Le principali misure del Decreto Rilancio (in sintesi)

Approda in Gazzetta Ufficiale n. 128 del 19 maggio 2020 il decreto Rilancio (D.L. 19 maggio 2020 n. 34).
Una maxi manovra composta da oltre 250 articoli e con uno stanziamento complessivo di risorse in deficit pari a 55 miliardi di euro.

Misure fiscali
Tra le numerose misure in ambito fiscale, la cancellazione della rata IRAP di giugno (saldo 2019 e 1^ acconto 2020) per le imprese con un volume di ricavi fino a 250 milioni e i lavoratori autonomi con un corrispondente volume di compensi. Resta fermo l’obbligo di versamento degli acconti per il periodo di imposta 2019.

Prevista l’abolizione del versamento della prima rata dell’IMU in scadenza alla data del 16 giugno 2020 per gli alberghi, le pensioni, gli stabilimenti balneari, marittimi, lacuali e fluviali.

Proroga al 16 settembre del termine per i versamenti di imposte e contributi già sospesi per i mesi di marzo, aprile e maggio e sospensione dei pagamenti relativi agli avvisi bonari e agli avvisi di accertamento.

Istituito un superbonus da 110% per interventi di riqualificazione energetica e antisismica, con la possibilità di cedere il credito maturato alle banche o di chiedere lo sconto in fattura all’impresa che realizza i lavori.

Slitta al 1° gennaio 2021 l’entrata in vigore di plastic tax e sugar tax e dell’obbligo del registratore telematico.

Per tutto il 2020, i beni e dispositivi medici e di protezione individuale (come ventilatori polmonari, mascherine e altri presidi per la sicurezza dei lavoratori degli stessi beni) saranno venduti senza IVA, mentre dal 2021 verrà applicata l’aliquota del 5%.

Stop della tassa sul suolo pubblico per bar e ristoranti e cancellazione definitiva delle cosiddette “clausole di salvaguardia” che prevedono aumenti automatici delle aliquote IVA e delle accise su alcuni prodotti carburanti.

Misure per il lavoro
Viene esteso a 5 mesi il termine entro il quale sono vietati i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e quelli collettivi e sono sospese le procedure in corso.
Il decreto introduce anche misure di semplificazione in materia di ammortizzatori sociali, consentendo ai datori di lavoro che non anticipano i relativi trattamenti, di richiedere il pagamento diretto della prestazione da parte dell’INPS.
Prevista inoltre una sanatoria per il lavoro irregolare in agricoltura, servizi assistenza alla persona e domestici.
Si consente inoltre ai cittadini stranieri disoccupati ma precedentemente occupati nei suddetti settori, con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, di richiedere un permesso di soggiorno temporaneo, valido solo nel territorio nazionale, della durata di mesi 6 dalla presentazione dell’istanza.
Si proroga fino ad un massimo di 30 giorni i congedi parentali per genitori lavoratori dipendenti del privato con figli di età non superiore a 12 anni che riceveranno un’indennità al 50% della retribuzione.
Previsto inoltre l’aumento del bonus baby sitting, che passa da 600 euro a 1.200 euro (per i comparti sicurezza, difesa e soccorso pubblico e per il settore sanitario pubblico e privato il limite massimo è aumentato a 2.000 euro), che può essere utilizzato per l’iscrizione ai servizi socio-educativi territoriali, ai centri con funzione educativa e ricreativa e ai servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia.
Il decreto prevede anche che fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di 14 anni, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali. Per i datori di lavoro pubblici, la modalità di lavoro agile può essere applicata a ogni rapporto di lavoro subordinato.
Aumentati inoltre a 12 giornate i permessi retribuiti usufruibili per chi dispone della legge 104 per l’assistenza di un familiare nei mesi di maggio e giugno 2020.
Per sostenere i nuclei familiari in condizioni di necessità economica in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, si introduce il reddito di emergenza, erogato dall’INPS in due quote, ciascuna pari all’ammontare di 400 euro. Possono beneficiare del Rem i soggetti che hanno residenza in Italia, un reddito familiare inferiore al Rem spettante, patrimonio mobiliare familiare 2019 inferiore a 10.000 e massimo 20.000 euro e Isee inferiore a 15.000 euro. Le domande per il Rem devono essere presentate entro il termine del mese di giugno 2020.

Misure agevolative
In tema di incentivi ed agevolazioni, si segnala una dote di oltre 6 miliardi destinata ai contributi a fondo perduto per le imprese e i lavoratori autonomi con fatturato fino a 5 milioni di euro e che nel mese di aprile 2020 avuto un calo di fatturato del 33%.

Rinnovato il bonus autonomi confermato a 600 euro per aprile e che salirà a 1000 euro a maggio.

A favore dei soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, che abbiano subito nei mesi di marzo, aprile e maggio una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente, viene istituito un credito d’imposta del 60% dell’ammontare mensile del canone di locazione di immobili a uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo. Il credito è destinato ai soggetti con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro. Alle strutture alberghiere spetta indipendentemente dal volume di affari registrato.

Previsti inoltre incentivi per imprese, professionisti ed enti del terzo settore per l’adozione di misure per il contenimento e il contrasto della diffusione Coronavirus negli ambienti di lavoro.

Prorogato inoltre dal 30 giugno 2020 al 31 dicembre 2020 il termine per la conclusione degli investimenti ammissibili al super ammortamento 2019, per il quali, entro il 31 dicembre 2019, l’ordine sia stato accettato dal venditore e siano stati pagati acconti per almeno il 20% del costo.

