Rinvii per dichiarazioni e pagamenti del 30 novembre e del mese di dicembre. DL Ristori quater.

Proviamo a tracciare una sorta di calendario con l’indicazione delle nuove date alla luce della approvazione del decreto Ristori quater, da parte del Consiglio dei Ministri di domenica 29 novembre 2020, anticipato da un comunicato stampa dell’Agenzia delle entrate del 27 novembre 2020.

Nuove Scadenze del 10 dicembre 2020:
- il versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi e dell’IRAP per i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato; non è chiaro se la proroga interessi anche le imposte sostitutive derivanti dalla dichiarazione, ma, salvo prese di posizioni ufficiali di segno opposto, si presume che la risposta sia positiva;
- la presentazione, in modalità telematica, della dichiarazione dei redditi e IRAP per il periodo d’imposta 2019.
Da segnalare anche che:
- entro lo stesso termine scade anche la presentazione del modello 770.
- il versamento cumulativo delle rate 2020 della rottamazione fissate al 10 dicembre dal decreto Cura Italia, slitta invece al 1° marzo 2021 come si dirà di seguito.
Per quanto attiene i versamenti si veda più avanti con attenzione la scadenza prorogata al 30 aprile per una buona parte di soggetti passivi.

Scadenze di dicembre 2020.

Per dicembre si registrano alcune conferme, ma anche molte novità.

Partiamo dalle conferme: il versamento della seconda rata IMU non subisce proroghe.
Pertanto, entro il 16 dicembre occorre effettuare il versamento da parte di tutti coloro che non sono interessati dalle esclusioni introdotte con i vari decreti anti Covid, tra cui anche lo stesso decreto Ristori quater.
In particolare, il nuovo decreto interviene sulle esenzioni IMU chiarendo che il pagamento è abbuonato quando l’utilizzatore coincide non con il “proprietario”, ma con “il soggetto passivo d’imposta” (ciò allarga il campo di applicazione dell’esonero in tutti i casi in cui, come ad esempio nel leasing, il soggetto passivo non è, appunto, il proprietario).
Alla luce di quanto appena detto, sono esentati dal versamento gli immobili:
a) adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali, nonché immobili degli stabilimenti termali;
b) rientranti nella categoria catastale D/2 (alberghi e pensioni con fine di lucro) e relative pertinenze, quelli degli agriturismi, dei villaggi turistici, degli ostelli della gioventù, dei rifugi di montagna, delle colonie marine e montane, degli affittacamere per brevi soggiorni, delle case e appartamenti per vacanze, dei bed & breakfast, dei residence e dei campeggi;
c) rientranti nella categoria catastale D in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimenti di strutture espositive nell’ambito di eventi fieristici o manifestazioni;
d) rientranti nella categoria catastale D/3 destinati a spettacoli cinematografici, teatri e sale per concerti e spettacoli;
e) destinati a discoteche, sale da ballo, night-club e simili;
f) in cui si svolgono le attività imprenditoriali interessate dalla sospensione disposta col D.P.C.M. 24 ottobre 2020 (comprese le relative pertinenze): si tratta delle categorie economiche riportate nell’Allegato 1 al decreto Ristori;
g) delle attività elencate nell’allegato 2 al decreto Ristori bis, se con sede in zona rossa.
In tutti i suddetti casi, eccetto che per gli immobili elencati ai punti a) e c) per godere dell’esonero è necessario che i soggetti d’imposta siano anche gestori delle attività ivi esercitate.

Sempre in tema IMU, da segnalare l’eventualità di dover rivedere i calcoli e far versare l’eventuale differenza entro il 28 febbraio 2021, se i Comuni inseriscono le delibere con le aliquote entro il 31 dicembre 2020. Tale possibilità è prevista dal D.L. n. 125/2020, decreto che proroga lo stato di emergenza, che ha avuto il via libera di conversione da parte della Camera.

Slittano al 16 marzo 2021, i termini per il versamento scadenti nel mese di dicembre:
a) delle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilati e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale;
b) dell’IVA;
c) dei contributi previdenziali e assistenziali.
La sospensione vale solo per i soggetti, esercenti attività d’impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato, con ricavi o compensi non superiori a 50 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019 e che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% nel mese di novembre dell’anno 2020 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

La suddetta sospensione vale anche:
1) per i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato e che hanno intrapreso l’attività di impresa, di arte o professione, in data successiva al 30 novembre 2019.
2) a prescindere dai requisiti relativi ai ricavi o compensi e alla diminuzione del fatturato o dei corrispettivi:
2.1) ai soggetti che esercitano le attività economiche sospese dal D.P.C.M. 3 novembre 2020, aventi domicilio fiscale, sede legale o sede operativa in qualsiasi area del territorio nazionale;
2.2) ai soggetti che esercitano le attività dei servizi di ristorazione che hanno domicilio fiscale, sede legale o sede operativa nelle aree del territorio nazionale classificate come zone arancioni o rosse;
2.3) ai soggetti che operano nei settori economici individuati nell’Allegato 2 del decreto Ristori bis, ovvero esercitano l’attività alberghiera, l’attività di agenzia di viaggio o di tour operator, e che hanno domicilio fiscale, sede legale o sede operativa nelle aree del territorio nazionale classificate come zone rosse.

Come accennato, i versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 16 marzo 2021 o mediante rateizzazione, fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 marzo 2021.

Un’ultima considerazione va fatta in merito al versamento dell’acconto IVA del 27 dicembre 2020.
Siccome la norma di sospensione fa riferimento ai “termini che scadono nel mese di dicembre 2020”, si presume che vi rientri anche l’acconto IVA: se tale interpretazione, come si suppone, venisse confermata, anche l’acconto IVA, per i soggetti sopra elencati, slitta al 16 marzo 2021.

