsi non a V ma a U.
Va rimarcato che misure tese a migliorare la patrimonializzazione delle imprese nella fase successiva a quella emergenziale sono state auspicate anche dall’ABI in una recente audizione parlamentare, anche ricorrendo ad operazioni condotte da veicoli pubblici, come prospettato peraltro anche da Bankitalia.

Misure di rafforzamento del capitale per le PMI
Con riferimento alle imprese di medie dimensioni con fatturato tra 5 e 50 milioni di euro, danneggiate dall’epidemia da Covid-19 nei mesi di marzo e aprile 2020 che hanno subito una riduzione complessiva dell’ammontare dei ricavi in misura non inferiore al 33% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (nel caso in cui la società appartenga a un gruppo, si fa riferimento al valore dei citati ricavi su base consolidata, al più elevato grado di consolidamento, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all’interno del gruppo), il decreto Rilancio introduce la possibilità – per i soggetti che effettuano conferimenti in denaro in una o più società, in esecuzione dell’aumento del capitale sociale – di beneficiare di un credito di imposta pari al 20%.
L’investimento massimo del conferimento in denaro sul quale calcolare il credito di imposta non può eccedere 2 milioni di euro.
La partecipazione riveniente dal conferimento deve essere posseduta fino al 31 dicembre 2023. La distribuzione di riserve, di qualsiasi tipo, prima del 1° gennaio 2024 da parte della società oggetto del conferimento in denaro comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo del contribuente di restituire l’ammontare detratto, unitamente agli interessi legali.
Deve trattarsi in ogni modo di società per azioni o società a responsabilità limitata che non operano nel settore bancario, finanziario o assicurativo e devono rispettare alcuni requisiti:
- regolarità contributiva e fiscale,
- essere in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa edilizia e urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell’ambiente,
- non rientrare tra le società che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione europea.

Alle società in questione, a seguito dell’approvazione del bilancio per l’esercizio 2020, viene riconosciuto un credito d’imposta pari al 50% delle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto fino a concorrenza del 30% dell’aumento di capitale.
Le perdite fiscali riportabili nei periodi d’imposta successivi sono ridotte dell’importo dell’ammontare del credito d’imposta riconosciuto. La distribuzione di qualsiasi tipo di riserve prima del 1° gennaio 2024 da parte della società ne comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo di restituire l’importo, unitamente agli interessi legali.

Si prevede poi la possibilità di accedere al sostegno pubblico da parte del neo-costituito Fondo Patrimonio PMI presso Invitalia, finalizzato a sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020 obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione per un ammontare massimo pari al minore importo tra tre volte l’ammontare dell’aumento di capitale e il 12,5 per cento dell’ammontare dei ricavi.
Gli strumenti finanziari sono rimborsati in via ordinaria decorsi sei anni dalla sottoscrizione e possono essere rimborsati i titoli in via anticipata decorsi tre anni dalla sottoscrizione.
Patrimonio destinato
Per sostenere l’intervento economico a beneficio di società per azioni, anche con azioni quotate in mercati regolamentati residenti in Italia, con fatturato superiore a 50 milioni di euro, sempre che non operino nel settore bancario, finanziario o assicurativo, viene costituito presso la Cassa Depositi e Prestiti, così come previsto dall’art. 27 del decreto Rilancio, un patrimonio destinato, che può essere articolato in comparti e che dura 12 anni (possibili eventuali proroghe), a cui sono apportati beni e rapporti giuridici dal Ministero dell’Economia e delle finanze (la dotazione dovrebbe essere di 50 miliardi), che dovrà disporre il conferimento con specifico decreto.
I requisiti di accesso, le condizioni, i criteri e le modalità degli interventi del patrimonio destinato sono definiti con decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze, sentito anche il Ministero per lo Sviluppo economico, in conformità con il quadro normativo dell’Unione Europea in materia di aiuti di Stato.
In via preferenziale il patrimonio destinato effettua i propri interventi mediante sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, la partecipazione ad aumenti di capitale, l’acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche.
Nell’individuazione degli interventi, il decreto tiene in considerazione l’incidenza dell’impresa con riferimento allo sviluppo tecnologico, alle infrastrutture critiche e strategiche, alle filiere produttive strategiche, alla sostenibilità ambientale, alla reta logistica e dei rifornimenti, ai livelli occupazionali e del mercato del lavoro.
Possono essere effettuati interventi relativi a operazioni di ristrutturazione di società che, nonostante temporanei squilibri patrimoniali o finanziari, siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività.
Per il finanziamento delle attività del patrimonio destinato o di singoli comparti è consentita l’emissione di titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari di debito.