Istituito poi un bonus vacanze per le famiglie con un reddito non superiore ai 40.000 euro.

Il CNDCEC forte critica al mancato rinvio dei termini di pagamento delle imposte a giugno

Il CNDCEC ha pubblicato un comunicato stampa in data 20 maggio 2020 riguardante il DL Rilancio.
I Commercialisti hanno evidenziato come sia inaccettabile che in una manovra mai vista prima in termini di risorse stanziate, non si trovi il modo di prorogare i versamenti relativi alle dichiarazioni in scadenza il prossimo mese di giugno e di sbloccare la compensazione dei crediti IRPEF maturati nel 2019, dando la possibilità di monetizzarli anche prima della presentazione delle dichiarazioni.
Il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani, ha sottolineato come sia singolare se si pensa che l’anno scorso bastò il ritardo nel rilascio dei nuovi ISA accumulato dalle strutture dell’Amministrazione finanziaria a convincere il legislatore a concedere la proroga dei versamenti legati alle dichiarazioni.
Il presidente dei commercialisti critica duramente anche l’esclusione dei liberi professionisti dall’accesso ai contributi a fondo perduto. Il nuovo Decreto ha incredibilmente escluso tutti i liberi professionisti iscritti alle casse previdenziali autonome dall’accesso al contributo a fondo perduto, relegandoli ancora una volta nel Fondo di ultima istanza.
L’auspicio è che la politica si renda conto di quale assurda disparità di trattamento tra partite Iva stia mettendo in campo.
In linea generale, emerge ancora una volta un problema di carattere più generale che è quello della crescente approssimazione nella scrittura delle norme, che pregiudica irrimediabilmente la chiarezza della legislazione. Approssimazione tanto più grave se si considera il forte ritardo con cui il DL Rilancio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale rispetto alla sua approvazione in Consiglio dei ministri e, quel che più conta, alle reali esigenze del Paese.
Infatti, è emblematico il modo con cui sono stati regolati non solo i termini di decadenza/prescrizione dell’attività di accertamento e riscossione degli Uffici ma anche la sospensione (e ora anche proroga) dei termini processuali.
Il Decreto “Rilancio” interviene nuovamente su questi termini trascurando il coordinamento con quanto già disposto sul punto con il Decreto “Cura Italia”, rendendo così il quadro complessivo ancor più inestricabile, con pregiudizio dei diritti del contribuente.

I NUOVI TERMINI DI PAGAMENTO ALL’AGENTE RISCOSSIONE DOPO IL DECRETO RILANCIO

L’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha pubblicato sul proprio portale le novità del Decreto Rilancio che riguardano l’attività di riscossione.
Il Decreto Legge 34/2020 (“Decreto Rilancio”) è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 19 maggio 2020 – Suppl. Ordinario n. 21, e contiene “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”.
Con riferimento alle cartelle è stato previsto il differimento al 31 agosto 2020 del termine “finale” di sospensione del versamento di tutte le entrate tributarie e non tributarie derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di addebito e avvisi di accertamento affidati all’Agente della riscossione, in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo e il 31 agosto 2020.
I pagamenti sospesi dovranno essere effettuati entro il mese successivo alla scadenza del periodo di sospensione e, pertanto, entro il 30 settembre 2020.
Con riferimento alla rottamazione ter, per i contribuenti che sono in regola con il pagamento delle rate scadute nell’anno 2019 della “Rottamazione-ter”, “Saldo e stralcio” e della “Definizione agevolata delle risorse UE”, il mancato, insufficiente o tardivo pagamento alle relative scadenze delle rate da corrispondere nell’anno 2020, non determina la perdita dei benefici delle misure agevolate se il debitore effettuerà comunque l’integrale versamento delle stesse entro il 10 dicembre 2020.
Per i piani di dilazione già in essere alla data dell’8 marzo 2020 e per i provvedimenti di accoglimento delle richieste presentate fino al 31 agosto 2020, la decadenza del debitore dalle rateazioni accordate si determina nel caso di mancato pagamento di dieci rate, anche non consecutive (invece delle cinque rate ordinariamente previste).
Inoltre è stato previsto il differimento al 31 agosto 2020 del termine “finale” di sospensione delle attività di notifica di nuove cartelle e degli altri atti di riscossione e la sospensione fino al 31 agosto 2020 degli obblighi derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati prima della data di entrata in vigore del decreto su stipendi, salario o altre indennità relative al rapporto di lavoro o impiego, nonché a titolo di pensioni e trattamenti assimilati; a partire dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 31 agosto 2020, le somme oggetto di pignoramento non devono essere sottoposte ad alcun vincolo di indisponibilità ed il soggetto terzo pignorato deve renderle fruibili al debitore; ciò anche in presenza di assegnazione già disposta dal giudice dell’esecuzione.
Infine, è stata prevista la sospensione dall’8 marzo al 31 agosto 2020, delle verifiche di inadempienza da parte delle Pubbliche Amministrazioni, prima di disporre pagamenti di importo superiore a cinquemila euro. Le verifiche già effettuate restano prive di qualunque effetto se, alla data di entrata in vigore del “Decreto Rilancio”, l’Agente della riscossione non ha notificato il pignoramento.