Scadenze del 30 aprile 2021
Al 30 aprile 2021 slitta, per molti contribuenti con determinati requisiti, il versamento del secondo o unico acconto delle imposte sui redditi e IRAP.
In particolare, sono interessati:
1) i soggetti ISA che:
1.1) hanno subito un calo di fatturato primo semestre 2020 su primo semestre 2019 di almeno il 33%, ovunque esercitino l’attività (di fatto la norma è assorbita per quanto indicato nel successivo punto 2);
1.2) non hanno subito il calo di fatturato, ma rientrano tra uno dei codici Ateco elencati nell’allegato 1 o 2 al decreto Ristori bis e hanno domicilio fiscale o sede in una regione rossa;
1.3) non hanno subito il calo di fatturato ma esercitano l’attività di gestione di ristoranti con domicilio fiscale o sede in una regione arancione;
2) i soggetti non ISA:
2.1) ovunque dislocati, con ricavi o compensi 2019 non superiori a 50 milioni di euro e che, nel primo semestre 2020, hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% rispetto al primo semestre 2019;
2.2) con sede nelle zone rosse, a prescindere dai requisiti relativi ai ricavi o compensi e alla diminuzione del fatturato o dei corrispettivi, che operano nei settori economici individuati nei due allegati (allegato 1 e allegato 2) del decreto Ristori bis;
2.3) con sede nelle zone arancioni, a prescindere dai requisiti relativi ai ricavi o compensi e alla diminuzione del fatturato o dei corrispettivi, che gestiscono ristoranti.

Il bonus affitti dal decreto Rilancio sino al Decreto Ristori bis

L’approvazione dei decreti Ristori e Ristori bis, recanti ulteriori misure di sostegno agli operatori, se da una parte deve essere accolta con favore, dall’altra ha determinato un quadro normativo di riferimento estremamente complesso. Non sarà facile, in concreto, districarsi tra quello che sembra essere un vero e proprio rompicapo e gli errori saranno numerosi.

Con riferimento ad alcuni bonus, gli operatori dovranno tenere in considerazioni numerose variabili che sono mutate nel tempo e che determinano, a seconda dei casi, un “potenziamento” o meno dei benefici fiscali.
Al fine di comprendere le difficoltà che incontreranno gli operatori si può fare l’esempio del bonus relativo ai contratti di locazione di immobili ad uso non abitativo.

Tale beneficio è disciplinato dall’art. 28 del decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020). Il decreto ha subito le prime modifiche durante l’iter di conversione in legge e, successivamente, si sono innestati gli ultimi tre interventi rappresentati dal D.L. 104/2020 (decreto Agosto), dal D.L. n. 137/2020 (decreto Ristori) e dal decreto Ristori bis (D.L. n. 149/2020).

Bonus locazioni nel decreto Rilancio.
Il bonus relativo ai contratti di locazione di immobili a uso non abitativo trova la sua disciplina nell’art. 28 del D.L. n. 34/2020. Il bonus matura con riferimento ai canoni di locazione relativi ai mesi di marzo, aprile, maggio e giugno 2020. Quest’ultimo mese è stato aggiunto dall’art. 77 del D.L. n. 104/2020. Invece le attività stagionali possono fruirne per i canoni relativi ai mesi di aprile, maggio, giugno e luglio. Per le imprese turistico-ricettive, il credito di imposta spetta in ogni caso fino al 31 dicembre 2020. In tale ipotesi il beneficio ha quindi una lunga durata comprendendo un arco temporale di ben dieci mesi. È necessario, però, che i predetti canoni siano pagati entro il termine del periodo d’imposta 2020.
In linea di principio è necessario che in ciascuno dei mesi di riferimento il locatario abbia subito una riduzione del fatturato di almeno il 50% rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente. Tuttavia, è stata prevista una deroga introdotta durante l’iter di conversione in legge del decreto. Infatti, il credito d’imposta spetta in ogni caso, indipendentemente dall’avvenuta diminuzione del fatturato, per i soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019.
Il credito d’imposta spetta in misura piena a condizione che l’ammontare dei ricavi relativi al periodo d’imposta precedente non abbia superato la soglia di 5 milioni di euro. In tal caso il bonus è pari al 60% del canone di locazione.
Invece, se l’immobile fa parte di un contratto di affitto di azienda, il credito risulta ridotto al 30%.
Per le strutture turistico-ricettive il credito d’imposta relativo all’affitto di azienda è più elevato e ammonta al 50% del canone corrisposto. Diversamente, se si supera il limite di ricavi, il credito d’imposta si riduce, rispettivamente, dal 60 al 20% e in caso di affitto di azienda dal 30 al 10%.
Non è necessario, invece, verificare l’eventuale superamento del limite di ricavi per le strutture alberghiere, termali, le agenzie di viaggio e turismo e i tour operator. Indipendentemente da tale ammontare, il credito d’imposta potrà essere in ogni caso utilizzato in misura piena.

Il decreto Ristori
L’art. 8 del decreto Ristori ha esteso l’ambito applicativo del bonus sulle locazioni.
L’estensione del beneficio è però subordinata alla sussistenza di alcuni specifici presupposti. Il contribuente che intende avvalersene deve esercitare le specifiche attività indicate nell’Allegato 1 del D.L. n. 137/2020 in esame. In tale ipotesi, per ottenere il credito d’imposta, non rileva l’ammontare dei ricavi o dei compensi di cui al periodo d’imposta precedente.
L’estensione riguarda anche il periodo temporale di riferimento. Infatti, questo nuovo bonus riguarderà i mesi di ottobre, novembre e dicembre. Le disposizioni si sovrappongono e, come detto, sarà estremamente agevole commettere errori.

Ad esempio
Si consideri l’attività svolta da un bar (codice ATECO 561030). Il contribuente avrà diritto ad un credito d’imposta del 60% dei canoni di locazione relativi ai mesi di marzo, aprile, maggio e giugno dell’anno 2020 se ha subìto un calo di fatturato del 50% nei mesi di riferimento.
Tale credito potrà essere fatto valere in misura piena se i ricavi dell’anno 2019 non hanno superato il limite di 5 milioni di euro.
Invece, per i mesi di luglio, agosto e settembre, non maturerà alcun credito.
Ora, invece, a seguito del decreto Ristori, il credito maturerà anche con riferimento ai canoni relativi ai mesi di ottobre, novembre e dicembre. La misura sarà quella piena del 60% indipendentemente dall’ammontare dei ricavi del 2019.
Tale ulteriore beneficio, cioè l’irrilevanza della soglia, riguarda unicamente gli ultimi mesi aggiunti e le attività di cui all’Allegato 1.
Viceversa, se il contribuente, non esercitasse alcuna delle attività comprese nel predetto allegato 1, il bonus sulle locazioni si fermerà al mese di giugno, non trovando applicazione alcuna estensione del periodo di riferimento.

