Cassazione Sezioni Unite: la notifica a soggetto parzialmente irreperibile.

La sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 10012 del 15 aprile 2021, afferma due principi.

Il primo è quello per cui il ricorrente che, in sede d’impugnazione di un atto impositivo, ne lamenti l’illegittimità, per omessa rituale notifica dell’atto presupposto, non è onerato di impugnare quest’ultimo, congiuntamente al primo. In altre parole, in caso di notificazione di una cartella di pagamento non preceduta dall’avviso di accertamento, è sufficiente impugnare la prima e non è necessario impugnare entrambi gli atti congiuntamente.
La Corte Suprema fonda il proprio assunto su due rilievi:
- il procedimento di riscossione si fonda su di una sequenza procedimentale regolata dal legislatore, nel cui contesto la ritualità della notifica e, comunque, l’efficacia dell’atto presupposto (condizionata dalla correttezza della notifica) costituisce condizione di legittimità dell’atto successivo di tale sequenza;
- l’art. 19, comma 3, D.Lgs. n. 546/1992 attribuisce al contribuente la facoltà, non l’onere, d’impugnare, unitamente all’atto successivo nella serie procedimentale, anche l’atto presupposto.
Ne discende, osservano le Sezioni Unite, che il contribuente potrà:
i) limitarsi a contestare la legittimità dell’atto impugnato, per difetto di rituale notifica dell’atto presupposto. In tale evenienza il Giudice dovrà limitarsi ad appurare se tale notificazione sia corretta e, in caso di esito positivo dell’accertamento, dovrà rigettare il ricorso; in caso negativo, lo accoglierà, statuendo per l’illegittimità dell’atto dipendente oggetto d’impugnazione. Va da sé che, laddove l’Amministrazione sia frattanto incorsa in decadenza – avuto riguardo alla disciplina dei termini di accertamento – per notificare l’atto impositivo presupposto, l’effetto della statuita illegittimità dell’atto dipendente sarà quello dell’estinzione della pretesa in esso recata: ossia, della sua definitiva inesigibilità;
ii) optare per l’impugnazione, congiuntamente all’atto dipendente, dell’atto presupposto; ciò che il contribuente avrà interesse a fare nel momento in cui l’ente impositore sia ancora in termini per eseguire l’eventuale rinnovazione della notifica del menzionato atto impositivo presupposto.
Il principio affermato dalle Sezioni Unite, riguardo alla connotazione del procedimento tributario, fa seguito a quanto già dichiarato dalle medesime Sezioni Unite nella sentenza n. 5791/2008.
Inoltre, la statuizione per cui il contribuente ha la facoltà, non l’onere, di impugnare l’atto presupposto nella sequenza procedimentale, congiuntamente all’atto dipendente, nel caso in cui venga lamentata l’omessa rituale notifica del primo, consolida quanto già stabilito, in termini conformi, dalla Sezione Tributaria nelle sentenze n. 1144/ 2018 e n. 24058/2014.

La notifica a soggetto relativamente irreperibile.
Il secondo principio affermato dalle Sezioni Unite, più importante sotto l’aspetto operativo perchè nuovo, attiene alle condizioni in presenza delle quali può essere qualificata come rituale la procedura di notifica a mezzo posta a soggetto relativamente irreperibile, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 890.
La motivazione della pronuncia si articola sui seguenti passaggi:
- nel caso di irreperibilità relativa del destinatario della notifica, l’art. 8 prevede che l’atto notificato debba essere depositato presso l’Ufficio postale più prossimo. Dunque, l’atto non entra nella sfera di effettiva conoscibilità del destinatario, diversamente dal caso in cui esso è consegnato a persona diversa (es: legata al notificatario da vincoli familiari, lavorativi etc.) che lascia ragionevolmente presumere l’ingresso dell’atto notificando in tale sfera di conoscibilità;
- la conoscibilità dell’atto notificato è presupposto necessario per l’effettivo esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale (articoli 24 e 111 Cost.);
Pertanto, l’art. 8 deve essere interpretato in via adeguata a Costituzione; garantendo, dunque, la ragionevole possibilità, al destinatario, di acquisire effettiva conoscenza dell’atto notificando.
Ai fini dell’accertamento della ritualità della notifica ai sensi dell’art. 8 non è sufficiente che l’agente postale notificatore invii la cd. raccomandata informativa (cd. CAD); laddove il contribuente contesti in giudizio la ritualità della notificazione, in ossequio al principio per cui compete al notificante l’onere di provarla, costui è onerato di depositare in giudizio la copia dell’avviso di ricevimento di tale seconda raccomandata, ovvero, nel caso di sua mancata ricezione da parte del destinatario, l’attestazione dell’affissione del secondo avviso presso la porta d’ingresso o nella cassetta postale; solo così è possibile appurare se l’atto notificando sia entrato nella sfera di ragionevole effettiva conoscibilità del suo destinatario;
Laddove l’Ufficio non ottemperi a tale onere probatorio o risulti non rispettata tale procedura di notifica, alla conseguente declaratoria di invalidità della medesima, discende anche quella di illegittimità dell’atto di accertamento notificato e di illegittimità derivata degli atti della riscossione impugnati.