CIRCOLARE NUMERO 9-2020 DI ASSONIME SULLE RITENUTE NEGLI APPALTI DI MANODOPERA

Assonime ha emanato la circolare n. 9 del 20 maggio 2020, riguardante ritenute e compensazioni in appalti e subappalti per il contrasto dell’illecita somministrazione di manodopera.
La tematica è particolarmente importante ed attuale in quanto è stata introdotta dal DL n. 124 del 2019 al fine di contrastare l’omesso o insufficiente versamento di ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente, anche mediante indebita compensazione tramite l’utilizzo di crediti IVA inesistenti.
Il nuovo articolo 17-bis del d. lgs. n. 241 del 1997, al comma 1, come introdotto dal decreto fiscale 2019, ha previsto a carico dei committenti di opere o servizi che affidano il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a euro 200.000 a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, l’obbligo di richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarle, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute trattenute dall’impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio.
Al fine di consentire al committente il riscontro dell’ammontare complessivo degli importi versati dalle imprese, entro i cinque giorni lavorativi successivi alla scadenza del versamento, l’impresa appaltatrice o affidataria e le imprese subappaltatrici devono trasmettere al committente e, per le imprese subappaltatrici, anche all’impresa appaltatrice le deleghe e un elenco nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell’esecuzione di opere o servizi affidati dal committente, con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell’opera o del servizio affidato, l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione e il dettaglio delle ritenute fiscali eseguite nel mese precedente nei confronti di tale lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente.
Dunque, sui committenti vi è l’onere di controllare il corretto versamento delle ritenute da parte delle imprese appaltatrici, e nel caso in cui vi siano irregolarità, i committenti dovranno non solo sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dalle imprese appaltatrici, ma avranno anche l’onere di darne comunicazione all’ufficio delle entrate competente per territorio nei confronti degli stessi committenti.

Come espressamente previsto queste norme trovano applicazione dal 1° gennaio 2020, con riferimento anche ai contratti di appalto, affidamento o subappalto stipulati in un momento antecedente al 1° gennaio 2020.
Di conseguenza, rientrano nel campo di applicazione della nuova normativa le ritenute operate sugli emolumenti di competenza gennaio 2020 (i cui versamenti sono eseguiti nel mese di febbraio 2020); viceversa, le ritenute sugli emolumenti dell’anno 2019 corrisposti a gennaio 2020, “cassa allargata”, non rientrano nel campo di applicazione del nuovo articolo 17-bis.

Occorre evidenziare che l’Agenzia delle Entrate ha chiarito con la circolare n. 8/E del 3 aprile 2020, in riferimento al DL 18 del 2020 che solo per le categorie di soggetti che hanno beneficiato della sospensione del versamento delle ritenute sono sospesi gli obblighi di versamento e conseguentemente sono sospesi i controlli previsti a carico del committente in materia di ritenute e compensazioni in appalti e subappalti.
Successivamente il Decreto Liquidità n. 23 del 2020 è intervenuto sulle sospensioni dei termini di versamento ampliando i soggetti che possono usufruire delle sospensioni per i versamenti in autoliquidazione, in scadenza nei mesi di aprile e maggio 2020, delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e autonomo, dell’IVA, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria.

Il nuovo impianto normativo si applica ai committenti che rivestono la qualifica di sostituti d’imposta fiscalmente residenti in Italia e che affidano il compimento di opere e servizi alle condizioni indicate dalla norma, quali:
-enti e società di cui all’articolo 73, comma 1, del TUIR;
-società e associazioni di cui all’articolo 5 del TUIR;
-persone fisiche che esercitano imprese commerciali;
-persone fisiche che esercitano arti e professioni;
-curatore fallimentare e commissario liquidatore;
La normativa fa espressamente riferimento anche al condominio.
Di contro sono esclusi:
-i soggetti non residenti senza stabile organizzazione in Italia;
-i condomìni che non detengono in qualunque forma beni strumentali, in quanto non possono esercitare alcuna attività d’impresa o agricola o attività professionale;
-gli enti non commerciali (enti pubblici, associazioni, trust ecc.) limitatamente all’attività istituzionale di natura non commerciale svolta.

Rispetto ai nuovi obblighi, l’impresa appaltatrice deve versare le ritenute, da essa trattenute sulle retribuzioni dei lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio, con deleghe distinte per ciascun committente, senza possibilità di compensazione.
Inoltre deve consegnare al committente copia delle deleghe di pagamento, entro 5 giorni dalla scadenza del versamento e deve predisporre e consegnare al committente un prospetto nel quale va indicato l’elenco nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell’esecuzione di opere e servizi affidati dal committente.
Specularmente il committente deve controllare che le ritenute fiscali siano state versate dall’impresa appaltatrice senza avvalersi della compensazione e deve controllare i documenti trasmessi.
Se l’impresa appaltatrice non provvede all’obbligo di trasmettere al committente le deleghe di versamento relative alle ritenute e la documentazione relativa ai lavoratori impiegati, o se dai controlli effettuati dal committente risulta l’omesso o l’insufficiente versamento delle ritenute fiscali rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa, scatta il blocco dei pagamenti.

In caso di inottemperanza agli obblighi, il committente è tenuto al versamento di una somma pari alla sanzione irrogata all’impresa appaltatrice o affidataria o subappaltatrice per la non corretta determinazione ed esecuzione delle ritenute, nonché per il tardivo versamento delle stesse, senza possibilità di compensazione.
Desta per Assonime qualche perplessità il fatto che secondo l’Agenzia delle Entrate la sanzione è da considerarsi una sanzione amministrativa non tributaria in quanto non strettamente correlata alla violazione di norme disciplinanti il rapporto fiscale.

Decreto Rilancio: stop al saldo IRAP 2019 (ma per pochi) e al 1^ acconto 2020 (forse).