Il decreto Ristori bis
L’art. 4 del decreto Ristori bis prevede un’ulteriore estensione del credito d‘imposta dal tenore analogo rispetto a quanto previsto dal primo decreto Ristori (D.L. n. 137/2020).
In tale ipotesi si fa riferimento alle attività di cui all’Allegato 2.
Ad esempio
Il bonus rinforzato potrà essere fatto valere da un contribuente che esercita l’attività di commercio al dettaglio di tessuti per l’abbigliamento. Tale attività non è infatti compresa nell’Allegato 1 del primo decreto Ristori. In tale ipotesi non è sufficiente verificare tale tipologia di attività, ma è altresì necessario che il contribuente operi in una Regione con un grave o elevato livello di rischio (zona rossa o arancione).
In tale ipotesi, viene prevista l’estensione del credito per i canoni di locazione relativi ai mesi di ottobre, novembre e dicembre dell’anno 2020. Anche in tale ipotesi, in considerazione del riferimento fatto all’art. 8 del D.L. n. 137/2020, il credito d’imposta spetterà in misura “piena” indipendentemente dall’ammontare dei ricavi conseguiti nel periodo d’imposta precedente. È dunque ininfluente la soglia di 5 milioni di euro di ricavi.
Invece, se il contribuente esercita l’attività in una Regione considerata “zona gialla”, il credito d’imposta si fermerà ai mesi di marzo, aprile, maggio e giugno dell’anno 2020.

Come slittano i versamenti di novembre: dal D.L. Agosto al D.L. Ristori bis

Si ritorna a parlare di sospensioni e proroghe dei versamenti delle imposte a causa del dilagare dell’epidemia da Coronavirus.
Ma ora, rispetto a quanto accaduto in primavera allorquando le sospensioni sono state generalizzate, perché generalizzato è stato il lockdown, si assiste ad una situazione a macchia di leopardo, con sostanziali differenze sia in merito ai soggetti interessati sia alla collocazione territoriale degli stessi.
A prevedere questa nuova stagione di sospensioni e proroghe è il decreto Ristori bis (D.L. n. 149/2020) che segue a pochi giorni il precedente decreto Ristori (D.L. n. 137/2020) con l’intento di dare un valido aiuto, in termini economici alle categorie che, a seguito dell’emanazione del D.P.C.M. 3 novembre 2020, sono state maggiormente penalizzate dalle nuove restrizioni.
Infatti, si ricorda, con questo D.P.C.M. l’Italia è stata divisa, a livello regionale, in tre aree (gialle, arancioni e rosse), prevedendo per le zone a maggior rischio epidemiologico (zone arancioni e rosse) alcune restrizioni graduate sino ad arrivare, per le zone rosse, ad un vero e proprio lockdown.
E con la stessa gradualità si applicano le nuove norme che si sintetizzano di seguito.

Slittamento acconto di novembre per i soggetti ISA
La prima misura riguarda l’acconto di novembre delle imposte dirette e dell’IRAP.
Premesso che nelle ultime settimane ci sono stati altri interventi in materia, il decreto Ristori bis interessa alcune categorie economiche che presentano determinati requisiti e che operano solo in alcune regioni d’Italia.
Andando nel dettaglio, la norma riguarda:
- le categorie economiche sono quelle elencate nell’allegato 1 del D.L. n. 137/2020, come integrato dal decreto Ristori bis (si tratta, tra gli altri, dei bar, ristoranti, pub, palestre, piscine, cinema);
- le categorie economiche elencate nell’allegato 2 del decreto tra cui il commercio rientrante nel settore non alimentare e non dei beni di prima necessità.
Dal punto di vista soggettivo, appartenere a una delle predette categorie non è sufficiente a godere della proroga.
Infatti, si deve trattare di soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA).
Inoltre, vi rientrano anche:
- i contribuenti che adottano il regime fiscale forfetario o di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità;
- i soggetti che partecipano a società, associazioni e imprese in regime di trasparenza fiscale, aventi i requisiti indicati per fruire della proroga;
- i soggetti che presentano cause di esclusione o di inapplicabilità dagli ISA (ad esempio, contribuenti che hanno iniziato o cessato l’attività nel corso del periodo d’imposta o che non si trovano in condizioni di normale svolgimento dell’attività).

Una volta definiti i soggetti interessati, per comprendere se possono o meno godere della proroga, occorre valutare la zona in cui operano.
Infatti, la norma si applica ai predetti soggetti che hanno domicilio fiscale o sede operativa nelle “aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto, individuate con le ordinanze del Ministro della Salute adottate ai sensi dell’articolo 3 del D.P.C.M. 3 novembre 2020”.
Quindi le attività devono essere ubicate nella zona rossa.

Inoltre, possono beneficiare della proroga anche gli esercenti l’attività di gestione di ristoranti con domicilio fiscale o sede nelle “aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di elevata gravità e da un livello di rischio alto individuate con le ordinanze del Ministro della Salute adottate ai sensi dell’articolo 2 del D.P.C.M. 3 novembre 2020” (si tratta della zona arancione).
Per tutti costoro, come anticipato, il versamento del secondo o unico acconto delle imposte sui redditi e IRAP dovuto entro il 30 novembre 2020 può essere effettuato entro il 30 aprile 2021 senza alcuna maggiorazione.

Da ricordare anche che resta in vigore la norma, contenuta nel decreto Agosto (art. 98, D.L. n. 104/2020) in base alla quale, per i soggetti ISA che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33% nel primo semestre dell’anno 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, è prorogato al 30 aprile 2021 il termine di versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi e dell’IRAP, dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019.
Per completezza, ai fini del calcolo dell’acconto, va detto che, con una norma contenuta nel decreto Liquidità (art. 20, D.L. n. 23/2020), con riferimento agli acconti d’imposta dovuti per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 (quindi acconti 2020), è stato disposto che non si applicano le sanzioni e gli interessi per omesso o insufficiente versamento delle somme dovute se l’importo versato non è inferiore all’80% della somma che risulterebbe dovuta a titolo di acconto sulla base della dichiarazione.

