LA NUOVA SUPER ACE, MA SOLO PER IL 2021.

Prima introdotta (dall’art. 1 del D.L. n. 201/2011 e dal D.M. 3 agosto 2017), poi abrogata (dall’art. 1, comma 1080, legge n. 145/2018 con la contestuale abrogazione della “mini IRES”) e poi ripristinata (dall’art. 1, comma 287, legge n. 160/2019 già dal periodo d’imposta 2019, con la contestuale cancellazione della c.d. “mini IRES” mai entrata in vigore).

Stavolta l’ACE viene potenziata e rafforzata.

Per il solo 2021 (più tecnicamente, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020 e quindi nel 2021 per i contribuenti “solari”), essa si trasforma in “ACE innovativa”, di fatto introducendosi una sorta di doppio binario agevolativo.

Per l’anno 2021, infatti, il tradizionale principio stabilito dall’art. 1, comma 2, del D.L. n. 201/2011, secondo cui l’incremento della base ACE è unitariamente calcolato per differenza rispetto alla data del 31 dicembre 2010, subirebbe una divaricazione di computo e l’incremento registrato tra il 31 dicembre 2021 e il 31 dicembre 2020 beneficerebbe di un coefficiente maggiorato del 15%, rispetto alla base ACE pregressa, calcolata sul periodo che va dal 2011 al 2020, la quale continuerebbe invece ad essere agevolata in base al coefficiente di remunerazione dell’1,3%.

Aldilà, peraltro, del già forte incremento della misura percentuale dell’agevolazione (che accorda, rispetto alle regole ordinarie, un beneficio di circa 11 volte superiore), una delle parti più qualificanti della nuova misura consiste nella deroga al criterio del pro rata temporis, vale a dire nel fatto che gli incrementi del patrimonio netto 2021 (ad esempio, utile accantonato 2020 o versamenti e conferimenti a titolo patrimoniale dei soci) rileverebbero indipendentemente dalla data di versamento e ciò significherebbe che anche conferimenti effettuati negli ultimi giorni del 2021 andrebbero a rilevare per l’anno considerato in modo integrale.

La portata ancor più interessante dell’ACE potenziata per contrastare la depressione economica emerge anche dall’innovativa possibilità opzionale di trasformare il beneficio della detassazione del reddito in credito d’imposta da utilizzare in compensazione nel modello F24 senza limiti di importo. Il credito verrebbe calcolato applicando al rendimento nozionale le aliquote IRPEF o IRES vigenti per il 2020, di fatto riproducendosi un meccanismo analogo a quello oggi previsto per trasformare le eccedenze ACE in crediti IRAP.
Poiché, peraltro, si prevede che l’utilizzo del credito sarà reso possibile dal giorno successivo a quello dell’avvenuto incremento (conferimento, delibera assembleare di accantonamento dell’utile, rinuncia al credito, etc.), appare del tutto evidente come il dichiarato obiettivo legislativo sia quello di consentire un’anticipazione temporale di diversi mesi del beneficio, attesa la circostanza che gli incrementi “ordinari” della base ACE andrebbero a ridurre gli importi dovuti a titolo di saldo IRPEF o IRES e, in sostanza, quindi, con gli incrementi da “super ACE” si potrebbe godere di benefici finanziari già nel 2021, senza dover attendere giugno o luglio del 2022.
Il credito d’imposta potrebbe essere ben presto utilizzabile in compensazione nel modello F24, senza limiti di importo, ma esso potrà essere richiesto sia rimborso che ceduto a terzi, con la facoltà di successiva cessione dello stesso ad altri soggetti ed è, quindi, anche per questo che la norma di rafforzamento della patrimonializzazione delle imprese per reagire alle difficoltà economiche da pandemia si rivela strumento particolarmente adeguato per potersi trasformare in volano finanziario e altrettanto opportune appaiono le clausole che, in concreto, mirano a fare sì che gli incrementi posti alla base di calcolo della “super ACE 2021” rimangano nel patrimonio dell’impresa almeno sino alla fine del 2023, in modo tale da evitare immissioni di denaro temporanee e strumentali al solo beneficio fiscale/finanziario.