Nel decreto Rilancio (ancora non disponibile nella versione definitiva) trovano spazio anche disposizioni in materia di versamento dell’IRAP: non è dovuto – si legge nel provvedimento – il versamento del saldo IRAP 2019.
Alla luce delle indicazioni di cui alla norma, il vantaggio consiste nell’abbuono del saldo relativo al periodo di imposta 2019. Conseguentemente se, come si verifica solitamente, il contribuente ha già versato integralmente, con i due acconti di giugno e novembre 2019, l’intera IRAP relativa all’anno 2019, il risparmio di imposta è praticamente pari a zero.
I due acconti scaduti “coprono,” a seguito di espressa previsione normativa, il 100% dell’imposta. Conseguentemente, se tali versamenti sono stati eseguiti regolarmente e il valore della produzione relativo al periodo di imposta 2019 non risulta incrementato rispetto al periodo di imposta precedente, il saldo, come anticipato, risulterà essere pari a zero. Il contribuente non ricaverà alcun vantaggio fiscale dalla nuova disposizione.
L’unico caso in cui il contribuente potrà beneficiare di un risparmio d’imposta riguarderà l’ipotesi in cui il valore della produzione relativo all’anno 2019 risulterà incrementato, rispetto al precedente periodo 2018. In tale ipotesi il vantaggio fiscale sarà rappresentato dall’applicazione dell’aliquota IRAP sull’incremento del valore della produzione dell’anno 2019.
Si consideri ancora il caso in cui il contribuente non abbia versato gli acconti di imposta relativi al 2019. In tale ipotesi, in base al tenore letterale della norma, l’erario potrà richiedere ed eventualmente iscrivere a ruolo gli importi precedentemente non versati.
Ad esempio
Se l’IRAP lorda dovuta per l’anno 2019 è pari a 30.000 euro e il contribuente ha omesso i versamenti dovuti a titolo di acconto a giugno e a novembre 2019, il Fisco avrà titolo per richiedere le predette somme non versate, come risulterà evidente dal seguente esempio.
Si supponga ancora che l’importo complessivamente dovuto a titolo di acconto sia pari a 28.000 euro. In tal caso, dalla dichiarazione IRAP, l’importo a debito, al netto degli acconti non versati, risulterà essere pari a 2.000 euro, ma il contribuente sarà comunque obbligato a versare l’importo dovuto a titolo di acconto precedentemente omesso.
Pertanto, sarà necessario avvalersi del ravvedimento operoso al fine di regolarizzare l’omesso versamento di 28.000 euro e il risparmio di imposta sarà limitato alla differenza dovuta a titolo di saldo pari a 2.000 euro. Nell’ipotesi in cui il contribuente non versi gli acconti di imposta, l’erario invierà una comunicazione di irregolarità e, nel caso in cui l’omesso versamento dovesse ancora protrarsi iscriverà a ruolo le somme complessivamente dovute.

Alla luce del testo (non ancora ufficiale) del decreto Rilancio, è previsto quindi l’abbuono del saldo IRAP 2019 dovuto dalle imprese di ogni tipo e professionisti, mentre non è chiaro se “l’abbuono” sia tale anche per il primo acconto IRAP 2020.
Il testo del decreto Rilancio che circola in queste ore, l’unico sul quale è possibile ragionare in assenza di testi ufficiali, non consente di considerare l’abbuono del primo acconto IRAP 2020 come uno sconto pari al 40% dell’imposta dovuta per questo anno, ma solo come un differimento finanziario al versamento del saldo a giugno 2021 di quanto risulterà dovuto per IRAP 2020 a consuntivo.
Il MEF è intervenuto ieri (15 maggio) precisando che anche il primo acconto IRAP 2020 non dovrà essere versato in modo definitivo, e questo costituirebbe un vero risparmio di imposta per le imprese.
Sarà necessario un intervento normativo sul decreto in via di pubblicazione o in fase di conversione in legge.

Decreto Rilancio: le misure per incentivare le RICAPITALIZZAZIONI DELLE IMPRESE.

Per i conferimenti in denaro effettuati entro il 31 dicembre 2020 per l’aumento del capitale sociale di una o più società, i soci beneficeranno di un credito d’imposta pari al 20% delle somme conferite; l’investimento massimo del conferimento su cui calcolare il bonus non può eccedere 2.000.000 euro, a condizione che non siano distribuite riserve prima del 1° gennaio 2024 (in caso contrario i soci dovranno restituire il beneficio).
Lo prevede il decreto Rilancio tra le misure di rafforzamento patrimoniale delle PMI. Alle società ricapitalizzate sarà, invece, riconosciuto un credito d’imposta pari al 50% delle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto, fino alla concorrenza del 30% dell’aumento di capitale effettuato entro il 31 dicembre 2020, e, comunque, nei limiti di 800.000 euro.

In un’ottica di diversificazione degli aiuti alle imprese e, al fine di scongiurare eventuali sottocapitalizzazioni aziendali, il Governo, con il decreto Rilancio al momento non ancora pubblicato in G.U. e non disponibile nella versione finale, ha previsto un articolato sistema di agevolazioni fiscali e di misure di sostegno finanziario dirette a incentivare i conferimenti patrimoniali dei soci in società di medie dimensioni con sede nel territorio nazionale.
La norma richiede il rispetto di differenti condizioni per poter fruire dei benefici previsti.
Nello specifico, ai soci conferenti dovrebbe essere riconosciuto un credito d’imposta pari al 20% delle somme conferite mentre per le società ripatrimonializzata viene previsto un differente criterio di calcolo del credito d’imposta, parametrato alle perdite realizzate e al patrimonio netto della società. Quest’ultima agevolazione, per essere riconosciuta, presuppone il ricorrere di ulteriori e più rigide condizioni. Inoltre, la norma prescrive l’istituzione di un fondo finalizzato alla sottoscrizione di strumenti finanziari (obbligazioni o titoli di debito) emessi dalle società a seguito della ricapitalizzazione.
L’efficacia di tutte le misure previste resta subordinata, ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, del TFUE, al rilascio di un’apposita autorizzazione da parte della Commissione europea.

