Dal 2 marzo 2020 dichiarazioni di intento nel cassetto fiscale.

Dal 2 marzo 2020 l’Agenzia delle Entrate renderà disponibili a ciascun fornitore, nel Cassetto fiscale, le informazioni relative alle dichiarazioni d’intento trasmesse dagli esportatori abituali per via telematica all’Agenzia stessa, al fine di consentire a questi ultimi di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti senza applicazione dell’imposta.
Lo prevede il provvedimento del 27 febbraio 2020 con cui l’Agenzia fornisce le indicazioni operative legate alle modifiche apportate dal decreto Crescita alla disciplina delle dichiarazioni d’intento.
Pubblicato anche il nuovo modello di lettera d’intento, da utilizzare dal 2 marzo.

Con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 96911/2020 del 27 febbraio 2020 sono state finalmente individuate le modalità operative per l’attuazione delle modifiche apportate dall’art. 12-septies del decreto Crescita alla disciplina delle dichiarazioni d’intento.
L’Agenzia ha aggiornato anche il modello di dichiarazione d’intento di acquistare o importare beni e servizi senza applicazione dell’IVA, le relative istruzioni e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati.
Intervenendo sulla formulazione dell’art. 1, lettera c), D.L. n. 746/1983, il decreto Crescita ha previsto che, per potersi avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza l’applicazione dell’IVA, l’esportatore abituale deve inviare apposita dichiarazione d’intento per via telematica all’Agenzia delle Entrate che rilascia la ricevuta con l’indicazione del protocollo di ricezione. La dichiarazione d’intento può riguardare anche più operazioni.
Gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento devono essere, quindi, indicati nelle fatture emesse in base ad essa, ovvero devono essere indicati dall’importatore nella dichiarazione doganale.
A decorrere quindi dal 2020, è onere del fornitore dell’esportatore abituale:
- eseguire un riscontro telematico dell’avvenuta trasmissione all’Agenzia delle entrate della dichiarazione d’intento;
- indicare sulla fattura emessa gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento verificato telematicamente.
A seguito di tale modifica, pertanto, in capo all’esportatore abituale viene meno l’obbligo di consegnare al proprio fornitore la dichiarazione d’intento e la ricevuta di presentazione rilasciata dall’Agenzia così come in capo al fornitore quello di riepilogare nella dichiarazione IVA i dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento ricevute.
Viene, inoltre, stabilito che i soggetti che si avvalgono della dichiarazione d’intento in dogana sono esonerati dalla presentazione della copia cartacea della dichiarazione stessa.
Infine, mediante l’abrogazione dell’art. 1, comma 2, D.L. n. 746/1983 è stato eliminato anche l’obbligo da parte del dichiarante e dal fornitore o prestatore di numerare progressivamente le dichiarazioni d’intento e di annotarle entro i 15 giorni successivi a quello di emissione o ricezione in un apposito registro.
Queste modifiche avrebbero dovuto trovare applicazione già dal 1° gennaio 2020, ma fino a ieri mancavano le disposizioni attuative, che sono state finalmente fornite con il provvedimento n. 96911/2020 del 27 febbraio 2020.
Secondo il provvedimento, al fine di consentire agli esportatori abituali di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti senza applicazione dell’IVA, l’Agenzia delle Entrate – a partire dal 2 marzo 2020 – rende disponibili a ciascun fornitore indicato dagli esportatori abituali nelle dichiarazioni di intento acquisite dalla stessa, le informazioni relative alle dichiarazioni d’intento stesse.
La consultazione delle dichiarazioni d’intento potrà avvenire:
- da parte dei fornitori, comunicati dagli esportatori abituali nelle dichiarazioni di intento acquisite dall’Agenzia delle Entrate, mediante i servizi telematici dell’Agenzia, consultando il proprio Cassetto fiscale;
- da parte degli intermediari già delegati dai fornitori degli esportatori abituali, sempre mediante la consultazione del proprio Cassetto fiscale.
E così, la semplificazione introdotta dal decreto Crescita risulta operativa a distanza di due mesi rispetto a quella che era la decorrenza originariamente prevista.
Quando previsto dal provvedimento del 27 febbraio 2020 sconfessa la risposta del MEF al question time in commissione Finanze alla Camera (interrogazione n. 5-03673 ), secondo cui le nuove regole procedurali sulla gestione delle lettere d’intento non sono condizionate dal provvedimento di attuazione previsto dal decreto Crescita – allora non ancora pubblicato – in quanto le stesse prevedono solo delle semplificazioni operative e non introducono nessun ulteriore obbligo sostanziale.
Di conseguenza, gli operatori avrebbero già dovuto seguire le nuove regole procedurali dal 1° gennaio 2020.
In particolare, l’art. 12-septies del D.L. n. 34/2019 stabilisce che l’esportatore abituale deve predisporre, come da modello approvato con provvedimento del 2 dicembre 2016, una dichiarazione d’intento che deve trasmettere telematicamente alle Entrate che rilasciano una apposita ricevuta riportante anche un protocollo di ricezione. L’esportatore abituale non deve più:
- né annotare in apposito registro la lettera d’intenti,
- né formalmente inviarla al fornitore o consegnarla, in caso di importazione, alla dogana.
Il fornitore a sua volta, però, deve indicare nella fattura emessa senza applicazione dell’imposta gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione presentata dall’esportatore, rilasciato dalle Entrate.
Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate Prot. n. 96911/2020 del 27 febbraio 2020 è stato approvato anche un nuovo modello di dichiarazione d’intento da utilizzare dal 2 marzo 2020. L’utilizzo del modello approvato con provvedimento del 2 dicembre 2016 è comunque consentito fino al sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione del Provvedimento sul sito internet dell’Agenzia delle entrate (27 aprile 2020).