Peraltro, particolarmente complesso è proprio il meccanismo che regola il funzionamento di un possibile recupero dell’agevolazione fiscale, che si ha nel caso in cui, nei due anni successivi al 2021, il patrimonio netto si riduca per cause diverse dall’emersione di perdite in bilancio.
Poco condivisibile, infine, appare la soglia quantitativa inserita dal legislatore per la fruizione dell’ACE innovativa.
Infatti, la variazione in aumento rilevante per il beneficio maggiorato è stata fissata a un importo di 5 milioni di euro (così ridotto rispetto ai 10 milioni che circolavano nelle bozze dei giorni scorsi), limite che è stato previsto in maniera del tutto indipendente dall’ammontare del patrimonio netto risultante dal bilancio d’esercizio.
Per incentivare, in un momento storico come questo, la patrimonializzazione delle imprese va fatto ogni sforzo possibile, perché la ripresa economica e dell’occupazione passa anche, e soprattutto, da provvedimenti come questi.

Decreto Sostegni bis: il nuovo tax – credit locazioni per tutte le attività.

Il decreto Sostegni bis, ancora non pubblicato in GU alla data di redazione del presente articolo, ha previsto la proroga e la estensione del tax credit sulle locazioni.

Il legislatore è intervenuto su più livelli potenziando il beneficio a seconda della diversa tipologia di soggetti ed estendendolo di fatto a tutte le categorie di attività.

Imprese turistico-ricettive, agenzie di viaggio e tour operator
Il primo intervento ha modificato l’art. 28, comma 5, ultimo periodo riguardante la disciplina delle imprese turistico-ricettive, le agenzie di viaggio e i tour operator.
La norma precedente alla modifica prevedeva per questi soggetti la possibilità di fruire del relativo credito d’imposta fino al 30 aprile 2021. Quest’ultimo termine è stato introdotto dalla legge di Bilancio 2021.
Pertanto, prima dell’approvazione del decreto Sostegni bis, i soggetti operanti nel settore turistico potevano beneficiare ininterrottamente del credito d’imposta per l’arco temporale compreso tra marzo 2020 e il 30 aprile 2021.
Ora, invece, il beneficio è stato esteso comprendendovi i canoni fino al mese di luglio 2021.
Il credito d’imposta spetta indipendentemente dall’ammontare dei ricavi, ma tale previsione non rappresenta una novità essendo un’indicazione già presente all’interno del comma 3 dell’art. 28 del decreto Rilancio.

Nuovi parametri di riferimento e temporali del tax – credit loczioni per tutte le attività.
La seconda parte della norma estende amplia il credito d’imposta con riferimento a ciascuno dei mesi da gennaio a maggio 2021, ma a condizioni parzialmente diverse e più favorevoli rispetto a quello previste dall’art. 28 del D.L. n. 34/2020.
Il tax credit locazioni può essere fatto valere dagli esercenti attività d’impresa, arte o professione i cui ricavi o compensi relativi al secondo periodo d’imposta antecedente non abbiano superato i 10 milioni di euro.
Pertanto si tratta della generalità dei soggetti che ha potuto beneficiare del tax credit per i mesi da marzo a giugno 2020 e, se esercente un’attività stagionale, per i mesi da aprile a luglio.
L’art. 8-bis del D.L. n. 137/2020 aveva esteso l’ambito temporale del beneficio comprendendo anche i mesi di ottobre, novembre e dicembre 2020. Tuttavia, tale estensione era limitata alle attività di cui ai codici Ateco riportati, rispettivamente, negli Allegati 1 e 2 del Decreto Ristori.
Ora, invece, la possibilità di far valere il credito d’imposta nei mesi da gennaio a maggio 2021 riguarda ogni attività, indipendentemente dal codice ATECO e dalla localizzazione geografica con un limite di ricavi che, come detto, è stato elevato da 5 a 10 milioni di euro.
In buona sostanza, per fruire del credito d’imposta relativo ai canoni da gennaio a maggio 2021, la riduzione del fatturato deve essere di almeno il 30% -e non più del 50%- per il periodo aprile 2021-marzo 2020 rispetto ai 12 mesi precedenti. .

L’estensione temporale riguarda anche gli enti non commerciali, compresi gli ETS e gli enti religiosi civilmente riconosciuti.
La condizione della riduzione del fatturato non è prevista, logicamente, per gli enti non commerciali che esercitano esclusivamente attività istituzionali e gli enti religiosi.
Inoltre, il credito di imposta per i mesi da gennaio a maggio 2021 può essere fatto valere, indipendentemente dalla riduzione del fatturato per i soggetti che hanno iniziato l’attività dal 1° gennaio 2019.