Sospensione versamenti ritenute, addizionali e IVA di novembre
L’altra novità che interessa i versamenti consiste nella sospensione delle imposte dovute dai sostituti sui redditi di lavoro dipendente, addizionali e IVA relativi al mese di novembre.
In particolare, è prevista la sospensione dei termini che scadono nel mese di novembre 2020 relativi:
a) ai versamenti relativi alle ritenute alla fonte su redditi di lavoro dipendente e assimilati (articoli 23 e 24, D.P.R. n. 600/1973) e alle trattenute relative all’addizionale IRPEF regionale e comunale, da parte dei soggetti che operano in qualità di sostituti d’imposta;
b) ai versamenti relativi all’IVA.
Poiché si parla di “termini che scadono nel mese di novembre 2020” si fa riferimento ai versamenti in scadenza a novembre, quindi, relativi alle ritenute di ottobre o all’IVA mensile di ottobre o del terzo trimestre, tutti in scadenza il 16 novembre.
La sospensione è valida fino al 16 marzo 2021, data entro la quale occorre versare l’intero importo (senza sanzioni e interessi) o, per chi opta per la rateazione, la prima delle 4 rate mensili.
Anche in questo caso, però la sospensione non vale per tutti i contribuenti. Infatti, la norma si applica ai soggetti che:
- esercitano le attività economiche sospese (art. 1, D.P.C.M. 3 novembre 2020) quali, ad esempio, palestre, piscine, musei, discoteche, giusto per citarne alcune, aventi domicilio fiscale, sede legale o sede operativa in qualsiasi area del territorio nazionale (quindi è indifferente che si tratti di zone rosse, arancioni o gialle);
- esercitano le attività dei servizi di ristorazione che hanno domicilio fiscale, sede legale o sede operativa nelle aree del territorio nazionale classificate come zone rosso o arancioni (individuate con le ordinanze del Ministro della salute adottate ai sensi degli articoli 2 e 3 del D.P.C.M. 3 novembre 2020);
- operano nei settori economici individuati nell’Allegato 2 al D.L., oppure esercitano l’attività alberghiera, l’attività di agenzia di viaggio o quella di tour operator, e che hanno domicilio fiscale, sede legale o sede operativa nelle aree del territorio nazionale classificate come zone rosse (art. 3, D.P.C.M. 3 novembre 2020).

DL Ristori bis le novità e rettifiche rispetto al Dl Ristori

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 9 novembre 2020 il decreto Ristori bis (D.L. n. 149/2020).
Il provvedimento, approvato a pochi giorni di distanza dal decreto Ristori (D.L. n. 137/2020), introduce ulteriori misure a sostegno dei settori più direttamente interessati dalle misure restrittive, adottate con i DPCM del 24 ottobre 2020 e del 3 novembre 2020, per la tutela della salute in connessione all’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Rideterminazione del contributo a fondo perduto del decreto Ristori
L’art. 1 modifica la disciplina del contributo a fondo perduto previsto dal decreto Ristori.
In particolare, viene sostituito l’allegato 1 del D.L. n. 137/2020. Con il nuovo allegato vengono ampliate le categorie di attività ammesse a beneficiare del contributo, comprendendo ora anche, tra le altre:
- ristorazione senza somministrazione con preparazione di cibi da asporto;
- gestione di apparecchi che consentono vincite in denaro funzionanti a moneta o a gettone:
- attività delle lavanderie industriali, traduzione e interpretariato, musei, bus turistici.
Viene inoltre aumentato di un ulteriore 50% il contributo previsto dal decreto Ristori per alberghi (codice Ateco 551000), gelaterie e pasticcerie, anche ambulanti (di cui ai codici Ateco 561030 e 561041), bar e altri esercizi simili senza cucina (codice Ateco 563000) con domicilio fiscale o sede operativa nelle aree del territorio nazionale, caratterizzate da uno scenario di elevata o massima gravità e da un livello di rischio alto (c.d. zone rosse o arancioni).

Contributi per le attività con sede nei centri commerciali
Con il comma 4 dell’art. 1, il contributo previsto dal D.L n. 137/2020 viene riconosciuto, per l’anno 2021, agli operatori con sede operativa nei centri commerciali e agli operatori delle produzioni industriali del comparto alimentare e delle bevande, interessati dalle nuove misure restrittive del DPCM del 3 novembre 2020.
A tal fine è istituito un fondo di 280 milioni di euro.
Il contributo:
- per i soggetti che svolgono come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO che rientrano nell’Allegato 1: sarà determinato entro il 30% del contributo a fondo perduto di cui all’articolo 1 del D.L. n. 137/2020;
- per i soggetti che svolgono come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO che non rientrano nell’Allegato 1: spetta alle condizioni stabilite ai commi 3 e 4 dell’articolo 1 del D.L. n. 137/2020 e sarà determinato entro il 30% del valore calcolato sulla base dei dati presenti nell’istanza trasmessa e dei criteri stabiliti dai commi 4, 5 e 6 dell’articolo 25 del decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020).
Il contributo verrà erogato dall’Agenzia delle Entrate previa presentazione di istanza secondo le modalità disciplinate dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate di cui al comma 11 dell’art. 1 del citato D.L. n. 137/2020.