Per il 2020 innalzato il limite delle compensazioni da 700.000 a 1.000.000

Per l’anno 2020, il limite massimo di crediti d’imposta e di contributi compensabili nel modello F24, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di un conto fiscale, è elevato da 700.000 a 1 milione di euro.
Lo prevede l’art. 147 del decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020) che, in considerazione della situazione di crisi derivante dall’emergenza sanitaria da Covid-19, ha aumentato la soglia al fine di incrementare la liquidità delle imprese, favorendo lo smobilizzo dei crediti tributari e contributivi attraverso l’istituto della compensazione “orizzontale” di cui all’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997.
In questo modo, viene indirettamente fornita ai contribuenti in difficoltà finanziaria a causa dell’attuale contingenza economico-finanziaria la possibilità di avere maggiore disponibilità di compensazione dei crediti tributari e contributivi nel modello F24.
Compensazioni in F24 solo dopo la dichiarazione
Tuttavia, questa possibilità deve fare i conti con l’obbligo di certificazione dei crediti IVA e di quelli relativi alle imposte sui redditi e all’IRAP, che di fatto si traduce (nel caso crediti di ammontare superiore a 5.000 euro) nella preventiva presentazione della dichiarazione e nell’apposizione sulla stessa del visto di conformità.
Sebbene gli operatori di settore abbiano avanzato la proposta di eliminare l’obbligo per il 2020, il legislatore è rimasto sordo a tale richiesta, lasciando invariato l’attuale contesto normativo.

Crediti IVA
Pertanto, i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione i crediti IVA mediante il modello F24, per un importo superiore a 5.000 euro annui, devono presentare la relativa dichiarazione annuale IVA, e ciò in quanto l’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997 dispone che la compensazione tramite modello F24 del credito annuale o relativo a periodi inferiori all’anno, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione all’Agenzia delle Entrate della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito medesimo scaturisce.
Inoltre, come stabilito dall’art. 10, comma 1, lettera a), n. 7, D.L. n. 78/2009, l’utilizzo in compensazione del credito IVA annuale o infrannuale per un importo superiore a 5.000 euro euro annui è subordinato anche alla presenza del visto di conformità sulla dichiarazione (o istanza) da cui il credito emerge. In alternativa all’apposizione del visto di conformità, è possibile far sottoscrivere la dichiarazione dall’organo incaricato a effettuare il controllo contabile.
Pertanto, nonostante il decreto Cura Italia abbia differito la scadenza dalla presentazione della dichiarazione annuale IVA dal 30 aprile al 30 giugno 2020, i contribuenti carenti di liquidità e “ricchi” di eccedenze IVA utilizzabili in compensazione devono aver già provveduto a presentare la relativa dichiarazione per poter utilizzare in compensazione i crediti emergenti dalla dichiarazione stessa.
Crediti relativi a II.DD. e IRAP
L’obbligo di preventiva presentazione della dichiarazione e apposizione del visto di conformità per l’utilizzo in compensazione orizzontale dei crediti sussiste, per effetto delle modifiche introdotte dal decreto fiscale 2020 (art. 3, comma 1, D.L. n. 124/2019), anche per i crediti maturati dal periodo d’imposta 2019 superiori a 5.000 euro annui relativi alle imposte sui redditi e all’IRAP, comprese le addizionali e le imposte sostitutive.