DECRETO SOSTEGNI BIS: I NUOVI CONTRIBUTI A FONDO PERDUTO

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 20 maggio, ha approvato il cosiddetto decreto Sostegni bis ancora non pubblicato in GU alla data di pubblicazione del presente articolo.

La bozza del decreto Sostegni bis, all’art. 1, rinnova i contributi a fondo perduto e introduce con l’art. 2, inoltre, uno stanziamento di 100mln di euro per soccorrere le attività economiche rimaste chiuse per un periodo complessivo di almeno quattro mesi tra il primo gennaio 2021 e la data di conversione in legge del provvedimento.
La platea dei beneficiari e la dimensione dello stanziamento verranno determinati con successivo decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, con cui saranno anche individuate le modalità di erogazione.

Nuovi meccanismi di calcolo: indennizzi automatici, alternativi e reddituali
I commi da 1 a 4 dell’art. 1 della bozza del nuovo decreto legge sono interamente dedicati agli indennizzi automatici e costituiscono, di fatto, una replica dei metodi di calcolo osservati dal primo decreto Sostegni.

I beneficiari del precedente ristoro, riceveranno, quindi, una somma identica, alla prima tranche, che sarà versata in automatico dall’Agenzia delle Entrate direttamente sul conto corrente sul quale è stato già erogato il precedente indennizzo, oppure, sotto forma di tax credit, qualora il richiedente avesse già optato per questa alternativa.

Il decreto legge introduce con il comma 5 un contributo a fondo perduto alternativo/integrativo, riconosciuto sulla differenza di fatturato del periodo dal primo aprile 2020 al 31 marzo 2021, che deve essere inferiore almeno del 30% rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del periodo precedente, ovvero, aprile 2019 – 31 marzo 2020.
Per beneficiare di questi indennizzi non si terrà conto del calo di fatturato nel 2020 rispetto al 2019, ma si dovrà fare specifico riferimento ai mesi in cui le attività sono state condizionate dalle restrizioni avviate per contrastare la diffusione dei contagi.
Al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi.
Attenzione però questo ricalcolo del ristoro potrà essere effettuato solo da chi ha ricevuto il contributo a fondo perduto previsto dal primo decreto Sostegni.
Sarà obbligatoria però la presentazione di una apposita istanza; questa procedura non preclude la possibilità di vedersi riconosciuto l’indennizzo erogato in automatico di cui al punto precedente. Qualora, infatti, dal ricalcolo emergesse il diritto a beneficiare di un contributo superiore, l’integrazione sarà successivamente riconosciuta al richiedente per la sola eccedenza, sul conto corrente o erogata sotto forma di credito d’imposta; se dal ricalcolo, ne conseguirà una somma inferiore, invece, non è prevista alcuna decurtazione del ristoro.
I parametri per il calcolo del sostegno “eccedente”, secondo quanto previsto dal comma 9, sono: il 60% della perdita per le partite Iva che nel 2019 hanno generato un fatturato o corrispettivi fino a 100mila euro, il 50% sopra i 100mila e fino a 400mila, il 40% sopra i 400mila e fino a 1 milione, il 30% sopra 1mln e fino a 5mln e infine, il 20% al di sopra dei 5mln e fino ai 10mln; oltre quest’ultima soglia, come in precedenza, non spetta alcun sostegno.

Esiste poi la previsione di un contributo alternativo potrà essere richiesto da coloro che sono rimasti esclusi dai contributi a fondo perduto previsti dal primo decreto Sostegni; i soggetti che non hanno beneficiato degli aiuti previsti dal decreto n. 41/2021 dovranno, quindi, presentare domanda all’Agenzia delle Entrate.
Il secondo binario viene quantificato, pertanto, seguendo lo stesso meccanismo del precedente, ma su una base di calcolo maggiorata: il confronto dovrà essere effettuato tra il volume d’affari realizzato nel periodo primo aprile 2020 e 31 marzo 2021 e i dodici mesi dell’anno precedente.
L’indennizzo sarà definito applicando poi, alla perdita media mensile di fatturato, i seguenti parametri: il 90% fino a 100.000 euro di ricavi e compensi; il 70% da 100.000 euro a 400.000 euro di ricavi e compensi; il 50% da 400.000 euro a 1 milione di euro di ricavi e compensi; il 40% da 1mln di euro a 5mln di euro di ricavi e compensi e il 30% da 5mln di euro a 10mln di euro di ricavi e compensi.