Nuovo contributo a fondo perduto
L’art. 2 istituisce un nuovo contributo a fondo perduto a favore degli operatori dei settori economici interessati dalle misure restrittive introdotte con il DPCM del 3 novembre 2020.
L’indennizzo è riconosciuto ai soggetti che, alla data del 25 ottobre 2020, hanno la partita IVA attiva e che svolgono, come attività prevalente, una di quelle riferite ai codici ATECO riportati nell’Allegato 2 e hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nelle aree del territorio nazionale, caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto. Tra le attività ricomprese nell’Allegato 2, rientrano ad esempio i seguenti codici Ateco:
- 47.19.10 – Grandi magazzini;
- 47.19.90 – Empori ed altri negozi non specializzati di vari prodotti non alimentari;
- 47.51.10 – Commercio al dettaglio di tessuti per l’abbigliamento, l’arredamento e di biancheria per la casa;
- 47.54.00 – Commercio al dettaglio di elettrodomestici in esercizi specializzati;
- 47.71.10 – Commercio al dettaglio di confezioni per adulti;
- 47.81.01 – Commercio al dettaglio ambulante di prodotti ortofrutticoli;
- 47.82.02 – Commercio al dettaglio ambulante di calzature e pelletterie;
- 47.89.01 – Commercio al dettaglio ambulante di fiori, piante, bulbi, semi e fertilizzanti;
- 96.02.02 – Servizi degli istituti di bellezza;
- 96.02.03 – Servizi di manicure e pedicure;
- 96.09.02 – Attività di tatuaggio e piercing;
- 96.09.04 – Servizi di cura degli animali da compagnia (esclusi i servizi veterinari);
- 96.09.09 – Altre attività di servizi per la persona.
Il contributo non spetta ai soggetti che hanno attivato la partita IVA a partire dal 25 ottobre 2020.
Restano confermate le disposizioni di cui ai commi da 3 a 11 dell’art. 1 del D.L. n. 137/2020. Ai sensi di tale rimando:
- l’indennizzo spetta se l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi di aprile 2020 è inferiore ai due terzi di quello realizzato nello stesso mese dell’anno precedente (occorre far riferimento alla data di effettuazione delle operazioni) ovvero, per chi ha attivato la partita Iva dal 1° gennaio 2019, anche in assenza di tale condizione;
- per i soggetti che hanno già ricevuto il contributo a fondo perduto previsto dall’art. 25 del decreto Rilancio, il contributo sarà corrisposto dall’Agenzia delle Entrate mediante accreditamento diretto sul conto corrente bancario o postale sul quale è stato erogato il precedente contributo, mentre per i soggetti che non avevano percepito il precedente contributo, l’indennizzo sarà riconosciuto previa presentazione di apposita istanza all’Agenzia delle Entrate;
- l’importo del contributo non sarà superiore a 150.000 euro.

Credito d’imposta affitto
L’art. 4 estende ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2020 il credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda di cui all’art. 28, del decreto Rilancio alle imprese operanti nei settori riportati nell’Allegato 2, nonché alle imprese che svolgono le attività di cui ai codici ATECO 79.1, 79.11 e 79.12 che hanno la sede operativa nelle aree del territorio nazionale, caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto (zone rosse).
Cancellazione della seconda rata IMU

L’art. 5 prevede la cancellazione della seconda rata dell’IMU, che deve essere versata entro il 16 dicembre 2020, per gli immobili e le relative pertinenze in cui si esercitano le attività riferite ai codici ATECO riportati nell’Allegato 2, ubicati nei comuni delle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto (zone rosse). Per beneficiare dell’agevolazione, è richiesto che il proprietario dell’immobile sia gestore dell’attività che in esso viene esercitata.
Restano ferme le disposizioni del decreto Agosto (art. 78, D.L. n. 104/2020) in materia di esenzione IMU per i settori del turismo e dello spettacolo secondo cui non è richiesta corrispondenza tra proprietario dell’immobile e gestore dell’attività esercitata, e dell’art. 9 del D.L. n. 137/2020.

Proroga versamenti
Con l’articolo 6 viene precisato che la proroga al 30 aprile 2021 del termine per il versamento della seconda o unica rata dell’acconto delle imposte sui redditi e dell’IRAP dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, prevista dall’ articolo 98, comma 1, del decreto Agosto (D.L. n. 104/2020), per i soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale, operanti nei settori economici individuati nell’Allegato 1 e nell’Allegato 2, aventi domicilio fiscale o sede operativa nelle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto (zone rosse), ovvero esercenti l’attività di gestione di ristoranti, che operano nelle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di elevata gravità e da un livello di rischio alto (zone arancioni) si applica indipendentemente dalla diminuzione del fatturato o dei corrispettivi del primo semestre 2020.
La proroga si applica indipendentemente dalla diminuzione del fatturato o dei corrispettivi. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.

Sospensione dei versamenti per il mese di novembre
Per i soggetti che esercitano le attività economiche sospese ai sensi del DPCM del 3 novembre 2020, aventi domicilio fiscale, sede legale o sede operativa in qualsiasi area del territorio nazionale, per quelli che esercitano le attività dei servizi di ristorazione che hanno domicilio fiscale, sede legale o sede operativa nelle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di elevata o massima gravità e da un livello di rischio alto (zone arancioni e rosse), nonché per i soggetti che operano nei settori economici individuati nell’Allegato 2, ovvero esercitano l’attività alberghiera, l’attività di agenzia di viaggio o quella di tour operator, e che hanno domicilio fiscale, sede legale o sede operativa nelle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto (zone rosse), l’articolo 7 prevede la sospensione dei termini che scadono nel mese di novembre 2020 relativi:
a) ai versamenti relativi alle ritenute alla fonte e alle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, che i predetti soggetti operano in qualità di sostituti d’imposta;
b) ai versamenti relativi all’IVA.
I versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 16 marzo 2021 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 4 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 marzo 2021.

Sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali
A favore dei datori di lavoro privati appartenenti ai settori individuati nell’Allegato 1, l’art. 11 dispone la sospensione dei versamenti contributivi dovuti nel mese di novembre 2020. La predetta sospensione non opera relativamente ai premi per l’assicurazione obbligatoria INAIL.
È altresì sospeso il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti nel mese di novembre 2020, in favore dei datori di lavoro privati che abbiano unità produttive od operative nelle aree del territorio nazionale, caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto (zone rosse), appartenenti ai settori individuati nell’Allegato 2.
I pagamenti dei contributi previdenziali e assistenziali sospesi devono essere effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 16 marzo 2021 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 4 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 marzo 2021. Il mancato pagamento di 2 rate, anche non consecutive, determina la decadenza dal beneficio della rateazione.