Soggetti interessati
Le agevolazioni previste dalla nuova disciplina riguardano il rafforzamento patrimoniale delle società di capitali, quali società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, anche semplificata e delle società cooperative, con l’esclusione degli intermediari finanziari e delle società di partecipazione non finanziaria e finanziaria, aventi sede legale e amministrativa in Italia e che abbiano:
a) un ammontare di ricavi – art. 85, comma 1, lettere a) e b), TUIR – relativo al periodo d’imposta 2019, superiore a 5 milioni di euro e fino a 50 milioni di euro. La soglia minima si innalza a 10 milioni se la società intende aderire al fondo istituito per l’emissione di strumenti finanziari partecipativi connessi alla patrimonializzazione;
b) a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 nei mesi di marzo e aprile 2020, subito una riduzione complessiva dell’ammontare dei ricavi (art. 85, comma 1, lettere a, TUIR), rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in misura non inferiore al 33%;
c) deliberato ed eseguito dopo l’entrata in vigore del decreto, ed entro il 31 dicembre 2020, un aumento di capitale a pagamento integralmente versato.
Inoltre, si prevede che l’impresa ricapitalizzata, per poter accedere al credito d’imposta, nonché, per poter procedere con l’emissione di strumenti finanziari destinati a essere sottoscritti dal Fondo Patrimonio PMI di neo-istituzione debba:
- alla data del 31 dicembre 2019 non rientrare nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi del Regolamento n. 651/2014, del Regolamento n. 702/2014 e del Regolamento n. 1388/2014;
- trovarsi in situazione di regolarità contributiva e fiscale;
- trovarsi in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa edilizia ed urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell’ambiente;
non rientrare tra le società che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione europea;
- non trovarsi nelle condizioni ostative di cui all’art. 67, D.lgs. n. 159/2011;
In ultimo, nei confronti degli amministratori, dei soci e del titolare effettivo della società non deve essere intervenuta alcuna condanna definitiva, negli ultimi cinque anni, per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto nei casi in cui sia stata applicata la pena accessoria di cui all’art. 12, comma 2, D.Lgs. n. 74/2000.

Benefici
I soci, per i conferimenti in denaro effettuati entro il 31 dicembre 2020 per l’aumento del capitale sociale di una o più società, dovrebbero beneficiare di un credito d’imposta pari al 20% delle somme conferite.
L’investimento massimo del conferimento in denaro sul quale calcolare il credito d’imposta non può eccedere i 2.000.000 di euro, a condizione che non siano distribuite riserve prima del 1° gennaio 2024. In caso contrario, infatti, i soci dovranno restituire il beneficio.
Le società ricapitalizzate, invece, ove soddisfino le ulteriori condizioni prescritte dalla disciplina, dovrebbero vedersi riconoscere, a seguito dell’approvazione del bilancio per l’esercizio 2020, un credito d’imposta pari al 50% delle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto, fino a concorrenza del 30% dell’aumento di capitale effettuato entro il 31 dicembre 2020, e, comunque, nei limiti di 800.000 euro.
Le perdite fiscali riportabili nei periodi d’imposta successivi a quello di maturazione del credito saranno ridotte per un importo pari all’ammontare del credito d’imposta riconosciuto. Il credito d’imposta, inoltre, sarà utilizzabile in compensazione.

Emissione di strumenti finanziari
Oltre ai benefici fiscali, la misura dovrebbe prevedere l’istituzione di un apposito fondo denominato “Fondo Patrimonio PMI” finalizzato alla sottoscrizione di obbligazioni o titoli di debito (rispettivamente per società azionarie e società a responsabilità limitata) – che il decreto Rilancio definisce, collettivamente, come strumenti finanziari -, emessi dalle società patrimonializzata, per un ammontare massimo pari al minore importo tra tre volte l’ammontare dell’aumento di capitale e il 12,5% dell’ammontare dei ricavi di cui all’art. 85, comma 1, lettere a) e b), TUIR relativo al periodo d’imposta 2019. Il Gestore del Fondo è Invitalia (Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa) S.p.A.
La società emittente può emettere gli strumenti finanziari in deroga ai limiti previsti dal comma 1 dell’art. 2412 c.c., che consente, in via ordinaria, l’emissione di obbligazioni per una somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. È inoltre previsto che i crediti del Fondo per il rimborso degli strumenti finanziari emessi ai sensi del decreto Rilancio, nel caso in cui la società patrimonializzata sia assoggettata a fallimento o altra procedura concorsuale, siano soddisfatti dopo ogni latro credito ma prima dei crediti per finanziamenti soci di cui all’art. 2467 c.c. (cioè di quelli concessi in una situazione di non equilibrata correlazione tra il patrimonio netto e il capitale di debito oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento). La società patrimonializzata deve assume l’impegno di:
(i) non deliberare o effettuare, dalla data dell’istanza di intervento del Gestore e fino all’integrale rimborso degli strumenti finanziari, distribuzioni di riserve e acquisti di azioni proprie o quote e di nonprocedere al rimborso di finanziamenti dei soci;
(ii) destinare il finanziamento concesso dal Gestore con la sottoscrizione degli strumenti finanziari a sostenere costi di personale, investimenti o capitalecircolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati inItalia; e
(iii) fornire al Gestore un rendiconto periodico, con i contenuti, la cadenza e le modalità daquest’ultimo indicati, al fine di consentire la verifica degli impegni assunti.
Non sono dovuti interessi sull’importo capitale degli strumenti finanziari qualora la società emittente abbia mantenuto fino al loro rimborso il numero di occupati al 1° gennaio 2020 ovvero abbia effettuatoinvestimenti per finalità di digitalizzazione dell’attività, innovazione produttiva o sostenibilitàambientale.
Gli strumenti finanziari sono rimborsati dalla società emittente decorsi sei anni dalla sottoscrizione. Resta ferma per la società la possibilità di rimborsare i titoli anticipatamente decorsi tre anni dalla data di sottoscrizione.