Si tratta di motivazione in linea con i principi in tema di notificazione già affermati dalla Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost. n. 346/1998; Corte Cost., n. 3/2010) e attuativa del corretto criterio del bilanciamento tra il diritto del soggetto notificante all’acquisizione della certezza giuridica degli effetti della intervenuta notifica, e quello del notificato a essere posto in ragionevole condizione di poter effettivamente esercitare il proprio diritto alla tutela giurisdizionale. il principio non era però univocamente evocato dalle ultime sentenze di Cassazione e si è perciò reso necessario l’intervento delle sezioni unite.
Il principio affermato dalle Sezioni Unite è, inoltre, allineato alla giurisprudenza della Corte di Cassazione riguardo alla notificazione, a soggetto relativamente irreperibile, delle cartelle di pagamento, ex art. 26 del D.P.R. n. 602/1973: anche in tal caso, è stata affermata, ai fini della validità della notifica, la necessità della prova, da parte dell’Agente della riscossione, della ricezione della cd. raccomandata informativa (Cass. n. 14250/2020; Cass. n. 27825/2018), sulla base di quanto statuito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 258/2012.

BILANCI 2020. RIVALUTAZIONE BENI COME FARE.

L’esercizio in chiusura al 31.12.2020 vede la nuova grande opportunità di rivalutazione dei beni d’impresa.
La norma sulle rivalutazione dei beni è contenuta nell’articolo 110 del D.L. n. 104/2021 (decreto Agosto) che ha previsto a favore delle società di capitali ed enti commerciali che redigono il bilancio in base agli OIC e, tra gli altri, anche dei soggetti non residenti con Stabile Organizzazione in Italia, la rivalutazione dei seguenti beni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019 (bilancio di riferimento):
- beni materiali e immateriali esclusi gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa;
- partecipazioni in società controllate e collegate, purché costituenti immobilizzazioni finanziarie.
Le principali novità contenute nella normativa introdotta dal decreto Agosto rispetto alle precedenti leggi di rivalutazione sono in sintesi le seguenti:
- la possibilità di effettuare una rivalutazione anche ai soli fini civilistici, senza dover assolvere alcuna imposta sostitutiva;
- la facoltà di operare la rivalutazione anche per singolo bene, senza dover procedere necessariamente per categorie omogenee;
- la previsione di un’aliquota unificata (3%) notevolmente ridotta rispetto a quella prevista in passato;
- la decorrenza del riconoscimento dei maggiori valori affrancati a partire dall’esercizio successivo a quello della rivalutazione/riallineamento (effetto prima differito a partite dal terzo esercizio successivo);
- l’estensione dell’ambito oggettivo della disciplina del riallineamento anche all’avviamento e alle altre attività immateriali iscritte in bilancio.
Per le modalità applicative delle operazioni di rivalutazione beni sul bilancio di esercizio 2020 la normativa rinvia alle precedenti disposizioni legislative in materia, di cui si dirà in seguito.
Si segnala che -con specifico riferimento all’ambito oggettivo e soprattutto per quanto attiene la rivalutazione dei beni immateriali (marchi, avviamento)- di recente l’Organismo italiano di contabilità, con il documento interpretativo n. 7 pubblicato il 31 marzo 2021, ha reso interessanti chiarimenti.
Sotto l’aspetto operativo i beni presenti in bilancio possono quindi essere rivalutati:
- ciascuno in modo distinto senza, perciò, dover rivalutare tutti i beni appartenenti alla medesima categoria omogenea (come accaduto in passato);
- nel limite del valore ad essi attribuibile in base (i) alla loro consistenza, capacità produttiva, effettiva possibilità di utilizzazione economica nell’impresa ovvero (ii) ai valori correnti.
La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 e quindi, di norma, nel bilancio al 31 dicembre 2020 (c.d. “bilancio di rivalutazione”).
