Il nuovo concordato preventivo biennale per le pmi. Nuovo rapporto con l’agenzia negli accertamenti

La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 21 febbraio 2024 del decreto attuativo della riforma fiscale portata dalla legge 9 agosto 2023, n. 111 sull’accertamento tributario e sul concordato preventivo biennale (D.Lgs. n. 13/2024) segna l’entrata in vigore delle disposizioni del decreto: l’art. 41 prevede, infatti, che il decreto entri “in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione”.
Tuttavia, pare opportuno fare chiarezza sulla concreta applicabilità delle novità che interessano il procedimento di accertamento con adesione e la possibilità di definizione biennale del reddito in accordo con l’Agenzia delle Entrate, istituto che costituisce assoluta novità nel panorama fiscale italiano.
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L’impatto delle novità del decreto delegato
Innanzitutto, il provvedimento contempla alcune novità che vanno a ridisegnare l’assetto della definizione concordata del contribuente alle contestazioni tributarie, resesi necessarie per coordinare il D.Lgs. n. 218/1997 con la previsione di un obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo, disposto dal D.Lgs. n. 219/2023 che è intervenuto sullo Statuto dei diritti del contribuente introducendo l’art. 6-bis sul contraddittorio preventivo.
L’art. 1 del nuovo decreto, rubricato “Partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento e relativa razionalizzazione”, impone agli Uffici una rinnovata e diversa strutturazione interna ai fini dello svolgimento delle attività di controllo – intese nel loro complesso – e dei rapporti con il contribuente. Non è difficile immaginare, invero, che l’inserimento degli atti volti al recupero dei crediti indebitamente compensati nell’elencazione degli atti definibili in adesione, la previsione che reintroduce l’adesione agevolata dei PVC e quella che impone l’espressa indicazione dell’invito a formulare osservazioni ovvero, in alternativa, alla presentazione dell’istanza di accertamento con adesione, per fare solo alcuni esempi, richiederanno una importante opera di progettazione dei nuovi modelli di atto impositivo e di nuove procedure.
Non meno impattante, da questo punto di vista, sarà anche la gestione della nuova timeline dettata dal decreto: il contribuente potrà formulare istanza di accertamento con adesione entro 30 giorni dalla comunicazione dello schema di provvedimento, ovvero riservarsi tale possibilità nei 15 giorni successivi alla notifica dell’avviso di accertamento o di rettifica (qualora precedentemente abbia presentato solo osservazioni sullo schema di provvedimento). Ma ancora, ove il contribuente si limiti a formulare osservazioni allo schema di accertamento, le parti potranno di comune accordo attivare il procedimento di adesione se l’istruttoria faccia emergere i presupposti per una definizione concordata.
Il decreto modifica, inoltre, la disciplina relativa alla sospensione del termine per proporre ricorso nelle ipotesi di avvio del procedimento di adesione successiva alla presentazione di osservazioni e alla notifica dell’atto di accertamento: proprio sul presupposto dell’effettività del contraddittorio preventivo, difatti, il Governo ha ritenuto sufficiente un periodo di soli 30 giorni per l’ulteriore “tentativo” di accordo (in luogo della sospensione per 90 giorni, ancor oggi applicabile in tutti i casi di adesione).
Vi è poi da considerare l’art. 5-quater, di nuova introduzione nel
D.Lgs. n. 218/1997, che prevede due forme di adesione ai verbali di constatazione: se nel caso di adesione “non condizionata” l’Ufficio avrà tempo 60 giorni dalla comunicazione del contribuente per la notifica di un atto di definizione dell’accertamento parziale, nella differente ipotesi di adesione “condizionata” i verbalizzanti potranno correggere e aggiornare il verbale – sulla base di quanto prospettato dal contribuente – dandone informazione entro soli 10 giorni al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate e solo da quest’ultima comunicazione decorrerà il termine di 60 giorni per l’emissione dell’atto di definizione.
Effetti posticipati agli atti emessi dal 30 aprile
Questa breve disamina, che copre unicamente una parte delle innovazioni che interessano il procedimento di accertamento con adesione, permette di comprendere il motivo per cui lo stesso decreto legislativo disponga l’applicazione dell’art. 1 “con riferimento agli atti emessi dal 30 aprile 2024”: la posticipazione prevista dall’art. 41, comma 2, consentirà dunque agli Uffici di recepire le novità e adeguarsi alla nuova “geometria variabile” dei rapporti con il contribuente sottoposto ad attività di controllo.
Atti di recupero di crediti
Non fa eccezione a quest’ultima previsione nemmeno l’entrata in vigore dell’art. 38-bis del
D.P.R. n. 600/1973, riguardante gli atti di recupero di crediti non spettanti o inesistenti utilizzati in compensazione.