Decreto Rilancio le anticipazioni su: 2 CREDITI DI IMPOSTA PER LE MISURE ANTI COVID – 19

Arrivano con il decreto Rilancio (ancora non disponibile nella sua definitiva stesura) due nuovi crediti d’imposta per prevenire il contagio e limitare il rischio di diffusione del Coronavirus negli ambienti di lavoro.
Un primo bonus, concesso nella misura del 60% delle spese ammissibili, è diretto a favorire la riapertura delle attività economiche in sicurezza. Diversi gli aspetti interessanti del nuovo incentivo: cumulabilità con altre agevolazioni per le medesime spese e possibilità di cedere il credito anche ad altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari.
Il secondo incentivo non è una novità assoluta, ma piuttosto una nuova versione del credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di mascherine e DPI, introdotto dal decreto Cura Italia ed ampliato dal decreto Liquidità.

Credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro
Il nuovo credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro è riconosciuto ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico in riferimento agli investimenti finalizzati a rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento contro la diffusione del Coronavirus.
Secondo quanto indicato nella relazione illustrativa del decreto Rilancio, la platea dei soggetti possibili beneficiari del credito d’imposta comprende gli operatori con attività aperte al pubblico, come, bar, ristoranti, alberghi, teatri e cinema.
Possono fruire del bonus anche le associazioni, le fondazioni e gli altri enti privati, compresi gli enti del Terzo del settore.
Il credito d’imposta riguarda le spese sostenute nel 2020 per gli investimenti necessari per l’adozione di misure legate alla diversa organizzazione del lavoro e all’adeguamento degli ambienti alle disposizioni anti Coronavirus.
Tra gli interventi agevolabili, sono compresi gli interventi edilizi per:
- il rifacimento spogliatoi e mense;
- la realizzazione di spazi medici;
- la realizzazione di ingressi e spazi comuni;
- arredi di sicurezza.
Danno diritto al bonus anche gli investimenti di carattere innovativo quali lo sviluppo o l’acquisto di tecnologie necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa e le apparecchiature per il controllo della temperatura dei dipendenti.
Ulteriori investimenti agevolabili nonché soggetti ammissibili potranno essere individuati con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.
Il credito d’imposta è concesso nella misura del 60% delle spese ammissibili, fino ad un massimo di 80.000 euro per beneficiario.
Una caratteristica di particolare interesse del nuovo beneficio è la possibilità di cumulare il credito di imposta con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo non porti al superamento del costo sostenuto.
L’agevolazione è utilizzabile in compensazione in 10 anni. Al bonus non si applica:
- il limite annuale di utilizzo di 250.000 euro di cui all’articolo 1, comma 53, della Legge 244/2007;
- il limite generale di compensabilità dei crediti di imposta e contributi di cui all’articolo 34 della Legge n. 388/2000.
In alternativa all’utilizzo diretto in compensazione, l’incentivo spettante potrà essere incassato subito.
Il credito d’imposta infatti può essere ceduto ad altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari, con facoltà di successiva cessione del credito.
Criteri e modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta dovranno essere definiti dall’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla pubblicazione della legge di conversione del Decreto Rilancio (presumibilmente, quindi, la circolare dovrebbe vedere la luce nel mese di agosto 2020).

Credito d’imposta per sanificazione e acquisto di mascherine e DPI
L’altro credito di imposta finalizzato a sostenere l’adozione di misure per prevenire il contagio e limitare il rischio di diffusione del Coronavirus negli ambienti di lavoro è la riscrittura del credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di mascherine e DPI disciplinato all’articolo 64 del decreto Cura Italia (D.L. n. 18/2020) ed ampliato dall’articolo 30 del decreto Liquidità (D.L. n. 23/2020), articoli che vengono abrogati.
Con il decreto Rilancio cambia la platea dei soggetti beneficiari: vengono escluse le imprese, mentre vengono ammessi gli enti del Terzo settore. Confermati invece i professionisti.
L’altra novità riguarda la percentuale agevolativa, che aumenta dal 50 al 60%.
Le risorse messe a disposizione per la nuova agevolazione ammontano a 200 milioni di euro per l’anno 2020 (contro i 50 milioni di euro messi stanziati dal decreto Cura Italia per il precedente credito di imposta).
Il nuovo credito d’imposta spetta ai soggetti esercenti arti e professioni, agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo del settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti ed è pari al 60% delle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti.
In particolare, all’incentivo fiscale sono ammesse le spese sostenute per:
- la sanificazione degli ambienti nei quali è esercitata l’attività lavorativa e istituzionale e degli strumenti utilizzati nell’ambito di tali attività;
- l’acquisto di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea;
- l’acquisto di prodotti detergenti e disinfettanti;
- l’acquisto di dispositivi di sicurezza diversi da quelli indicati precedentemente, quali termometri, termoscanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, ivi incluse le eventuali spese di installazione;
- l’acquisto di dispostivi atti a garantire la distanza di sicurezza interpersonale, quali barriere e pannelli protettivi, incluse le eventuali spese di installazione.
Il credito d’imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l’anno 2020.
Il bonus può essere utilizzato in due modalità alternativa: o nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa o in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997.
Non si applicano i limiti di compensazione di cui all’articolo 1, comma 53, della Legge n. 244/2007 e di cui all’articolo 34 della Legge n. 388/2000.
Il credito d’imposta:
- non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell’IRAP;
- si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche.
È demandato ad provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, da emanare entro 30 giorni dalla data di pubblicazione della legge di conversione del decreto Rilancio, il compito di stabiliti i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta, anche al fine del rispetto delle risorse stanziate.