Ne consegue che, nonostante la scadenza per trasmettere all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione dei redditi e quella IRAP sia fissata al 30 novembre, al fine di evitare di dover attendere le scadenze di dicembre per poter iniziare a utilizzare in compensazione i crediti fiscali – anche al fine di fruttare al massimo il plafond annuo di compensazione nel modello F24 – è necessario anticipare la presentazione della dichiarazione.
E ciò anche considerando che alla data del 16 settembre 2020, salvi eventuali rinvii dell’ultimo minuto, i contribuenti che hanno beneficiato al rinvio delle scadenze dei pagamenti previste per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 saranno comunque chiamati alla cassa.
Quindi anticipare la presentazione delle dichiarazioni dei redditi e IRAP potrebbe permettere di “mettere in cascina” quella liquidità indiretta (crediti d’imposta) necessaria per provvedere ai versamenti fiscali e contributivi dovuti, senza subire un esborso diretto.

Il BONUS AFFITTI del decreto Rilancio. Inserite tutte le categorie eccetto l’abitativo.

Il Decreto Rilancio amplia in modo sensibile quello che per il mese di marzo 2020 era stato definito il Bonus affitto per le botteghe e negozi, per le sole categorie C1.
Nel seguito indichiamo la evoluzione della norma a partire dal decreto Cura Italia sino alle disposizioni del decreto Rilancio.

Nel decreto Cura Italia
Nella versione iniziale esposta nell’art. 65, D.L. n. 18/2020 (decreto Cura Italia) il bonus consiste in un credito di imposta, pari al 60% del canone di locazione degli immobili rientranti nella categoria catastale C/1, ovvero negozi e botteghe, che può essere utilizzato solo in compensazione con il modello F24 e unicamente dalle imprese, con esclusione quindi dei lavoratori autonomi.
Il decreto Cura Italia era pensato come primo intervento di carattere straordinario per fronteggiare l’emergenza da Covid-19, di qui l’idea di una misura di sostegno a carattere temporaneo e circoscritta al periodo di durata della crisi. Per questo motivo, il bonus spettava limitatamente ai canoni di locazione del mese di marzo 2020.
Con la risoluzione n. 13/E/2020 è stato istituito il codice tributo 6914 che consente la compensazione di questo credito di imposta a partire dal 25 marzo 2020.
Il comma 2-bis dell’art. 65, aggiunto in sede di conversione del decreto Cura Italia, ha poi stabilito che il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP e non influisce sul pro-rata di deducibilità degli interessi passivi di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, TUIR.
Le circolari dell’Agenzia delle Entrate n. 8/E e n. 11/E del 2020 hanno poi precisato:
- che il credito d’ imposta matura solo a fronte dei canoni effettivamente pagati;
- che non vi rientrano gli immobili di categoria catastale D8 “fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni”;
- che se l’immobile locato è formato da un negozio (C/1) e una pertinenza (C/3), locati con canone unitario, il credito d’imposta spetta sull’intero canone se la pertinenza è utilizzata per lo svolgimento dell’attività;
- che le spese condominiali possono essere computate solo se pattuite quale parte integrante del canone di locazione.
Come si può constatare, si tratta di un bonus facile da maturare, basta pagare il canone di locazione, e semplice da utilizzare, perché si tratta solo di compensarlo con altre imposte nel modello F24. A tale proposito, la norma istitutiva non prevedeva che questo credito fosse escluso dal concorso ai tetti ordinari di 700.000 euro, per i crediti compensabili su base annua, o di 250.000 euro per quelli risultanti dal quadro RU ma tale limitazione è stata eliminata dall’art. 122 del decreto Rilancio.