Novità per la Cig Covid
L’art. 12 proroga al 15 novembre 2020 i termini di decadenza per l’invio delle domande di accesso alla Cig Covid e di trasmissione dei dati necessari per il pagamento o per il saldo che, in applicazione della disciplina ordinaria, si collocano tra il 1° e il 30 settembre 2020.
Viene inoltre previsto il riconoscimento dei trattamenti di integrazione salariale anche in favore dei lavoratori in forza al 9 novembre 2020 (data di entrata in vigore del decreto Ristori bis). Si estende così la cassa integrazione Covid anche agli assunti dopo il 13 luglio 2020.
Per le zone rosse nelle quali è stata disposta la chiusura delle scuole secondarie di primo grado, all’art. 13 viene riconosciuta, alternativamente ad entrambi i genitori di alunni delle suddette scuole, lavoratori dipendenti, nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile, la facoltà di astenersi dal lavoro per l’intera durata della sospensione dell’attività didattica in presenza, con il riconoscimento di un’indennità pari al 50% della retribuzione mensile.
Il successivo art. 14 invece, sempre per le regioni rosse nelle quali sia stata disposta la chiusura delle scuole secondarie di primo grado, introduce un bonus baby sitter da 1.000 euro, da utilizzare per prestazioni effettuate nel periodo di sospensione dell’attività didattica in presenza. La fruizione del bonus è riconosciuta alternativamente ad entrambi i genitori, nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile, ed è subordinata alla condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o altro genitore disoccupato o non lavoratore. Il bonus non è riconosciuto per le prestazioni rese dai familiari.
Sia il congedo straordinario (art. 13) che il bonus baby sitter (art. 14) sono riconosciuti anche ai genitori di figli con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge n. 104/1992, iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale, per i quali sia stata disposta la chiusura ai sensi dei DPCM del 24 ottobre 2020 e del 3 novembre 2020.

Fondo straordinario per il sostegno degli enti del Terzo settore
All’art. 15, al fine di far fronte alla crisi economica degli enti del Terzo settore, determinatasi in ragione delle misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, è istituito il “Fondo straordinario per il sostegno degli enti del Terzo settore”, con una dotazione di 70 milioni di euro per l’anno 2021, per interventi in favore:
- delle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali e delle province autonome di cui alla legge, n. 266/1991;
- delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano di cui all’articolo 7 della legge n. 383/2000;
- delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10 del D.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460/1997, iscritte nella relativa anagrafe.
I criteri di ripartizione delle risorse del fondo tra le Regioni e le Province autonome, anche al fine di assicurare l’omogenea applicazione della misura su tutto il territorio nazionale, saranno fissati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi previa intesa in sede di Conferenza Stato – Regioni.
Esonero contributivo

A favore delle aziende appartenenti alle filiere agricole, della pesca e dell’acquacoltura, comprese le aziende produttrici di vino e birra, che svolgono le attività identificate dai codici ATECO di cui all’Allegato 3, l’art. 21 riconosce l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, per la quota a carico dei datori di lavoro, anche per la mensilità relativa a dicembre 2020 (in aggiunta alla mensilità di novembre prevista dal decreto Ristori).
Ulteriori disposizioni

Contributi per prodotti di quarta gamma
Al fine di far fronte alla crisi di mercato dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma e di quelli della cosiddetta prima gamma evoluta (ossia freschi, confezionati, non lavati e pronti per il consumo), conseguente alla diffusione del virus COVID-19, l’art. 22 – riscrivendo completamente l’articolo 58-bis del decreto Agosto (D.L. n. 104/2020) – istituisce un contributo a favore delle organizzazioni dei produttori ortofrutticoli riconosciute ed alle loro associazioni per far fronte alla riduzione del valore della produzione commercializzata verificatasi nel periodo di vigenza dello stato di emergenza rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.
Il contributo è concesso, nel limite complessivo di spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2020, per la raccolta prima della maturazione o la mancata raccolta dei prodotti ortofrutticoli destinati alla quarta gamma ed alla prima gamma evoluta, sulla base delle informazioni disponibili nel fascicolo aziendale e nel registro dei trattamenti di cui al D.lgs. n. 150/2012.
Il contributo sarà pari alla differenza tra l’ammontare del fatturato del periodo da marzo a luglio 2019 e l’ammontare del fatturato dello stesso periodo dell’anno 2020 e sarà ripartito dalle organizzazioni ed associazioni beneficiarie tra i soci produttori in ragione della riduzione di prodotto conferito.
Nel caso di superamento del limite complessivo di spesa, l’importo del contributo è ridotto proporzionalmente tra i soggetti beneficiari.
I criteri e le modalità di erogazione del contributo saranno definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali da emanarsi, sentite le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
Differimento entrata in vigore class-action
L’art. 26 proroga di 6 mesi l’entrata in vigore della riforma della class action (legge n. 31/2019).

Disposizioni a favore dei lavoratori sportivi
All’art. 28 viene precisato che, ai fini dell’erogazione dell’indennità di 800 euro in favore dei lavoratori impiegati con rapporti di collaborazione presso il CONI, il Comitato Italiano Paralimpico, le federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI e dal CIP, le società e associazioni sportive dilettantistiche di cui all’art. 17 del decreto Ristori (D.L. n. 137/2020), si considerano cessati a causa dell’emergenza epidemiologica tutti i rapporti di collaborazione scaduti alla data del 31 ottobre 2020 e non rinnovati.

IMU non tassato il diritto edificatorio compensativo. Cassazione sezioni unite n. 23902/2020.