L’importo del contributo massimo spettante non potrà superare i 150.000,00 euro.

La bozza del decreto Sostegni bis, al comma 16 dell’art. 1, introduce un innovativo contributo reddituale a fondo perduto, condizionato al peggioramento del risultato economico d’esercizio “relativo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, rispetto a quello relativo all’anno precedente”. Si dovrebbe trattare di un contributo che spetta indipendente dalla percezione dei contributi indicati ai punti precedenti.
In quest’ultima fattispecie non si fa riferimento esclusivo alla contrazione del fatturato, ma al calo degli utili, su cui, ovviamente, incidono ovviamente anche i costi.
Il conguaglio perequativo, considerando che il Temporary Framework al momento prevede come criterio di indirizzo per gli aiuti di Stato la perdita di almeno il 30% del fatturato, è subordinato all’autorizzazione dell’UE.
Lo stanziamento previsto per l’indennizzo è pari complessivamente a 4 mld; il comma 19 non definisce però la percentuale di peggioramento al quale fare riferimento come base di calcolo, rimandando a successivo decreto da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Allo stesso modo si rimanda a un successivo decreto l’ammontare del contributo eventualmente spettante.
Presentazione della richiesta
La presentazione della richiesta di tale ultimo contributo, prevede il comma 24, è condizionata alla trasmissione della dichiarazione dei redditi “relativa al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 entro il 10 settembre 2021”.
In relazione a quest’ultimo aspetto, allo stato dell’arte, per beneficiare dell’indennizzo reddituale introdotto con il comma 16, bisognerà de facto anticipare la scadenza naturale per la presentazione della dichiarazione dei redditi di oltre due mesi stressando, inutilmente, il calendario degli adempimenti fiscali.

Mini crediti, ulteriori chiarimenti sulle deduzioni delle perdite.

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta a interpello n. 342 del 13 maggio 2021 riguardante la deducibilità della svalutazione dei crediti di modesto importo.

L’articolo 101, del TUIR concernente minusvalenze patrimoniali, sopravvenienze passive e perdite al comma 5 disciplina le perdite su crediti precisando, tra l’altro che le perdite su crediti, diverse da quelle deducibili ai sensi del comma 3 dell’articolo 106, sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi.

Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso.

Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese.

Lo stesso comma prevede, inoltre, che si considerano presenti gli elementi certi e precisi che determinano la deducibilità della perdita in tutti i casi di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili.

Con circolare n. 26/E del 1° agosto 2013 l’Agenzia, con riferimento al rispetto del principio di competenza, ha precisato che il termine di sei mesi previsto dalla norma per i crediti di modesta entità rappresenta il momento a partire dal quale la perdita può essere fiscalmente dedotta, nel rispetto del principio di previa imputazione considerato realizzato anche nel caso in cui a conto economico confluisce il costo a titolo di svalutazione e la stessa non sia stata dedotta fiscalmente.

In quella sede è stato altresì precisato che nel caso di svalutazioni effettuate “per masse” la perdita su crediti deve essere integralmente imputata all’intero ammontare delle svalutazioni operate.
Con la circolare del 4 giugno 2014 n. 14/E, con riferimento al fondo gestito per masse, è stata precisata la modalità operativa a regime della deducibilità delle perdite sui crediti di modesta entità.
In particolare è stato affermato che nel periodo d’imposta in cui si realizzano i due requisiti che consentono la deduzione automatica delle perdite sui crediti di modesto importo (imputazione del componente negativo di rettifica e maturazione della scadenza dei sei mesi), l’intero ammontare dei predetti crediti – nell’ipotesi in cui trova capienza nel valore delle svalutazioni non dedotte – deve essere attribuito, sul piano fiscale, ad una perdita su crediti.
Ciò comporta, la necessità di monitorare le vicende successive relative ai predetti crediti che: non possono generare ulteriori perdite al momento della loro successiva cancellazione dal bilancio; non possono essere presi in considerazione ai fini del calcolo del plafond di cui all’articolo 106 del TUIR.
Inoltre, il fondo svalutazione (non dedotto) per la parte corrispondente ai predetti crediti di modesta entità non può generare variazioni in diminuzione in caso di utilizzo, al pari del fondo già dedotto secondo quanto disposto all’articolo 106 del TUIR.
Resta, ovviamente fermo, il principio per cui la quota di perdite su crediti deducibile è quella eccedente l’ammontare del fondo svalutazione che ha avuto riconoscimento fiscale per il tramite della deduzione ai sensi del citato articolo 106 del TUIR.