Il bonus previsto dal decreto Rilancio
Il perdurare dell’emergenza e, quindi, l’aumento della durata del lockdown, ha indotto il Governo a prorogare la durata del bonus estendendola anche ai canoni di locazione dei mesi di aprile e maggio e, con l’occasione, si è provveduto anche a riformulare interamente le regole per la fruizione di questo credito di imposta.
L’art. 28 del D.L. n. 34/2020 (decreto Rilancio) ha, da un lato, ampliato l’ambito applicativo dell’agevolazione e, dall’altro, ne ha limitato la fruizione ai soli contribuenti che effettivamente hanno subito una riduzione del fatturato dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020. Non è quindi limitato alle categorie di attività “chiuse” con i primi DPCM governativi.
Il risultato è una norma la cui applicazione è ben più complessa rispetto a quella del bonus istituito dall’art. 65 del decreto Cura Italia e che, relativamente ai canoni di locazione del mese di marzo 2020, si affianca ad esso ponendovisi come possibile alternativa.
Il nuovo credito di imposta (art. 28, D.L. n. 34/2020) spetta ora agli esercenti attività di impresa, arte o professione, a fronte del pagamento dei canoni di locazione, leasing o concessione di immobili a uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo.
Aumentano, quindi le tipologie di canoni, di immobili e di attività che possono godere del bonus. Degna di nota l’inclusione tra i soggetti beneficiari degli studi professionali assenti nella prima versione del bonus.
Inoltre, il nuovo credito di imposta viene esteso anche agli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, in relazione ai canoni relativi agli immobili destinati allo svolgimento dell’attività istituzionale.
Vengono, tuttavia, previste nuove limitazioni.
Per cominciare, i soggetti destinatari devono aver conseguito nel 2019 ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro, tetto questo che però non si applica alle strutture alberghiere e agrituristiche. Inoltre, è necessario aver avuto un calo del fatturato o dei corrispettivi del mese di riferimento di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del 2019.
Invariata la misura del credito di imposta che rimane pari al 60% dell’ammontare dei canoni effettivamente pagati ma che si riduce al 30% laddove l’immobile sia ricompreso in un contratto di servizi a prestazioni complesse o di affitto di azienda in quanto, in questi casi, non è agevole stabilire quanta parte del canone è effettivamente riferibile all’immobile.
Lo sfruttamento elettivo del credito di imposta è in compensazione nel modello F24, ma l’art. 122 del decreto Rilancio, molto opportunamente, prevede ora esplicitamente che non occorre rispettare i tetti annui di 700.000 e 250.000 euro.
Ricordiamo inoltre come il tetto annuo dei crediti compensabili in F24 è stato innalzato da 700.000 a 1 milione di euro dall’art. 142 del decreto Rilancio con decorrenza dal 2020.
Il credito d’imposta si può cedere. La vera novità risiede nella possibilità di cedere, in tutto o in parte, questo credito di imposta ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari. Costoro, a loro volta, possono sfruttare il credito ricevuto con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal cedente.
Nella versione della norma contenuta nelle bozze circolate prima della pubblicazione del decreto Rilancio, la disciplina della cessione di questo credito di imposta era contenuta nello stesso art. 28 e si prevedeva la possibilità che la cessione potesse avvenire a favore del proprietario dell’immobile in cambio di uno sconto di pari importo sul canone di locazione.
Nel testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale, le regole sulla cessione di questo credito di imposta sono state eliminate dall’art. 28 e trasferite nel nuovo art. 122 ed è stato, inoltre, eliminato il riferimento alla possibilità di utilizzare la cessione del credito per ottenere uno sconto dal locatore.
Si tratta di una tecnica normativa che ha avuto lo scopo di elencare quali, tra i crediti di imposta istituiti a seguito della pandemia, possono essere ceduti a terzi il che, a parere dello scrivente, rende più difficile avere un quadro completo delle caratteristiche di ciascun singolo credito d’imposta rendendo necessaria la conoscenza di due norme invece di una.
Tuttavia, l’art. 122 è servito anche per estendere la cedibilità al credito di imposta per negozi e botteghe maturato in base al precedente art. 65 del Decreto Cura Italia. La cedibilità del credito di imposta è finalizzata ad aumentare il valore della misura di sostegno per i soggetti destinatari i quali, essendo tutti in crisi di liquidità, hanno maggiore interesse a misure che si traducano in flussi di denaro a loro favore.