La nuova disciplina, da accogliere con favore perché mette nero su bianco modalità e termini del recupero, distinguendo nettamente tra crediti non spettanti e crediti inesistenti (anche sulla scorta dei recentissimi interventi della Corte di Cassazione), non sarà infatti di immediata applicazione, come originariamente previsto nelle bozze di decreto circolate nei mesi scorsi: è stato dunque ristabilito il coordinamento con l’art. 1, comma 4, del decreto attuativo che dispone l’abrogazione della previgente disciplina sugli atti di recupero “a decorrere dalla data di cui all’articolo 41, comma 2” e non più dal giorno successivo a quello di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale.
Fino qui, diversamente dai provvedimenti di attuazione della legge delega 111/2023 di riforma fiscale precedentemente approvati dal governo, quello in materia di accertamento tributario e concordato preventivo biennale fa uso limitato del rinvio all’emanazione di regolamenti e atti di soggetti terzi. Se ne ritrovano un paio di casi in relazione a previsioni – per così dire – di minore importanza in materia di domicilio digitale e di operatività della rappresentanza fiscale per gli operatori extra UE, nonché nell’ambito del nuovo concordato preventivo biennale.

Regole ad hoc per il concordato preventivo biennale
Quest’ultimo istituto merita una trattazione a sé in seno alla rassegna delle novità di immediata applicazione: il Titolo II del decreto è interamente dedicato alla disciplina, agli effetti e alle procedure per l’entrata a regime della possibilità di determinazione preventiva della base imponibile IRPEF dei soggetti titolari di reddito di impresa o di lavoro autonomo.
Senza alcuna pretesa di dettaglio, la regola generale dettata per le previsioni del Titolo II è quella di applicazione “a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023”, dunque, dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Tuttavia, con riguardo a questo nuovo strumento di compliance riservato ai contribuenti di minori dimensioni (l’art. 6 del decreto precisa che il concordato ha il dichiarato fine “di razionalizzare gli obblighi dichiarativi e di favorire l’adempimento spontaneo”) ancor maggiori dovranno essere gli sforzi dell’Agenzia delle Entrate nell’implementazione dei protocolli attuativi ove si consideri che, per regola generale, il contribuente potrà aderire entro il termine del 30 giugno dell’anno di presentazione della dichiarazione mentre, solo per il primo anno di applicazione, l’adesione alla proposta di concordato sarà consentita entro il termine per la presentazione annuale della dichiarazione dei redditi eccezionalmente fissato per il periodo di imposta 2023 al 15 ottobre di quest’anno.
Dall’altro lato, la previsione relativa al termine di perfezionamento dell’accordo sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte reddituali va coordinata con la disposizione che richiede all’Agenzia delle Entrate di mettere a disposizione dei contribuenti “entro il 1° aprile di ciascun anno”, i programmi informatici necessari all’acquisizione dei dati utili per l’elaborazione della proposta di concordato.
Per il 2024 e il 2025, la data di cui sopra è fissata rispettivamente al 15 giugno e al 15 aprile.
L’art. 8 del decreto legislativo affida ad un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate l’individuazione delle modalità e dei dati che i contribuenti o i loro intermediari dovranno comunicare telematicamente: sul punto, il Viceministro dell’Economia e delle Finanze Maurizio Leo ha peraltro dichiarato che il software sarà sviluppato in costante dialogo con il mondo delle professioni, rendendo di fatto ancor più “complicata” la strada per l’Agenzia.
Concludendo, nei ristretti tempi dettati dalla nuova disciplina l’Agenzia delle Entrate dovrà procedere all’elaborazione dei dati dichiarati dal contribuente ai fini della determinazione della base imponibile concordata, che formerà oggetto di proposta comunicata attraverso canali informatici: il provvedimento in esame rimanda a un decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, da emanarsi previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, l’approvazione della metodologia sulla cui base l’Agenzia potrà predisporre la proposta di concordato.
Alle difficoltà ordinariamente connesse alla implementazione dell’istituto di nuova introduzione si aggiunge, dunque, la necessaria emanazione delle disposizioni attuative da parte dell’Amministrazione finanziaria: in considerazione della potenziale applicabilità del concordato ad una vasta platea di contribuenti, con effetti non trascurabili sulla riduzione degli adempimenti richiesti ai contribuenti e, al contempo, sulle previsioni di incremento del gettito (favorito dai benefici connessi a questa forma di adempimento spontaneo), la nuova normativa merita senz’altro la qualifica di “sfidante” per l’Agenzia delle Entrate.