Decreto Rilancio le anticipazione su: CONTRIBUTI A FONDO PERDUTO ALLE AZIENDE.

Per ottenere i contributi a fondo perduto previsti dal decreto Rilancio (Al momento non ancora disponibile nella sua versione definitiva) sarà necessario presentare domanda all’Agenzia delle Entrate in modalità telematica, autocertificando la sussistenza dei requisiti prescritti.
Solo dopo l’erogazione dell’indennizzo Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza effettueranno i controlli di merito. La procedura di erogazione si ispira, quindi, all’obiettivo della massima celerità, fondandosi sull’automatismo tra la richiesta e l’effettivo riconoscimento dell’indennizzo.

L’intervento con indennizzo a fondo perduto intende colmare le tante critiche che i finanziamenti a tassi agevolati con garanzia dello Stato al 100% e tetto massimo di 25.000 euro hanno subito soprattutto in relazione alla non uniformità nell’implementazione della procedura da parte degli istituti bancari, alla mancanza di flessibilità nella definizione del piano di ammortamento e rispetto ai tempi di erogazione dei finanziamenti che si sono rivelati, mediamente, lunghi oltre ogni aspettativa.
Le richieste di piccoli prestiti sono, ad oggi, circa 117 mila; un numero piuttosto basso considerando la platea dei potenziali beneficiari. Stando ai dati, 140.688 sono il totale dei prestiti richiesti per un importo che conta complessivamente oltre 7 miliardi di euro e, secondo quanto affermato dal Mediocredito Centrale, 117.000 afferenti prestiti fino a 25 mila euro per un importo finanziato che complessivamente supera i 2,5 miliardi.

Al fine di ottenere il contributo bisognerà presentare domanda all’Agenzia delle Entrate in modalità telematica, autocertificando la sussistenza dei requisiti previsti dal decreto Rilancio.
Solo dopo l’erogazione dell’indennizzo, verranno effettuati da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza i controlli di merito.
La procedura di erogazione si ispira (secondo la Relazione) all’obiettivo della massima celerità, fondandosi sull’automatismo tra richiesta ed effettivo riconoscimento dell’indennizzo.
È previsto, a partire dalla data che verrà disposta dall’Agenzia delle Entrate, un lasso temporale di 60 giorni per poter inviare la richiesta. Insieme all’istanza bisognerà presentare, inoltre, l’autocertificazione di regolarità antimafia. Le modalità tecniche di effettuazione dell’istanza, il suo contenuto informativo, i termini di presentazione saranno definiti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Sulla base delle informazioni contenute nella domanda, il contributo a fondo perduto verrà corrisposto dall’Agenzia delle Entrate mediante accredito diretto sul conto corrente bancario o postale intestato al soggetto beneficiario.
Per ottenere il contributo a fondo perduto, il beneficiario è tenuto, di conseguenza, a dimostrare di aver subito significative perdite a causa dell’emergenza Coronavirus.
Presupposto che non si applica a coloro i quali hanno avviato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 o che hanno domicilio fiscale o sede operativa nei comuni che erano già stati individuati “zona rossa” prima del successivo ampliamento dello stato di emergenza a tutto il territorio nazionale.
Gli indennizzi potranno essere richiesti anche da imprese agricole e cooperative e non saranno cumulabili, inspiegabilmente, con i bonus da 600 euro, nel caso dei professionisti, che continueranno però a beneficiare di quest’ultima misura che, nella sua versione aggiornata, incrementerà l’indennizzo a 1.000 euro.
Cumulo possibile, invece, per artigiani e commercianti.