Allo stato attuale, il nuovo credito di imposta non è ancora liberamente fruibile da parte dei soggetti destinatari perché mancano:
- lo specifico codice tributo, che verrà certamente istituito con apposita risoluzione dell’Agenzia delle Entrate;
- per coloro che intendono monetizzarlo tramite cessione a terzi, le regole attuative che saranno oggetto di apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia.
È possibile, comunque, ipotizzare alcuni scenari caratteristici.
Da un lato, nonostante la soppressione dell’esplicito riferimento alla possibilità che la cessione del credito avvenga a fronte della concessione da parte del locatore di uno sconto sul canone di locazione, non sembrerebbe che tale strada sia stata del tutto preclusa. Tuttavia, visto che il credito di imposta matura a fronte del pagamento dei canoni, si dovrebbe comunque anticipare gli stessi al proprietario dell’immobile per poi farsene restituire il 60% una volta conclusa la cessione del credito di imposta. Si tratta, ad evidenza, di un modus operandi del tutto in contrasto con le finalità della norma e che si spera possa essere corretto dalle norme attuative.
In sostanza, andrebbe esplicitamente previsto che il credito matura anche a fronte del pagamento del solo 40% del canone purché, contestualmente, vi sia la cessione dello stesso al proprietario.
In assenza di tale chiarimento, non resterebbe altra strada che ottenere un finanziamento bancario con cui pagare i canoni di locazione per poi vedersene rimborsato il 60% a fronte della successiva cessione del credito al medesimo istituto finanziatore, operazione quest’ultima che non può non comportare costi aggiuntivi riducendo il valore del bonus.
Per quanto riguarda il bonus spettante sui canoni di marzo 2020, si pone poi il problema di valutare in concreto quale norma applicare:
- se l’art. 65 del Cura Italia, che lo limita agli imprenditori e agli immobili C1, ma non lo condiziona al calo del fatturato di marzo rispetto a quello dello stesso mese del 2019, o
- il nuovo art. 28 del decreto Rilancio, che ne amplia la portata ma con un costo amministrativo maggiore teso ad accertarne la reale spettanza.
In conclusione, si tratta di un’agevolazione il cui reale valore, in termini di sostegno ai soggetti che hanno subito lo stop della propria attività, si potrà valutare solo una volta chiarite le norme applicabili alla cessione del credito di imposta.

ACCONTO IMU 2020 – Abolita la Tasi. Le misure per la determinazione.

Con l’approssimarsi della scadenza del 16 giugno, arrivano i primi chiarimenti contenuti nella circolare n. 1/DF del 2020 del Dipartimento delle politiche fiscali per l’acconto IMU anche in relazione alle modifiche intervenute con la legge di Bilancio 2020.

Prima di esaminare la casistica e, soprattutto, i criteri illustrati nel documento di prassi, è utile inquadrare i principi generali della riforma introdotta con la legge di Bilancio 2020.

Rapporti tra nuova e vecchia IMU
L’intervento riformatore, sotto il profilo strettamente formale, si è tradotto, da un lato, nell’abolizione della IUC, l’imposta unica comunale prevista nell’art. 1, comma 639 e seguenti, legge n. 147/2013, nelle sue componenti di IMU e TASI, dall’altro, nella introduzione, apparentemente ex novo, della disciplina della nuova IMU, nell’art. 1, comma 738 e seguenti, legge n. 160/2019.

In realtà, è del tutto evidente che lo scopo effettivo della novella era quello di abolire la TASI, accorpandone le aliquote nell’IMU, ma la tecnica utilizzata induceva a ritenere che si fosse in presenza di un tributo (la nuova IMU, per l’appunto) nuovo rispetto a quello applicabile sino alla fine del 2019, seppure connotato da evidenti elementi di continuità sostanziale rispetto al pregresso.

Il Dipartimento delle politiche fiscali non è stato tuttavia di questo avviso. Nella circolare n. 1/DF del 2020, il MEF ha infatti sostenuto che il tributo regolato nella legge di Bilancio 2020 altro non sia se non una mera “evoluzione normativa” dell’imposta precedente. Ne consegue, ad esempio, che in assenza di nuove deliberazioni di aliquote, il contribuente dovrà applicare, in automatico, le aliquote della vecchia IMU, come pure, laddove il comune non adotti un nuovo regolamento, resta sempre in vigore quello preesistente.

Questa premessa è utile anche per capire meglio talune delle risposte fornite nel documento di prassi, allorquando si suggerisce, quale criterio facoltativo di calcolo dell’acconto, di applicare alla situazione possessoria dell’anno in corso, anno di vigenza della nuova IMU, le aliquote del 2019.