Va stabilito che “un’area, prima edificabile e poi assoggettata ad un vincolo di inedificabilità assoluta, non è da considerare edificabile ai fini ICI ove inserita in un programma attributivo di un diritto edificatorio compensativo, dal momento che quest’ultimo non ha natura reale, non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità intrinseca ed è trasferibile separatamente da esso”.
Questo l’importante principio (o la somma di principi) di diritto cui giunge la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza numero 23902 del 29 ottobre 2020.
Nello specifico la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva affermato l’imponibilità Ici dell’area in questione, ancorché quest’ultima fosse stata privata della propria originaria edificabilità, e nonostante il programma di compensazione urbanistica adottato dal Comune non si fosse ancora completato mediante l’esatta individuazione dell’area di fruizione compensativa della volumetria.
Si verte, in sostanza, in tema di imposizione Ici nel periodo (c.d. di “volo”), successivo all’imposizione del vincolo assoluto (parco pubblico) sull’area originaria, ma antecedente alla certa individuazione ed assegnazione dell’area di sfruttamento compensativo.
La conclusione del giudizio era molto attesa e tuttavia non del tutto scontata; le complesse motivazioni scritte dai giudici di legittimità ne sono la riprova. La sentenza è molto articolata ed offre spunti per rilasciare anche commenti su fattispecie analoghe e per ampliare la panoramica di diritto ben oltre il dispositivo indicato in premessa.
Importante anche rilevare da subito che la fattispecie, sebbene riferita al periodo di imposta 2005 e quindi all’Ici, è perfettamente calzante ai fini IMU, lo dicono gli stessi Giudici come sarà di seguito evidenziato.
In assenza di precedenti specifici di legittimità sull’imposizione Ici in caso di “compensazione urbanistica” sussistevano taluni precedenti (Cass.n. 27575/18; 15693- 15700/17) concernenti analogo problema in fattispecie di “perequazione urbanistica”, “per effetto della quale viene attribuito un valore edificatorio uniforme a tutte le proprietà destinate alla trasformazione di uno o più ambiti del territorio comunale, a prescindere dall’effettiva localizzazione dei diritti edificatori, trasferibili e negoziabili separatamente dal suolo (…)” (Cass.n. 27575/18 cit.), i quali hanno concluso per l’effettivo assoggettamento ad Ici dell’area di partenza, in applicazione del principio per cui il presupposto oggettivo di questo tributo può essere individuato anche soltanto nella “mera potenzialità edificatoria” dell’area, secondo quanto già stabilito da Cass.SS.UU.n.25506/06, ed altre conformi.
Secondo quanto affermato dalla Sezione Tributaria della Cassazione almeno fino al 2015 (Cass.nn. 25672/08; 5992/15) l’apposizione sull’area di un vincolo di destinazione a servizio pubblico o di interesse pubblico, ovvero a verde pubblico attrezzato, oppure impedire ai privati tutte quelle trasformazioni del suolo riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, escludevano la “fabbricabilità” e dunque la tassabilità dell’area. A partire dal 2015, è invece andato consolidandosi, all’interno della sezione, l’opposto orientamento, in base al quale l’apposizione di vincoli di destinazione, ancorché indubbiamente incidenti sul valore venale dell’immobile, non costituisce(va) fattispecie tale da farne venir meno l’originaria natura edificabile (Cass.n. 17764/18, 23814/16; 14763/15).
Affermano però i giudici nella sentenza 23902 che la soluzione della imponibilità ICI/IMU in ragione della mera potenzialità edificatoria susciterebbe qualche perplessità, specie a fronte dei nuovi strumenti, variamente previsti dalle normative regionali, della perequazione, della compensazione e dell’incentivazione urbanistica, destinati a sostituire lo schema classico della c.d. “zonizzazione”; qualora si attribuisse ai diritti edificatori in questione natura obbligatoria, ben difficilmente se ne potrebbe ammettere l’imponibilità Ici/Imu, essendo quest’ultimo un tipico tributo di natura reale che presuppone l’edificabilità. Ciò avverrebbe (la tassazione) solo in forza della conclusione del procedimento compensatorio; sicché fino a tale momento non esisterà l’edificabilità di alcuna area, ma soltanto una mera possibilità futura di edificabilità, neppure certa nell’an e nel quando”; mancando i requisiti, richiesti dalla norma tributaria, dell’attualità, realità e localizzazione della capacità edificatoria, le aree di compensazione non sembrano poter essere assimilate a quelle fabbricabili indicate dalla normativa Ici/Imu, neppure sotto il profilo di una loro “potenzialità.
Si verifica, nella specie, l’attribuzione di un “credito” compensativo di natura indennitaria suscettibile di essere fruito su un’altra area (di “atterraggio”) la cui identificazione può tuttavia avvenire anche molto tempo dopo l’imposizione del vincolo sull’area di origine, con le conseguenti problematiche circa la configurabilità non soltanto del presupposto oggettivo dell’Ici, ma anche di quello soggettivo.
Altra importante considerazione della Suprema Corte è circa la nozione di fabbricabilità o edificabilità di un’area, seppure applicata ad esclusivi fini tributari, che pone un problema, se non di obbligata uniformità, quantomeno di raffronto e raccordo sistematico con i principi propri della disciplina amministrativa ed urbanistica che regolano la sorte dei suoli. Ci si trova di fronte infatti a una serie di Istituti che trovano una regolamentazione estremamente variegata, sul piano strettamente urbanistico, nella legislazione regionale. Il comune denominatore dei diritti edificatori in questione è dato – al di là dei menzionati obiettivi di politica generale nel governo del territorio – dalla loro riconosciuta scorporabilità dal terreno che li ha originati, e dalla conseguente loro autonoma cedibilità negoziale.
Nel caso dell’urbanistica perequativa, si ha distribuzione paritetica e proporzionale – tra tutti i proprietari di un determinato ambito territoriale o lotto – tanto del vantaggio costituito dalla edificabilità, quanto dell’onere di contribuzione ai costi di riqualificazione, urbanizzazione e realizzazione di aree a servizi di pubblica utilità o verde. In questo modo, a tutti i suoli dell’ambito territoriale di intervento viene riconosciuto un valore edificatorio costante, indipendentemente dalla effettiva e specifica collocazione, all’interno di esso, dei fabbricati assentiti; collocazione che, stante appunto l’effetto distributivo-perequativo, risulta in definitiva indifferente per i singoli proprietari, i cui terreni saranno comunque destinatari di una quota uguale di edificabilità.
Nel caso della compensazione urbanistica la P.A. attribuisce al proprietario un indice di capacità edificatoria (credito edilizio o volumetrico) fruibile su altra area di proprietà pubblica o privata, non necessariamente contigua e di anche successiva individuazione; ciò a fronte della cessione gratuita dell’area oggetto di trasformazione pubblica, ovvero di imposizione su di essa di un vincolo assoluto di inedificabilità o preordinato all’esproprio.
