Trasfer price: set documentale e dichiarazione dei redditi (anche tardiva)

Le imprese ad ampio respiro internazionale, che operano nel mercato scambiando beni o servizi con consociate estere, devono comunicare il possesso della documentazione redatta ai fini transfer price entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi. Tuttavia, al ricorrere di determinate condizioni, come chiarito dalla prassi amministrativa, il contribuente può comunicare il possesso del set documentale TP entro il 28 febbraio. Qual è la normativa sostanziale di riferimento? E quali sono le modalità pratiche previste per la costruzione di un idoneo set documentale ai fini transfer price?
La normativa conosciuta tra gli addetti ai lavori come “transfer pricing” può essere considerata anche in un’accezione non necessariamente elusiva, in quanto diretta a sviluppare genuine politiche fiscali e commerciali di Gruppo, per finalità di carattere strettamente economico.
Ad esempio, il trasferimento di beni a valori più bassi rispetto a quelli normalmente applicati sul libero mercato, può altresì avvenire con il precipuo scopo di consentire al contribuente di conquistare importanti porzioni di mercato, con successiva rivendita dei prodotti a prezzi altamente competitivi e creare valore aggiunto per il Gruppo multinazionale.
Tuttavia, tale pratica è anche rivolta ad ottenere un risparmio fiscale e trova il suo naturale presupposto nella circostanza che l’impresa del gruppo destinataria di maggiori utili (c.d. travaso di utili oltre frontiera), beneficia di un trattamento tributario più favorevole rispetto a quella originariamente titolare del reddito medesimo (cfr. Guardia di Finanza, circolare n. 1/2018, vol. III, pag. n. 367)
Ambito giuridico di riferimento
L’art. 110, comma 7, TUIR contiene le disposizioni in materia di transfer price: “i componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni di cui all’articolo 31-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.
A livello internazionale, per valutare la congruità dei prezzi di trasferimento praticati nello scambio di beni o servizi infragruppo e, simmetricamente, il valore corretto da applicare nelle transazioni economiche e commerciali avvenute tra imprese appartenenti allo stesso Gruppo multinazionale, occorre invece fare riferimento al noto principio di libera concorrenza, enunciato dall’art. 9 del modello OCSE di convenzione (c.d. arm’s length principle), in base al quale il prezzo stabilito nelle transazioni commerciali intercorse tra imprese associate deve necessariamente corrispondere al prezzo che sarebbe stato convenuto tra imprese indipendenti, per transazioni identiche o similari sul libero mercato.
Analisi di comparabilità
Onde accertare la congruità dei prezzi di trasferimento, rispetto ai principali concorrenti operanti nel libero mercato, occorre seguire un preciso iter procedurale, conosciuto tra gli addetti ai lavori come “analisi di comparabilità”.
Lo stesso procedimento consente anzitutto di ricercare le “imprese comparabili” operanti in un determinato mercato di riferimento, al fine di confrontare la politica di transfer pricing adottata dal singolo Gruppo multinazionale sottoposto a verifica, rispetto a quella perseguita dai soggetti terzi indipendenti.
Tuttavia, occorre considerare che tale comparazione risulta affidabile solo qualora funzioni, rischi e assets impiegati dai terzi indipendenti risultino similari a quelli impiegati dalle entità coinvolte nella transazione in verifica (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 della Guardia di Finanza volume III – parte V – capitolo 11 “Il contrasto all’evasione e alle frodi fiscali di rilievi internazionale”, pag. 370).
A tale fine, per costruire un idoneo set documentale ai fini del transfer price. nell’ambito dell’analisi di comparabilità occorrerà anzitutto selezionare i soggetti comparabili che risultino idonei al contesto analizzato e, soprattutto, presentino importanti analogie sotto il profilo funzionale, rispetto alla singola multinazionale oggetto di analisi ai fini TP.