Con il decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020), si è implicitamente deciso di non stabilire differimenti generalizzati della scadenza del primo acconto IMU, poiché ciò avrebbe determinato la necessità, da parte dello Stato, di fornire a tutti i comuni la liquidità necessaria a supplire a tale posticipazione, magari anche con riferimento a enti nei quali l’emergenza epidemiologica non ha inciso in modo significativo.
La scelta è stata pertanto nel senso di lasciare la decisione alle singole amministrazioni comunali, nel rispetto dei poteri previsti dalla legge. Sul punto non risultano provvedimenti di Enti Locali che abbiano disposto il rinvio della prima rata.
A tale proposito, la norma di riferimento è l’art. 1, comma 777, lettera b), legge n. 160/2019, che stabilisce che, con regolamento, i comuni possono disporre “differimenti di termini per i versamenti, per situazioni particolari”.
Ne consegue che, per accertare l’effettiva scadenza di pagamento, i contribuenti dovranno consultare periodicamente i siti istituzionali dei singoli comuni, con le comprensibili complicazioni che ciò comporta.

Le novità del decreto Rilancio
Per i soggetti più gravemente colpiti dalla crisi, l’acconto IMU non sarà dovuto.
Ciò, in quanto l’art. 177, D.L. n. 34/2020, ha disposto una specifica esenzione per le seguenti casistiche:
a) immobili adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali nonché immobili degli stabilimenti termali.
Nota bene
L’esenzione, in questi casi, non è collegata alla categoria catastale del bene ma alla sua destinazione d’uso. Non rileva inoltre il fatto che l’unità sia in proprietà di un soggetto diverso dal gestore.
b) gli immobili della categoria catastale D/2 (alberghi e pensioni), immobili degli agriturismo, dei villaggi turistici, degli ostelli della gioventù, dei rifugi di montagna, delle colonie marine e montane, degli affittacamere per brevi soggiorni, delle case ed appartamenti per vacanze, dei bed & breakfast, dei residence e dei campeggi, a condizione che i proprietari coincidano con i gestori.
Anche in questo caso, a parte l’ipotesi isolata delle unità in D/2, non rileva la categoria catastale ma l’attività ivi esercitata.
Vale segnalare che per talune tipologie, segnatamente le case per vacanza, la nozione appare piuttosto indeterminata, cosicché la questione dell’effettiva spettanza dell’esenzione si scarica sull’onere della prova che, in caso di controllo, dovrà assolvere il contribuente.
D’altro canto, si evidenzia che non appare in alcun modo prescritto che l’attività sia svolta in forma imprenditoriale, tanto più che per alcune di esse è frequente l’esercizio in forma occasionale, cioè in assenza di organizzazione d’impresa (è il caso degli appartamenti per vacanza e dei bed & breakfast).

Le modalità di calcolo dell’acconto
La regola speciale, stabilita per il solo anno 2020 nell’art. 1, comma 762, legge n. 160/2019, prescrive che l’acconto si versi in misura pari alla metà di quanto complessivamente pagato nel 2019, a titolo di IMU e TASI.
A regime, il medesimo comma 762 dispone invece che la quota del 16 giugno si paghi applicando le aliquote dell’anno precedente alla situazione possessoria verificatasi nel primo semestre.
Combinando in modo sistematico queste due previsioni, la circolare n. 1/DE/2020 del MEF chiarisce che in tutti i casi in cui la posizione immobiliare si sia modificata rispetto all’anno scorso, il contribuente ha sempre la facoltà di determinare l’acconto sulla base del possesso verificatosi nei primi sei mesi 2020, applicando le aliquote della “vecchia” IMU, senza sommare l’aliquota TASI 2019.
Così, per esempio, laddove il contribuente abbia ceduto la seconda casa, posseduta per l’intero anno 2019, a febbraio di quest’anno, egli potrà determinare l’acconto assumendo due mesi di possesso e adottando le aliquote d’imposta IMU approvate l’anno scorso.
Si evita così di generare in capo al contribuente una situazione creditoria che poi dovrebbe sfociare in un provvedimento di rimborso.
Laddove il comune dovesse aver già deliberato e pubblicato nel corso del 2020 le nuove aliquote IMU, il soggetto passivo avrà la facoltà (non l’obbligo) di applicarle già in sede di acconto, evitando così di dover versare conguagli a saldo, entro il 16 dicembre prossimo.