Le imprese che hanno l’esercizio non coincidente con l’anno solare possono eseguire la rivalutazione nel bilancio o rendiconto relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019 se approvato successivamente al 14 ottobre 2020 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto Agosto) e a condizione che i beni d’impresa e/o le partecipazioni da rivalutare risultino dal bilancio dell’esercizio precedente.
La rivalutazione deve essere annotata nell’inventario e nella nota integrativa ove è opportuno indicare i criteri e le modalità attraverso cui la rivalutazione è effettuata. In particolare per i beni immobili, non destinati alla rivendita, la normativa non impone una perizia di stima ma questa potrebbe rendersi opportuna per dimostrare che l’importo del bene rivalutato non supera il suo valore corrente.
Come anticipato la rivalutazione può essere effettuata:
- con valenza anche fiscale, mediante il pagamento di una imposta sostitutiva, ai fini IRES e IRAP, molto favorevole del 3% (misura valida per tutti i beni rivalutabili ammortizzabili e non ammortizzabili);
- ai soli fini civilistici, senza assolvimento di imposta sostitutiva.
Ai fini fiscali la rivalutazione in oggetto produce effetti (questa altra importante novità) sin dall’esercizio 2021 per quanto attiene gli ammortamenti dei beni rivalutati, mentre dal 1.1.2024 per quanto attiene la determinazione delle plusvalenze in caso di vendita del bene rivalutato.
La rivalutazione operata a soli fini civilistici comporta la determinazione di un cd “doppio binario” contabile-fiscale e l’impresa dovrà tenere conto sia nei propri bilanci che nelle dichiarazioni dei redditi della differenza di valore del bene.
La rivalutazione comporta come contropartita l’iscrizione di una riserva di patrimonio netto da iscrivere nella voce A.III, al netto dell’imposta sostitutiva (3%), che deve essere designata con riferimento alla normativa istitutiva.
Se non affrancata emergerà come riserva in sospensione di imposta (se la rivalutazione del bene ha valenza anche fiscale) che, in caso di distribuzione:
a) concorre alla formazione del reddito imponibile sia della società (importo erogato lordo dell’imposta sostitutiva del 3%) che dei soci,
b) comporta il riconoscimento in capo alla medesima società di un credito di imposta ai fini IRES in misura pari all’imposta sostitutiva (3%);
La rivalutazione ai soli fini civilistici produce la emersione di una riserva che in caso di distribuzione:
a) non ha conseguenze fiscali in capo alla società,
b) concorre alla formazione del reddito imponibile dei soci.
É possibile “affrancare” la riserva suddetta (se iscritta rispetto ad una rivalutazione con valenza anche fiscale) mediante il pagamento di una imposta sostitutiva, ai fini IRES e IRAP, del 10% che eliminerebbe gli effetti fiscali sulla società (non sui soci) in caso di distribuzione.
Le imposte sostitutive (3% sulla rivalutazione ed eventuale del 10% sulla Riserva) dovranno essere versate in un massimo di tre rate annuali di pari importo:
- la prima con scadenza entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita (i.e. 2020, per i soggetti «solari»),
- le altre con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d’imposta successivi.
Gli amministratori e il collegio sindacale devono indicare e motivare nelle loro relazioni:
- i criteri seguiti nella rivalutazione delle varie categorie di beni;
- attestare che la rivalutazione non ecceda i limiti di valore previsti dalla normativa.
In sede di formazione e approvazione del bilancio dell’esercizio in cui viene operata la rivalutazione (di norma il bilancio al 31 dicembre 2020):
- gli amministratori, nel verbale del consiglio di amministrazione, devono far riferimento alla rivalutazione ed ai relativi effetti sul patrimonio netto;
- l’assemblea deve far riferimento alla rivalutazione ed ai relativi effetti sul patrimonio netto e deliberare in merito all’apposizione del vincolo di sospensione di imposta della riserva di rivalutazione.