Trasferimento aree a tassa fissa se in conseguenza di Convenzione.

L’atto di trasferimento in esecuzione di una Convenzione urbanistica preordinato alla trasformazione del territorio può fruire dell’agevolazione dell’imposta di registro in misura fissa e dell’esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali, laddove sia riconducibile alle disposizioni della Legge Bucalossi, e sia propedeutico alla concretizzazione della finalità trasformativa del territorio. Lo ha reso noto l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 76 del 27 febbraio 2020, con cui ha fornito chiarimenti sulle agevolazioni riguardanti gli atti preordinati alla trasformazione del territorio posti in essere mediante accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici.

Nella risposta a interpello n. 76 del 27 febbraio 2020 l’Agenzia delle Entrate ha illustrato le agevolazioni fiscali applicabili agli atti preordinati alla trasformazione del territorio e alla cessione di terreni in esecuzione di una Convenzione urbanistica.
L’imposta di registro in misura fissa e l’esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale si applica anche a tutti gli atti preordinati alla trasformazione del territorio posti in essere mediante accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici, nonché a tutti gli atti attuativi posti in essere in esecuzione dei primi.
Questa nuova formulazione appare volta ad ampliare la portata applicativa della previsione agevolativa, in quanto la stessa viene di fatto estesa ad atti, compresi quelli attuativi, in precedenza non agevolati, purché gli stessi siano comunque finalizzati alla “trasformazione del territorio” e siano posti in essere sulla base di “accordi o convenzioni tra privati ed enti pubblici”.
La novità introdotta dalla Legge n. 205/2017 deve essere comunque coordinata con la legge n. 10/1977 – legge Bucalossi – per cui il regime agevolativo previsto non potrebbe di conseguenza essere esteso ad atti che, sebbene genericamente preordinati alla trasformazione del territorio, non abbiano quale oggetto interventi edilizi riconducibili a quelli previsti dalla legge n. 10/1977.
Quindi occorre verificare sia la riconducibilità dell’intervento previsto nella convenzione con la legge n. 10/1977, oltre che se ricorra la capacità dell’atto di trasferimento del terreno a realizzare direttamente ed immediatamente la funzione di trasformazione del territorio.
Il trasferimento dei terreni in esame, assume, dunque, ai fini dell’agevolazione in questione, la valenza di un evento negoziale strumentale all’articolazione della trasformazione del territorio, in quanto, in mancanza dello stesso trasferimento, non sarà possibile assolvere agli obblighi di trasformazione del territorio contratti con la convenzione. Tale presupposto, quindi, ne fa discendere una connessione funzionale con la finalità della trasformazione del territorio, proprio in quanto l’atto di trasferimento in parola trova la propria causa nella convenzione stipulata tra l’ente territoriale ed il soggetto attuatore.
In questo caso, si ritiene che l’atto di trasferimento in parola possa fruire dell’agevolazione dell’imposta di registro in misura fissa ed esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali, nel presupposto che sia riconducibile alle disposizioni di cui alla legge Bucalossi e e sia propedeutico alla concretizzazione della finalità trasformativa del territorio.

Imposta di successione e aziende, la comproprietà dà diritto a esenzione.

Finalmente un chiarimento ufficiale da parte dell’Agenzia in merito al trattamento ai fini dell’imposta di successione quando nell’asse è ricompresa una o più aziende (società).