A proposito di aliquote, si ricorda che, ai sensi dell’art. 15-bis, D.L. n. 34/2019, che ha inserito il comma 15-ter all’art. 13, D.L. n. 201/2011, tutti i pagamenti scadenti prima del 1° dicembre di ciascun anno devono essere effettuati, in linea di principio, con le aliquote dell’anno precedente. Le misure d’imposta dell’anno in corso sono invece applicate solo in sede di saldo, a condizione che le stesse siano state pubblicate sul sito del MEF, entro il termine perentorio del 28 ottobre.

La circolare n. 1/DF evidenzia altresì che poiché la disciplina recata nella legge di Bilancio 2020, con riferimento agli immobili in leasing, ha conservato la formulazione già esistente nella vecchia IMU e non quella della TASI, ne consegue che, una volta che il contratto è stato risolto per inadempimento del conduttore in leasing, il soggetto passivo dell’imposta diventa la società concedente, anche se l’unità in oggetto non è stata riconsegnata dall’utilizzatore.

Nel medesimo documento di prassi si afferma infine che, con riguardo agli immobili che nel 2019 erano esenti da IMU e soggetti a TASI e nel 2020 sono diventati soggetti alla nuova IMU (fabbricati rurali e immobili merce), non è dovuto alcun acconto. Ciò, malgrado la norma di riferimento preveda comunque il pagamento della metà di quanto corrisposto l’anno scorso per entrambi i tributi. Da notare sul punto che nelle indicazioni di molti Comuni (es. Roma) l’acconto sui beni merce parrebbe dovuto nella misura disposta dalla “nuova” IMU.

BONUS 110%: come si applica, in attesa della conversione del Decreto Rilancio.

Efficientamento energetico, adeguamento antisismico, impianti fotovoltaici e infrastrutture di ricarica elettrica potranno beneficiare della maxi detrazione del 110%. L’articolo 119 del decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020) rivoluziona il sistema degli incentivi alla valorizzazione del patrimonio edilizio, ma l’incremento dell’agevolazione non andrà a beneficio delle imprese, nemmeno per quegli strumenti che sarebbero normalmente accessibili anche su immobili adibiti ad attività imprenditoriale.

Indichiamo di seguito le principali misure contenute nell’articolo 119 sapendo che probabilmente la norma subirà delle modificazioni in sede di conversione in legge.

Efficientamento energetico
Le detrazioni edilizie per efficientamento energetico sfondano il muro del 100% e permetteranno ai beneficiari di ottenere un’agevolazione più alta rispetto alla spesa sostenuta. La misura del 110% potrà essere applicata sulle spese sostenute dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, documentate e rimaste a carico del contribuente.
I contribuenti avranno quindi solamente un anno e mezzo di tempo per poter sfruttare le agevolazioni edilizie potenziate dal decreto Rilancio. Non tutti gli interventi classici potranno accedere all’agevolazione potenziata, che dovrà peraltro essere ripartita in cinque anni in quote di pari importo.
Saranno agevolabili interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali e orizzontali che interessano l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda dell’edificio medesimo. La detrazione per l’isolamento termico sarà calcolata su un ammontare complessivo delle spese non superiore a 60 mila euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio.
L’agevolazione sosterrà anche gli interventi sulle parti comuni degli edifici per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a condensazione, con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto, a pompa di calore, ivi inclusi gli impianti ibridi o geotermici. Tali impianti potranno essere anche abbinati all’installazione di impianti fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo, ovvero con impianti di micro-cogenerazione. La detrazione sugli impianti sarà calcolata su un ammontare complessivo delle spese non superiore a 30 mila euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio e sarà riconosciuta anche per le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dell’impianto sostituito.
Infine, il bonus potenziato potrà favorire anche interventi sugli edifici unifamiliari per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a pompa di calore, ivi inclusi gli impianti ibridi o geotermici, anche abbinati all’installazione di impianti fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo, ovvero con impianti di micro-cogenerazione; questa detrazione sarà calcolata su un ammontare complessivo delle spese non superiore a 30 mila euro e sarà riconosciuta anche per le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dell’impianto sostituito.
Realizzando queste tipologie di interventi, i beneficiari potranno ottenere la stessa aliquota del 110% anche per tutti gli altri interventi di efficientamento energetico previsti dalla normativa e realizzati congiuntamente.
Gli interventi, per accedere al 110%, dovranno garantire il miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio, ovvero, se non possibile, il conseguimento della classe energetica più alta. Tale miglioramento dovrà essere dimostrato mediante l’attestato di prestazione energetica (APE), ante e post intervento, rilasciato da tecnico abilitato nella forma della dichiarazione asseverata.