In tale ambito, occorrerà valutare la rilevanza dei seguenti fattori che caratterizzano i soggetti individuati come comparabili nel contesto della c.d. benchmarking analysis:
- caratteristiche dei beni e servizi;
- le funzioni svolte e rischi assunti;
- termini contrattuali;
- le condizioni economiche e le strategie perseguite della società.
In esito all’analisi esperita, sarà così possibile delineare compiutamente il profilo funzionale del soggetto economico (i.e. le funzioni svolte, i rischi assunti e beni strumentali utilizzati), in modo da comprendere se l’impresa individuata come soggetto comparabile sia o meno assimilabile a quella oggetto di verifica ai fini TP.
Sotto tale prospettiva, sarà dirimente individuare il settore economico in cui opera il terzo indipendente individuato come soggetto comparabile, se lo stesso ha natura di mero produttore di servizi, di distributore, di impresa commerciale, svolgendo determinate funzioni che possono direttamente e inevitabilmente influenzare la determinazione dei prezzi di trasferimento (es. costi per attività ricerca sviluppo, investimenti in spese di marketing, logistica e trasporto, garanzia e assistenza post vendita etc.)
Con la circolare n. 16/E del 24 maggio 2022, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che se l’analisi di comparabilità effettuata ai fini TP risulta affidabile e le operazioni individuate hanno tutte il medesimo livello o grado di comparabilità, andrà preso in considerazione l’intero intervallo di valori risultante dall’applicazione dell’indicatore finanziario selezionato in applicazione del metodo più appropriato (c.d. “full range”), ciascuno dei quali è da considerare conforme al principio di libera concorrenza.
Di contro, qualora invece le transazioni all’interno dell’intervallo di valori non dovessero avere lo stesso livello o grado di comparabilità rispetto all’operazione controllata, è necessario fare riferimento a “strumenti statistici”, al fine di restringere l’intervallo e, quindi, rafforzarne l’affidabilità, sempre che vi sia un numero significativo di operazioni.
Sia in caso si adotti l’intervallo pieno (c.d. “full range”), sia nel caso in cui sia invece necessario individuare un intervallo più ristretto basato su “strumenti statistici”, tutti i valori contenuti all’interno dell’intervallo devono essere considerati conformi al principio di libera concorrenza.
Pertanto, nel caso in cui l’indicatore finanziario selezionato dovesse ricadere all’interno di tale range di libera concorrenza (sia esso intervallo pieno o ristretto), non sarà necessario apportare alcuna rettifica.
Viceversa, se l’indicatore finanziario dovesse ricadere al di fuori dell’intervallo di libera concorrenza, l’impresa dovrà fornire idonea documentazione atta a dimostrare la conformità dell’indicatore utilizzato al principio di libera concorrenza al fine di evitare rettifiche.
SI riportano, a titolo esemplificativo, alcuni indicatori finanziari maggiormente utilizzati nella prassi operativa:
- ROI (utile operativo/attivo investito);
- ROS (utile operativo/vendite);
- ROTC (utile operativo/costi operativi);
- ROA (risultato operativo/attività);
- Berry Ratio (margine commerciale lordo/costi operativi);
- Margine profitto operativo (risultato operativo/valore della produzione).
Il set documentale ai fini TP e la penalty protection
Con l’art. 26, D.L. n. 78/2010, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico importanti e ulteriori disposizioni in materia di TP, con la facoltà per il contribuente di predisporre la documentazione idonea a illustrare la politica aziendale sui prezzi di trasferimento infragruppo.
Nello specifico la predisposizione del set documentale, nell’ambito della c.d. penalty protection, consente anzitutto di evitare la sanzione amministrativa applicabile per la dichiarazione infedele (ex art. 1, comma 6 e art. 2, comma 4-ter,D.Lgs. n. 471/1997).