Il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, nel rivedere la disciplina delle perdite su crediti, ha individuato con maggiore precisione i criteri temporali che individuano il momento a partire dal quale è possibile procedere alla cancellazione del credito dal bilancio in adesione ai principi contabili, qualificando tale momento rilevante anche al fine della deduzione fiscale della perdita.
Infatti all’articolo 13, comma 3, ha precisato che l’articolo 101, comma 5, si interpreta nel senso che le svalutazioni contabili dei crediti di modesta entità deducibili a decorrere dai periodi di imposta in cui sussistono elementi certi e precisi ed eventualmente non dedotte in tali periodi, sono deducibili nell’esercizio in cui si provvede alla cancellazione del credito dal bilancio in applicazione dei principi contabili.
La mancata deduzione in tutto o in parte come perdite fiscali delle svalutazioni contabili dei crediti, nell’esercizio in cui già sussistevano i requisiti per la deduzione, non costituisce violazione del principio di competenza fiscale, sempreché detta deduzione avvenga non oltre il periodo d’imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla vera e propria cancellazione del credito dal bilancio.
Quindi, compete all’impresa creditrice la scelta circa l’esercizio in cui portare in deduzione la relativa perdita e la determinazione del rispettivo ammontare, una volta soddisfatti i requisiti minimi richiesti per ammetterne la rilevanza fiscale: in presenza di svalutazioni contabili analitiche o forfetarie, la deduzione del componente negativo divenuto fiscalmente rilevante non opera in modo automatico, ma è dunque rimessa all’impresa creditrice con l’unico limite rappresentato dal periodo d’imposta nel corso del quale il credito viene cancellato dal bilancio.
L’art. 106 del tuir disposizione normativa equipara, ai fini della costituzione del “fondo fiscale”, le svalutazioni e gli accantonamenti. Ne consegue, quindi, che gli accantonamenti effettuati al fondo svalutazione crediti, soddisfano il requisito della previa imputazione ai sensi dell’articolo 109, comma 4, del TUIR. Pertanto i MC transitano a conto economico come accantonamenti, e se presentano i requisiti di cui all’articolo 101, comma 5, del TUIR, sono deducibili.
Occorre evidenziare che data la diversa natura del fondo svalutazione crediti costituito a fronte dei MC, che ai fini fiscali risulta interamente dedotto, rispetto a quello costituito in applicazione dell’articolo 106 del TUIR, che invece è parzialmente dedotto e che deve essere utilizzato nell’esercizio in cui in relazione ai crediti svalutati si verificano i requisiti della certezza e precisione, nell’esercizio in cui avviene la cancellazione dei MC, non si producono effetti fiscali e non può essere utilizzato il fondo di cui all’articolo 106 destinato a coprire le perdite di periodo.

In altri termini, il fondo costituito a fronte delle svalutazioni relative a crediti per i quali non sussistono gli elementi certi e precisi è un fondo il cui utilizzo, ai fini fiscali, deve avvenire nell’esercizio in cui si verificano i predetti elementi, l’obbligo del previo utilizzo del fondo dedotto di cui all’articolo 106 , comma 1, del TUIR, riguarda le sole perdite divenute deducibili nell’esercizio X e non quelle dedotte nell’esercizio X-1.
In caso di incasso di MC svalutati la sopravvenienza fiscalmente rilevante che emerge fa recuperare al Fondo MC le sue caratteristiche di fondo tassato, con la conseguenza che le svalutazioni pregresse costituiscono la base per dedurre perdite su altri crediti. In definitiva si ritiene che sul piano fiscale in relazione alla gestione dei MC, il Fondo svalutazione di cui all’articolo 106 del TUIR possa essere utilizzato solo nell’esercizio in cui il contribuente provveda, in assenza di svalutazioni pregresse dedotte, alla loro cancellazione in bilancio in applicazione dei principi contabili.
In altri termini, indipendentemente dalle procedure di calcolo che s’intende seguire, la cancellazione in bilancio dei MC svalutati e dedotti in un esercizio precedente non potendo implicare più alcuna deduzione, non può produrre effetti fiscali.