L’esenzione dall’imposta di donazione prevista per i trasferimenti di aziende o rami di esse effettuati a favore dei discendenti e del coniuge, viene chiarito, trova applicazione anche per i trasferimenti che consentano l’acquisizione o l’integrazione del controllo in regime di comproprietà, a condizione che i diritti dei comproprietari vengano esercitati da un rappresentante comune, che disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.
Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con le risposte a interpello n. 37 e 38 del 7 febbraio 2020.

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato le risposte a interpello n. 37 e 38 del 7 febbraio 2020 aventi ad oggetto i trasferimenti a favore dei discendenti e del coniuge con prosecuzione dell’esercizio dell’attività di impresa.
Il TUS dispone che i trasferimenti di aziende o rami di esse effettuati a favore dei discendenti e del coniuge non sono soggetti a imposta di donazione.
Questo beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo una apposita dichiarazione.
Nel caso in cui non vi sia il rispetto delle condizione si ha la decadenza dal beneficio, il pagamento dell’imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa e degli interesse di mora.
La norma vuole favorire il passaggio generazionale delle aziende di famiglia, a condizione, tuttavia, che i beneficiari del trasferimento proseguano l’attività d’impresa o mantengano il controllo della società, per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento.
Il predetto trattamento agevolativo spetta, quindi, esclusivamente ai beneficiari sempreché rendano, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione di proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa o detenere il controllo dell’attività d’impresa.
L’Agenzia delle entrate ha chiarito che nell’ipotesi in cui oggetto del trasferimento siano quote o azioni emesse da società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato, l’esenzione spetta per il solo trasferimento di partecipazioni che consente ai beneficiari di acquisire oppure integrare il controllo.
Il controllo di diritto si realizza quando un soggetto dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di una società, ossia detiene più del 50 per cento delle quote o azioni della società, con diritto di voto nell’assemblea ordinaria.
Generalmente il diritto di voto nell’assemblea ordinaria spetta all’usufruttuario; tuttavia, non si preclude la facoltà di stabilire, con apposito accordo, una diversa attribuzione del diritto di voto. Inoltre, nell’ipotesi in cui una partecipazione di controllo, posseduta dal dante causa, venga frazionata tra più discendenti, l’agevolazione spetta esclusivamente per l’attribuzione che consente l’acquisizione o l’integrazione del controllo da parte del discendente; mentre nel caso in cui il trasferimento della partecipazione di controllo avvenga a favore di più discendenti in comproprietà, il beneficio viene sempre riconosciuto.
In definitiva l’agevolazione trova applicazione anche per i trasferimenti che consentano l’acquisizione o l’integrazione del controllo in regime di comproprietà, a condizione che i diritti dei comproprietari vengano esercitati da un rappresentante comune, che disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.
Ovviamente il venir meno della comunione prima del decorso dei cinque anni dal trasferimento delle quote, comporterebbe la perdita del requisito del controllo e, dunque, la decadenza dal beneficio, con pagamento dell’imposta nella misura ordinaria.

Corte di Cassazione: la modifica di rendita va adeguatamente motivata

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2842, depositata ieri 6 febbraio 2020, ha stabilito che l’attribuzione della nuova rendita catastale deve essere contestualizzata in riferimento alle singole unità immobiliari, con oneri motivazionali a carico dell’Ufficio che devono adeguarsi ad esigenza di concretezza ed analiticità. Conseguentemente non può ritenersi sufficiente una motivazione standardizzata, applicata indistintamente, che si limiti a richiamare semplicemente i presupposti normativi in astratto.

L’Ufficio notificava ad un contribuente un avviso di accertamento catastale, con il quale si rideterminava il classamento e la rendita (aumentandola) di un immobile. Veniva proposto ricorso con il quale si eccepiva, tra l’altro, il difetto di adeguata motivazione dell’atto impositivo, oltre all’assenza di attività istruttoria da parte dell’Agenzia in relazione alle caratteristiche effettive del bene in questione. La CTP accoglieva la domanda del contribuente ma la decisione era ribaltata in appello, dove la CTR riteneva corretto e legittimo il comportamento tenuto dall’Ufficio. Il contribuente impugnava quindi la sentenza di secondo grado, lamentando sostanzialmente l’erronea ovvero insufficiente motivazione della stessa sotto diversi profili.