Sul punto, in data 23 novembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha emanato il provvedimento direttoriale n. 2020/0360494, recante “Attuazione della disciplina di cui all’articolo 1, comma 6, e all’articolo 2, comma 4- ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, concernente la documentazione idonea a consentire il riscontro della conformità al principio di libera concorrenza delle condizioni e dei prezzi di trasferimento praticati dalle imprese multinazionali, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 14 maggio 2018, recante le Linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste dall’articolo 110 comma 7 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento”.

Lo stesso ha integrato le precedenti direttive contenute nel provvedimento direttoriale n. 2010/137654, emanato in data 29 settembre 2010, che già conteneva le modalità pratiche di redazione del set documentale per il riscontro della conformità al valore normale dei prezzi di trasferimento praticati dalle imprese multinazionali.
Nel set documentale redatto ai fini TP, sulla scorta delle indicazioni tassativamente contenute nel provvedimento del 23 novembre 2020, le imprese multinazionali dovranno adeguatamente illustrare la propria politica di TP ivi compresi, eventualmente, anche gli impatti del Covid e, segnatamente:
- i termini contrattuali delle operazioni;
- le funzioni svolte da ciascuna delle parti coinvolte nelle operazioni, tenendo conto dei beni strumentali utilizzati e dei rischi assunti, inclusi il modo in cui queste funzioni si collegano alla più ampia generazione del valore all’interno del gruppo multinazionale cui le parti appartengono, le circostanze che caratterizzano l’operazione e le consuetudini del settore;
- le caratteristiche dei beni ceduti e dei servizi prestati;
- le circostanze economiche delle parti e le condizioni di mercato in cui esse operano;
- le strategie aziendali perseguite dalle parti.
Avuto riguardo alle principali novità, si segnala che il par. 5.1.2 del provvedimento direttoriale prevede che il Masterfile e la Documentazione Nazionale (costituenti la documentazione idonea ai fini TP), devono essere firmati dal legale rappresentante del contribuente o da un suo delegato mediante firma elettronica, con marca temporale da apporre entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Inoltre, nel caso di verifica fiscale, la consegna della documentazione all’Amministrazione finanziaria deve essere effettuata entro e non oltre 20 giorni dalla relativa richiesta.
Qualora, infine, nel corso del controllo fiscale o di altra attività istruttoria emerga l’esigenza di disporre di informazioni supplementari o integrative, rispetto a quelle contenute nella documentazione già consegnata all’Amministrazione finanziaria, predisposta ai sensi del provvedimento direttoriale medesimo, le stesse devono essere fornite entro 7 giorni dalla richiesta, ovvero entro un periodo più ampio in funzione della complessità delle operazioni sottoposte ad analisi, sempreché tale periodo sia compatibile con i tempi del controllo.
Decorsi i suddetti termini, l’Agenzia delle Entrate non è più vincolata all’applicazione dell’art. 1, comma 6, e dell’
art. 2, comma 4-ter, D.Lgs. n. 471/1997, senza esonero per il contribuente dalle sanzioni derivanti dalle rettifiche TP.
Infine, le piccole e medie imprese hanno la facoltà di non aggiornare i dati relativi alle “operazioni infragruppo” della Documentazione Nazionale con riferimento ai due periodi d’imposta successivi a quello cui si riferisce detta documentazione, qualora l’analisi di comparabilità si basi su informazioni reperite da fonti pubblicamente disponibili e sempreché gli elementi richiesti dal provvedimento direttoriale (di cui al punto 2.1.2), non subiscano modifiche significative in detti periodi di imposta.
La rilevanza del set documentale ai fini penali tributari
In linea di principio, le rettifiche operate a seguito di verifiche fiscali in ambito transfer pricing potrebbero rilevare ai fini penali tributari in ordine al reato di dichiarazione infedele ex art. 4, D.Lgs. n. 74/2000.
Infatti, per espressa disposizione normativa, il delitto di dichiarazione infedele si realizza quando il contribuente, al fine di evadere le imposte, indica nelle pertinenti dichiarazioni dei redditi elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi inesistenti, a condizione che siano superate le soglie di punibilità previse dalla norma penale.