Adeguamento sismico
Anche gli interventi di adeguamento sismico potranno beneficiare dell’aliquota al 110% per le spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021. In caso di cessione del corrispondente credito ad un’impresa di assicurazione e di contestuale stipula di una polizza che copre il rischio di eventi calamitosi, la detrazione prevista spetta nella misura del 90%. Rimarranno tuttavia esclusi gli edifici ubicati in zona sismica 4.
Nel caso specifico andrà chiarito se è applicabile il sisma bonus acquisti che di fatto è comunque destinato alle persone fisiche acquirenti.

Impianti fotovoltaici
L’installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica su edifici permetterà di ottenere, per le spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, una detrazione nella misura del 110%. La detrazione spetterà fino ad un ammontare complessivo delle stesse spese non superiore a 48 mila euro e, comunque, nel limite di spesa di 2.400 euro per ogni kW di potenza nominale dell’impianto solare fotovoltaico, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo, sempreché l’installazione degli impianti sia eseguita congiuntamente ad uno degli interventi di efficientamento energetico o adeguamento antisismico ammessi alla detrazione del 110%.
In caso di intervento congiunto con interventi di ristrutturazione edilizia, il limite sarà ridotto a 1.600 euro per ogni kW di potenza nominale dell’impianto solare fotovoltaico. La detrazione è riconosciuta anche per l’installazione contestuale o successiva di sistemi di accumulo integrati negli impianti solari fotovoltaici agevolati, comunque nel limite di spesa di mille euro per ogni kWh di capacità di accumulo del sistema di accumulo. La detrazione al 110% è subordinata alla cessione in favore del GSE dell’energia non auto-consumata in sito e non è cumulabile con altri incentivi pubblici o altre forme di agevolazione di qualsiasi natura previste dalla normativa europea, nazionale e regionale, compresi i fondi di garanzia e di rotazione.

Infrastrutture di ricarica elettrica
Per l’installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici, sarà riconosciuta una detrazione nella misura del 110 per cento, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo, sempreché l’installazione sia eseguita congiuntamente ad uno degli interventi di efficientamento energetico che beneficiano della detrazione al 110%.

Soggetti ammessi
Le detrazioni maggiorate al 110% spetteranno per interventi effettuati dai condomini, nonché dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, su unità immobiliari.
Spetteranno anche a interventi effettuati dagli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati nonché dagli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di “in house providing” per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica.
Infine, spetteranno a interventi effettuati dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa, per interventi realizzati su immobili dalle stesse posseduti e assegnati in godimento ai propri soci.
Gli interventi di efficientamento energetico non saranno applicabili agli interventi effettuati dalle persone fisiche, al di fuori di attività di impresa, arti e professioni, su edifici unifamiliari diversi da quello adibito ad abitazione principale.
Quest’ultima condizione è soggetta a revisione in sede emendativa del decreto Rilancio, aprendo anche alle altre abitazioni, con un massimo di due unità per beneficiario ed escludendo le case di lusso. In particolare, sono allo studio modifiche per estendere lo strumento a tutto il 2022, consentire l’utilizzo dell’agevolazione anche da parte di enti non commerciali, del terzo settore e di enti religiosi civilmente riconosciuti.