Successivamente all’erogazione del contributo l’Agenzia delle Entrate comunicherà in via telematica alla Guardia di Finanza i dati pervenuti, che verranno poi riscontrati con quelli in possesso del Ministero dell’Interno.
Per tutti i casi di ottenimento del contributo, che risulti in tutto o in parte non dovuto, verrà applicato l’art. 316-ter del Codice penale, vale a dire indebita percezione e truffa ai danni dello Stato.
È bene precisare, inoltre, che qualora dalle verifiche dell’Agenzia delle Entrate dovesse emergere la non veridicità dei dati contenuti nella richiesta, l’importo erogato sarà totalmente recuperato, maggiorato di sanzioni dal 100 al 200% oltre interessi. Nel caso di false dichiarazioni nella certificazione di regolarità antimafia è previsto il carcere da 2 a 6 anni.
Come calcolare il contributo a fondo perduto: esempio pratico
Per quantificare il contributo, occorre applicare una percentuale alla differenza tra l’ammontare del fatturato o dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e quelli di aprile 2019.
Il parametro da applicare, per richiedenti che contano ricavi o compensi non superiori a 400.000 euro è il 20%; il 15% per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 400.000 euro e sino a 1 milione e, infine, il 10% per ricavi o compensi oltre 1 milione e fino a 5 milioni.
Il minimo erogabile sarà comunque di 1.000 euro, per le persone fisiche e di 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
Il meccanismo di calcolo prevede che se un’azienda o un libero professionista, ad esempio, ha prodotto ricavi inferiori a 400.000 nel 2019 e un fatturato di 30.000 euro nel mese di aprile 2019 e pari a zero nell’aprile 2020, avrà diritto ad un sostegno del 20% calcolato sulla differenza tra i due periodi di imposta che, nel caso in specie, conta 30.000 euro.
Il contributo a fondo perduto erogabile al richiedente, in questo caso, sarà pari a 6.000 euro.

Decreto Rilancio: le anticipazioni della nuova norma sui BONUS AFFITTI

Con il decreto Rilancio (ancora non disponibile ad oggi nella sua stesura definitiva) entra in scena un nuovo credito d’imposta per l’affitto di immobili non abitativi.
Il beneficio è pari al 60% del canone mensile versato nei mesi di marzo, aprile e maggio. L’agevolazione scende al 30% in caso di affitto d’azienda. Ne possono fruire i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni e che hanno subito un calo di fatturato o dei corrispettivi di almeno il 50% nel mese di riferimento rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente. Alle strutture alberghiere il credito d’imposta spetta indipendentemente dal volume di affari registrato. Ammessi anche gli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti.

È un bonus affitti a perimetro ampio quello che arriva con il decreto Rilancio, approvato dal Consiglio dei Ministri del 13 maggio 2020 (si ribadisce non ancora definitivo nel testo).
Dopo il bonus negozi e botteghe, previsto dal decreto Cura Italia limitato ai soggetti esercenti attività d’impresa e agli immobili C/1, il nuovo credito d’imposta interessa tutti gli immobili a uso non abitativo ed è riconosciuto anche ai professionisti e agli Enti del Terzo settore.
Più esteso anche il periodo coperto. Mentre il bonus negozi e botteghe è valido solo per il mese di marzo 2020, il nuovo incentivo riguarda un periodo di tre mesi: marzo, aprile e maggio.
A differenza del precedente beneficio, utilizzabile esclusivamente in compensazione, il nuovo credito d’imposta, in alternativa all’utilizzo diretto, può essere ceduto anche a banche e altri intermediari finanziari.

Ci sono però alcune condizioni da rispettare per avere diritto al nuovo bonus.

Un primo paletto riguarda il limite dei ricavi e dei compensi. Il credito spetta infatti ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto Rilancio (2019 per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare).
Accesso senza limiti per le strutture alberghiere, che possono beneficiare del credito d’imposta indipendentemente dal volume di affari registrato.
Ammessi anche gli enti non commerciali, compresi gli Enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti.
Una seconda condizione necessaria per fruire del credito d’imposta riguarda la riduzione del fatturato o dei corrispettivi.
Per i soggetti locatari esercenti attività economica, il diritto al beneficio matura solo se, nel mese di riferimento (marzo/aprile/maggio), abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente.

Per quanto riguarda gli immobili interessanti dal nuovo bonus, il credito d’imposta compete per i canoni di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati:
- allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico;
- all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo;
- allo svolgimento dell’attività istituzionale per gli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti.

Misura del credito d’imposta
Il credito d’imposta viene riconosciuto nella misura 60% del canone versato nei mesi di marzo, aprile e maggio (del periodo d’imposta 2020).
Il bonus si dimezza al 30% (dei canoni) in caso di contratti di servizi a prestazioni complesse o di affitto d’azienda, comprensivi di almeno un immobile a uso non abitativo destinato allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo.

Modalità di utilizzo
Il credito d’imposta è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa ovvero in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997, successivamente all’avvenuto pagamento dei canoni.
In luogo dell’utilizzo diretto dello stesso, è possibile optare per la cessione del credito d’imposta al locatore o al concedente o ad altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari.
Nell’ipotesi in cui il credito sia ceduto al locatore o concedente, questo può utilizzare il credito di imposta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale il credito è stato ceduto, in misura pari allo sconto praticato sul canone di locazione.
Se i locatori o concedenti sono esercenti attività d’impresa, arte o professione, il credito d’imposta è utilizzabile anche in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997, in misura pari allo sconto praticato sul canone di locazione, a decorrere dal mese successivo alla cessione.
Il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’IRAP e non è soggetto ai limiti di compensazione.
Non rileva inoltre ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi di cui all’articolo 61 Tuir e dei componenti negativi di cui all’articolo 109, comma 5, Tuir.

Divieto di cumulo
In relazione ai canoni di locazione del mese di marzo, viene espressamente previsto che il credito d’imposta non potrà essere cumulato con il bonus botteghe e negozi di cui all’articolo 65 decreto Cura Italia (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 27/2020).
Per espressa disposizione, il beneficio ricade nell’ambito di applicazione della Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020-C(2020) 1863-final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19″, e successive modifiche.
Sarà un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, da emanarsi entro 20 giorni dall’entrata in vigore del decreto Rilancio, a definire le modalità attuative del bonus.