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 2842, depositata il 6 febbraio 2020, ha accolto il ricorso del contribuente e, decidendo nel merito, ha annullato l’atto impositivo originariamente impugnato senza necessità di rinvio. Rispetto a quando l’avviso di classamento consegua ad un’iniziativa del contribuente, se, come nella specie, è l’Agenzia ad eseguire d’ufficio il mutamento di classe e rendita, l’obbligo di motivazione dell’accertamento assume una connotazione ancora più ampia: infatti, andandosi ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario evidenziare elementi di discontinuità che ne legittimino la variazione. In particolare va specificato se detto mutamento consegue a trasformazioni specifiche subite dall’immobile in questione oppure ad una risistemazione dei parametri relativi alla zona in cui esso si colloca. L’Ufficio, se intende rivedere i parametri di una microzona, basandosi sul significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato e quello catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, non può emettere un provvedimento che faccia solo riferimento a generici ed astratti parametri di legge ed a provvedimenti amministrativi a fondamento del classamento. Unica eccezione è se almeno da questi ultimi siano evincibili gli elementi che, in concreto, hanno inciso sulla modifica di classe e rendita. L’obbligo di motivazione gravante sull’Agenzia deve essere infatti assolto in maniera rigorosa, in modo che il contribuente sia messo in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento e potersi difendere di conseguenza. Peraltro la motivazione del riclassamento deve essere così specifica anche per delimitare immediatamente l’oggetto dell’eventuale futuro contenzioso: infatti detta motivazione non può essere integrata dall’Ufficio nel giudizio di impugnazione avverso il relativo atto impositivo. A tal proposito risulta in ogni caso irrilevante che il contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese, perché altrimenti si legittimerebbe un inammissibile giudizio ex post sulla sufficienza della motivazione in base alla difesa svolta dal contribuente, invece che un giudizio ex ante fondato sulla rispondenza degli elementi in concreto esposti.
Nella specie la CTR aveva erroneamente ritenuto sufficientemente motivato l’atto fondato esclusivamente sulla revisione generalizzata del classamento degli immobili compresi in una determinata microzona e sul riferimento di immobili similari in base alla sola collocazione nella medesima microzona.
L’atto impositivo non aveva quindi rispettato gli obblighi motivazionali imposti e pertanto va annullato.

arriva il DURC fiscale

Arriva il al DURC fiscale, il nuovo certificato di regolarità fiscale per gli appalti labour intensive.

Dal prossimo 17 febbraio, appaltatori e subappaltatori devono effettuare le ritenute fiscali e versare le imposte sui redditi di lavoro dei propri dipendenti con F24 separati e senza poter utilizzare l’istituto della compensazione.
A sua volta il committente è tenuto a verificare le deleghe di pagamento degli appaltatori e dei subappaltatori, confrontando gli importi versati con quelli comunicati e segnalare eventuali irregolarità all’Agenzia delle Entrate territorialmente competente. Il possesso del DURC fiscale consente di essere esclusi da tali nuovi obblighi.

E’ stato infatti pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate il provvedimento 6 febbraio 2020, n. 54730 con cui è stato approvato lo schema di certificazione dei requisiti previsti dall’articolo 17-bis, comma 5, del D. Lgs. n. 241/1997.
La certificazione assume una grande importanza per tutti i soggetti coinvolti nella filiera degli affidamenti di opere e servizi negli appalti in quanto consente di chiedere la disapplicazione del complicato meccanismo introdotto dall’articolo 4 del decreto fiscale 2020 (decreto legge n. 26 ottobre 2019, convertito dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157 con effetto dal 1° gennaio 2020).
A seguito dell’approvazione del modello è possibile ottenere la certificazione anche se, nella prima fase, la richiesta deve essere effettuata direttamente agli sportelli degli uffici territoriali della direzione provinciale dell’Agenzia delle Entrate competente .
Più avanti, dovrebbe essere invece messa a disposizione direttamente nel cassetto fiscale disponibile nell’area riservata del sito internet delle Entrate.

E’ utile ricordare che la disciplina prevede nuovi adempimenti per il versamento delle ritenute fiscali, ma anche dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi assicurativi che debbono essere versati separatamente per ogni affidamento di opera o servizio e senza possibilità di compensazione di eventuali crediti.
La nuova disciplina si applica ai soggetti coinvolti nell’affidamento ad imprese del compimento di un’opera o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore ad euro 200.000 tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera e svolti presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma (tali condizioni debbono sussistere congiuntamente).

In tali ipotesi, infatti, i committenti debbono richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, che a loro volta sono obbligate a rilasciarle, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali trattenute sulle somme corrisposte ai lavoratori dipendenti ed a coloro che percepiscono redditi a questi assimilati.
Le ritenute fiscali soggette a tale obbligo sono quelle trattenute dall’impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio.
Per consentire le predette verifiche, il versamento delle ritenute deve essere effettuato con F24 separati (per la compilazione si veda la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 109/E del 24/12/2019), senza possibilità di utilizzo dell’istituto della compensazione.
Inoltre, è necessario che, entro i 5 giorni lavorativi successivi alla scadenza, i versamenti vengano trasmessi al committente e, per le imprese subappaltatrici, anche all’impresa appaltatrice assieme ad un elenco dei lavoratori, al fine del riscontro tra ritenute trattenute ai lavoratori impegnati nell’esecuzione dell’opera o del servizio e versamento effettuato.