Il diritto edificatorio proveniente da interventi compensativi può trovare fondamento, ad esempio in ordine alla sua quantificazione, nel piano regolatore generale, ma viene assegnato (ed è dunque trasferibile tra privati) solo all’esito della cessione dell’area o dell’imposizione del vincolo; trattandosi di un istituto con funzione corrispettiva o indennitaria di un’edificabilità soppressa, esso risulta indifferente alle successive variazioni di piano.
Nel caso del diritto edificatorio di origine compensativa, è quindi particolarmente evidente la progressività dell’iter perfezionativo della fattispecie, dal momento che quest’ultima si articola – seguendo la metafora aviatoria utilizzata in materia dagli urbanisti – in una fase (o area) di “decollo”, costituita dall’assegnazione del titolo volumetrico indennitario al proprietario che ha subito il vincolo; di una fase (o area) di “atterraggio”, data dalla individuazione ed assegnazione del terreno sul quale il diritto edificatorio può essere concretamente esercitato; di una fase di “volo” rappresentata dall’arco temporale intermedio durante il quale l’area di “atterraggio” ancora non è stata individuata, e pur tuttavia il diritto edificatorio è suscettibile di circolare da sè.
Ciò che sembra rappresentare un ostacolo davvero invalicabile nell’affermare la natura reale del diritto edificatorio in questione per la Corte di Cassazione, è il suo totale distacco dal fondo di origine e la sua conseguente perfetta ed autonoma ambulatorietà.
Non può negarsi che la fattispecie presenti una (necessaria) duplice connessione fondiaria nel richiedere che il diritto edificatorio scaturisca da un terreno (di decollo) per poi essere esercitato su un altro terreno (di atterraggio); ma si tratta di una connessione funzionale estrinseca e non ricostruibile in termini di realità, dal momento che il diritto, o credito, edificatorio che dir si voglia – proprio per lo scopo compensativo e l’autonomia che gli sono coessenziali – non è inerente né immediatamente pertinente al fondo di partenza, di cui neppure costituisce una qualità intrinseca atta ad essere economicamente valorizzata solo nel trasferimento congiunto con esso.
Il difetto di inerenza in senso giuridico (tanto civilistico quanto tributario) si evidenzia in maniera addirittura eclatante in quello che è il segmento più critico, e rivelatore, della fattispecie, appunto quello del “volo”; allorquando il diritto di costruire non può più essere esercitato sul fondo di origine, e non può ancora essere esercitato sul fondo di destinazione perché non ancora assegnato né, forse, individuato. Anche questa considerazione dei giudici di legittimità, esaminata nel contesto della Sentenza, pare escludere la tassabilità delle aree a compensazione anche qualora le aree di “atterraggio” siano state individuate, ma l’iter urbanistico non sia ancora perfezionato. Si afferma che nella fattispecie in esame non si giungerebbe ad una soluzione diversa dalla non tassabilità neppure in quei casi nei quali (come pure è ipotizzabile) il controvalore economico del diritto edificatorio risultasse invece di fatto facilmente accertabile ed anche di significativa consistenza perché, al contrario, intercettato in una annualità di avvenuta o imminente individuazione di tutti gli elementi satisfattivi della compensazione edificatoria (area di atterraggio; volumetria edificabile; tempi di edificazione, oneri di urbanizzazione ecc…). Ciò perché se è vero che anche la “sola” attribuzione di un diritto edificatorio compensativo incrementa (alla stessa maniera del ‘solo’ avvio della procedura amministrativa di edificabilità) il patrimonio del proprietario del suolo con l’obiettivo di reintegrarlo in tutto o in parte al livello antecedente alla inedificabilità, è anche vero che questa misurazione può risultare addirittura impossibile, essendo il più delle volte ignota l’area di destinazione, ed imprevedibili i tempi (spesso notoriamente assai lunghi) della sua effettiva assegnazione da parte della PA.
In definitiva, ciò che osta alla tassazione dell’area (o del diritto) non è la difficoltà di stima – e neppure la non irragionevole eventualità che, in considerazione dell’alto grado di indeterminatezza della fattispecie di assegnazione sostitutiva dell’ edificabilità, il valore economico del diritto edificatorio possa risultare per molte annualità di fatto pari o prossimo allo zero – quanto l’ontologica autonomia giuridica ed economica del diritto edificatorio rispetto al suolo dal quale emana.
In altre parole non è un problema di base imponibile ma di presupposto dell’imposizione.
Ai giudici di legittimità non è sfuggita l’attualità della Sentenza tanto che, sebbene non fosse necessario, hanno precisato che la disciplina Ici (oggetto di giudizio di rimessione) funge, nell’ambito della fiscalità locale, da matrice di riferimento anche per i tributi che si sono ad essa succeduti (d.lgs.23/2011, I. 147/2013, Iuc-Tasi; l.160/2019, nuova Imu) e che hanno accolto la medesima nozione di area fabbricabile; la fattispecie impositiva è incentrata, da un lato, sulla tassativa ed esaustiva elencazione dei beni immobili colpiti (fabbricati, aree fabbricabili, terreni agricoli) e, dall’altro, su una relazione di realità con tali immobili. E’ vero, si segnala, che la disciplina dell’Ici conosce anche sconfinamenti tanto in senso personalistico (come nel regime delle esenzioni di cui all’articolo 7 d.lgs.504/92, talvolta facente richiamo non alle caratteristiche oggettive del bene immobile ma alla qualità soggettiva del suo possessore), quanto in senso obbligatorio (come nell’imposizione a carico dell’utilizzatore in leasing, ex articolo 3, co.2^ I.cit.), e tuttavia si tratta di previsioni di natura eccezionale e derogatoria rispetto agli elementi costitutivi generali del tributo che, dal punto di vista tanto della legittimazione soggettiva passiva (proprietario o titolare di diritto reale su l’immobile), quanto del presupposto obiettivo (possesso di fabbricati, aree fabbricabili, terreni agricoli) fanno inequivoco riferimento al sostrato reale dell’imposta.
Per concludere si fa cenno che nel corso della Sentenza, in fase di esame dei vari diritti edificatori propriamente detti, ci si riferisce anche alla “cessione di cubatura”; in tal caso il trasferimento (totale o parziale) della capacità edificatoria del fondo avviene – tra privati – a favore di un’area fin dall’inizio ben determinata, se non necessariamente contigua quantomeno prossima, e di destinazione urbanistica omogenea. Viene, infatti, segnalato che si tratta di questione sulla quale le SSUU dovranno prossimamente tornare a seguito dell’ordinanza di rimessione recentemente emessa dalla Sezione Tributaria (n.19152 del 15 settembre 2020). Non è escluso che parte del giudizio sia già stato anticipato nelle motivazioni di cui si è detto sopra.