Infatti, come recita l’art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000, fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3 dello stesso decreto, è punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:
a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 100.000 euro;
b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni.
Sul punto, occorre però considerare che il medesimo art. 4, comma 1-bis, prevede che ai fini dell’applicazione della disposizione del precedente comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.
Inoltre, l’art. 4, comma 1-ter, D.Lgs. n. 74/2000 prevede che fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette.
Quindi, analizzando attentamente il disposto previsto dall’art. 4, D.Lgs. n. 74/2000, chi scrive ritiene che il delitto di dichiarazione infedele non ricorra in ipotesi di contestazioni fiscali operate in materia di transfer pricing aventi a oggetto, quanto meno:
- per le rettifiche di costi, in quanto gli stessi non possono essere qualificati come “elementi passivi inesistenti”, anche nella particolare ipotesi di rettifiche operate in applicazione della normativa sul transfer pricing quali costi indeducibili dal reddito d’impresa;
- in ogni caso, qualora il set documentale TP predisposto dal contribuente ai sensi dell’art. 26, D.L. n. 78/2010 sia idoneo ad illustrare la politica adottata dal contribuente ai fini della determinazione dei prezzi di trasferimento (in quanto considerato “altra documentazione rilevante ai fini fiscali”.
La comunicazione del possesso della documentazione
La comunicazione del possesso della documentazione ai fini TP deve essere effettuata contestualmente alla presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.
Tuttavia, qualora l’impresa multinazionale non sia riuscita a formalizzare la comunicazione del possesso della documentazione ai fini TP entro la scadenza del termine dichiarativo ordinario, la stessa potrà essere effettuata entro 90 giorni dal termine originariamente previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi.
Conformemente l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 15/E del 26 novembre 2021, ha preliminarmente chiarito che l’esimente sanzionatoria si applica solo se il contribuente che detiene la documentazione ne dà apposita comunicazione all’Agenzia delle Entrate, secondo le modalità e nei termini previsti dal provvedimento.
In merito, la comunicazione del possesso della documentazione idonea deve essere effettuata con la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.
Tuttavia, in caso di dichiarazione presentata entro 90 giorni dal termine per la presentazione della dichiarazione (sia essa tardiva oppure integrativa/sostitutiva di quella già presentata nei termini come chiarito dalla
circolare 12 ottobre 2016, n. 42/E), fatta salva l’applicazione delle sanzioni nei differenti casi, nonché la possibilità di ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso di cui all’art. 13,D.Lgs. n. 472/1997, la comunicazione può essere effettuata con tale dichiarazione.
In questa circostanza, il Masterfile e la Documentazione Nazionale devono essere firmati dal legale rappresentante del contribuente, o da un suo delegato, mediante firma elettronica con marca temporale da apporre entro la data di effettiva presentazione della dichiarazione tardiva o della dichiarazione integrativa/sostitutiva.
Una volta scaduti i termini per presentare una dichiarazione tardiva o integrativa/sostitutiva, il possesso della documentazione idonea può essere comunicato in dichiarazione anche tardivamente, avvalendosi dell’istituto della remissione in bonis di cui all’
art. 2, comma 1, D.L. n. 16/2012, secondo cui la fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale non tempestivamente eseguiti, non è preclusa, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza, laddove il contribuente:
a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
b) effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
c) versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997.
Quindi, il contribuente può avvalersi della remissione in bonis per comunicare tardivamente il possesso della documentazione idonea prevista dal provvedimento, purché lo stesso abbia predisposto detta documentazione, compresa l’apposizione della firma elettronica con marca temporale, al più tardi entro il termine di 90 giorni dalla scadenza ordinaria di presentazione della dichiarazione annuale.
In conclusione, per le dichiarazioni relative al periodo d’imposta 2022, i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare potranno formalizzare il set documentale TP entro il 28 febbraio 2024, comunicando il possesso nella dichiarazione dei redditi da presentare nei 90 giorni rispetto al termine ordinario.