Il committente, in caso di mancata ottemperanza degli obblighi da parte dell’impresa appaltatrice o affidataria o delle imprese subappaltatrici, nonché qualora risultasse l’omesso o insufficiente versamento delle ritenute fiscali rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa, deve sospendere, finché perdura l’inadempimento, il pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa appaltatrice o affidataria sino a concorrenza del 20% del valore complessivo dell’opera o del servizio ovvero per un importo pari all’ammontare delle ritenute non versate rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa.
Se l’inadempimento perdura per 90 giorni, il committente ha altresì l’onere di farne comunicazione all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente in relazione al domicilio fiscale dello stesso committente.
Nel caso d’inottemperanza del committente è prevista una sanzione nei suoi confronti pari a quella irrogata all’impresa appaltatrice o affidataria o subappaltatrice per la corretta determinazione delle ritenute e per la corretta esecuzione delle stesse, nonché per il tempestivo versamento.
Anche per il pagamento di tale sanzione è esclusa la possibilità di avvalersi dell’istituto della compensazione.

E’ possibile evitare tale disciplina chiedendo al committente l’esclusione alle condizioni e con le modalità previste dai commi 5, 6 e 7 del nuovo articolo 17 bis del D. Lgs. n. 241/1997, inserito dall’articolo 4 del D. L. n. 124/2019.
Più specificamente, è previsto il possesso di alcuni requisiti che consentano di ottenere un documento di regolarità fiscale rilasciato dall’Agenzia delle Entrate secondo quanto previsto dal provvedimento n. 54730/2020.
Ottenuto tale certificato, le imprese appaltatrici o affidatarie o subappaltatrici dovranno effettuare apposita comunicazione al committente in cui si richiede l’esclusione dalla disciplina di cui all’articolo 4 del D.L. n. 124/2019, allegando la certificazione ottenuta.
La certificazione di regolarità può essere rilasciata dall’Agenzia delle Entrate all’impresa in possesso dei seguenti requisiti che debbono sussistere nell’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza del modello F24 cui le ritenute si riferiscono:
· risultino in attività da almeno tre anni, siano in regola con gli obblighi dichiarativi e abbiano eseguito nel corso dei periodi d’imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime. L’ufficio verifica che risultino presentate le dichiarazioni dei redditi nell’ultimo triennio, procedendo a ritroso con riferimento all’ultimo giorno del mese oggetto della richiesta.
· non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori ad euro 50.000,00, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione. Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano per le somme oggetto di piani di rateazione per i quali non sia intervenuta decadenza. Per tale requisito, puntualizza il provvedimento dell’Agenzia,rilevano esclusivamente i debiti riferiti imposte, ritenute e contributi previdenziali, escludendo interessi, sanzioni ed oneri diversi.
Il provvedimento n. 54730/2020 prevede che la certificazione sia messa a disposizione a partire dal terzo giorno lavorativo di ogni mese, abbia validità di 4 mesi dalla data del rilascio e debba essere richiesta direttamente agli uffici dell’Agenzia delle Entrate che la rilasceranno contestualmente.
In particolare, il documento potrà essere richiesto presso un qualunque ufficio territoriale della Direzione provinciale competente in base al domicilio fiscale dell’impresa, salvo diverso atto organizzativo adottato dal Direttore provinciale. Per i soggetti grandi contribuenti il certificato è messo a disposizione presso le Direzioni regionali, competenti ai sensi dell’articolo 27 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185.
Il documento è esente da bollo.
Gli interessati potranno segnalare all’ufficio che ha emesso il certificato eventuali ulteriori dati che so ritenessero non considerati. L’ufficio verifica tali dati e richiede, laddove necessario, conferma delle informazioni relative ai carichi affidati agli agenti della riscossione che forniscono riscontro secondo tempi e modalità definiti d’intesa. Qualora ricorrano i presupposti, l’ufficio procede all’emissione di un nuovo certificato.
La situazione dei contribuenti verrà successivamente aggiornata con periodicità mensile, anche se il certificato – come anticipato – ha validità di 4 mesi.
A regime, tuttavia, coerentemente con quanto previsto dal comma 6 dell’art. 17 bis del D. Lgs. n. 241/1997, la certificazione dovrebbe essere messa a disposizione dei contribuenti direttamente nel cassetto fiscale dell’Agenzia delle Entrate.