Trasformazione delle DTA in crediti di imposta: le perdite su crediti commerciali.

Con la riformulazione dell’art. 44-bis del decreto Crescita (D.L. n. 34/2019) da parte dell’art. 55, D.L. n. 18/2020 – decreto Cura Italia, viene introdotta la possibilità di trasformare le imposte anticipate iscritte con riferimento a perdite fiscali ed eccedenze ACE (DTA).
Tale facoltà è riservata alla società che cedono a titolo oneroso, entro e non oltre il 31 dicembre 2020, crediti vantati verso debitori inadempienti.
Come precisato dalla Relazione Illustrativa al decreto “la disposizione è volta a incentivare la cessione di crediti deteriorati che le imprese hanno accumulato negli ultimi anni, anche per effetto della crisi finanziaria, con l’obiettivo di sostenerle sotto il profilo della liquidità nel fronteggiare l’attuale contesto di incertezza economica”. L’intervento consente, quindi, alle imprese di anticipare l’utilizzo come crediti d’imposta delle DTA (Deferred Tax Asset), di cui altrimenti avrebbero usufruito in anni successivi, determinando nell’immediato sotto il profilo finanziario una riduzione del fabbisogno di liquidità connesso con il versamento di imposte e contributi.
Soggetti destinatari
La definizione dell’ambito soggettivo di applicazione della nuova disciplina di trasformazione delle DTA in crediti d’imposta non sembrerebbe presentare prima facie particolari restrizioni stante il generico riferimento alle società cedenti. Ne deriverebbe dunque che il credito d’imposta in esame sarebbe ex se usufruibile da tutti i contribuenti interessati purché costituiti sotto forma societaria.
A nulla sembrerebbe rilevare, dunque, che la società beneficiaria sia IAS/IFRS o OIC adopter, in quanto la disciplina non prevede alcun riferimento al riguardo.
Ancorché non siano previste esplicite indicazioni, la formulazione della disposizione potrebbe comportare un’implicita limitazione per i soggetti per i quali la norma civilistica non impone l’approvazione del bilancio. Tale approccio porterebbe, quindi, ad escludere dall’applicazione della disposizione in commento le società di persone e le stabili organizzazioni italiane di soggetti non residenti. Su tali aspetti, un riferimento può essere fatto alla risoluzione n. 94/E/2011 ove l’Amministrazione ha ritenuto di circoscrivere l’ambito applicativo del credito derivante dalla trasformazione di imposta anticipate “solo ai soggetti IRES costituiti in una forma giuridica che prevede l’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei soci o di altro organo competente per legge”.
Sul secondo punto, peraltro, la limitazione per le stabili organizzazioni italiane di soggetti esteri porterebbe ad interrogarsi su eventuali profili di discriminazione, quanto meno in ambito europeo (cfr. causa C-307/97 Saint Gobain, causa C-270/83 Avoir Fiscal, causa C-250/95 Futura Participations SA).
Inoltre, in assenza di indicazioni sulla dimensione dei soggetti coinvolti e alla tipologia di attività dagli stessi esercitata, l’agevolazione dovrebbe essere disponibile tanto per le piccole medie imprese che per i grandi contribuenti qualunque sia l’attività svolta.
Sulla base del dettato normativo, la disposizione non si applica a società per le quali sia stato accertato:
- lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. n. 180/2015, ovvero
- lo stato di insolvenza ai sensi dell’art. 5, D.D. n. 267/1942 o dell’art. 2, comma 1, lettera b), del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019).

La possibilità di trasformare in credito d’imposta le DTA relative a perdite fiscali e beneficio ACE non utilizzati è subordinata alla cessione, entro il 31 dicembre 2020, dei crediti pecuniari che si caratterizzano per alcuni specifici requisiti:

1. qualitativo, ovvero sulla definizione di “crediti deteriorati”;
Per quanto riguarda la definizione di debitore inadempiente, si ha inadempimento quando il mancato pagamento si protrae per oltre 90 giorni dalla data in cui era dovuto (art. 54, comma 5, D.L. n. 18/2020). Sul punto, pur rilevando l’assenza di un esplicito termine a quo a partire dal quale il credito può ritenersi “dovuto”, si potrebbe ragionevolmente fare riferimento a quanto previsto al riguardo dalla normativa civilistica

2. qualificatorio, ovvero che i crediti deteriorati siano di natura commerciale o finanziaria (come dettagliato nella Relazione Illustrativa al Decreto).

In aggiunta a quanto sopra, per quanto riguarda i crediti, il decreto Cura Italia sembra porre due limiti specifici:
- in relazione ai crediti infragruppo, in quanto la disposizione agevolativa non trova applicazione alle cessioni di crediti tra società che sono tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c. e alle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto (art. 54, comma 7). Al riguardo, è necessario quindi fare riferimento a tutte le situazioni di al controllo di “diritto”, di “fatto” ovvero alle situazioni di controllo “contrattuale”;
- in relazione a un limite quantitativo oggettivo, in quanto i crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro, determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate entro il 31 dicembre 2020 dalle società tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c. e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.

Le DTA trasformabili
Il decreto riferisce la trasformazione in crediti d’imposta alle attività DTA relative:
- alle perdite riportabili non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ai sensi dell’art. 84 TUIR;
- all’ACE disponibile, rectius importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto – di cui all’art. 1, comma 4, D.L. n. 201/2011 – non ancora dedotto né fruito quale credito d’imposta ai fini IRAP.

Ai fini dell’individuazione delle DTA convertibili in credito d’imposta viene prevista la possibilità di operare la trasformazione anche qualora i crediti per imposte anticipate non siano ancora stati iscritti in bilancio, e.g. per non superamento del probability test, purché siano riferibili ai componenti indicati dalla norma, non ancora dedotti o usufruiti alla data della cessione dei crediti.

Tale precisazione, che appare innovativa rispetto agli speculari regimi di conversione, dona alla disposizione particolare spinta agevolativa. Al riguardo, ci si limita a ricordare che la rilevazione contabile delle DTA presuppone, tra l’altro, una valutazione positiva circa il recupero delle poste creditorie iscritte a tale titolo negli esercizi successivi (i.e. vi è la ragionevole certezza – ovvero anche la probabilità per i principi IAS/IFRS – dell’esistenza, negli esercizi in cui si riverseranno le differenze temporanee deducibili che hanno portato all’iscrizione delle imposte anticipate, di un reddito imponibile capace di assorbirle – probability test).
L’inserimento del vincolo “dell’iscrizione in bilancio” avrebbe ragionevolmente escluso dall’agevolazione le società già in difficoltà contrariamente da quanto sembrerebbe sostenuto dalla ratio della disposizione.

La determinazione del credito d’imposta
Il credito d’imposta è determinato:
- sulla base delle cessioni di crediti deteriorati, effettuate entro il 31 dicembre 2020, e
- con riferimento alle DTA iscritte con riferimento a
(i) perdite fiscali riportabili non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile, e
(ii) l’ACE disponibile.

Giova precisare che, ai fini del computo del beneficio, per quanto riguarda le perdite fiscali, non rilevano i limiti di cui al secondo periodo del comma 1 dell’art. 84 TUIR.
La quota massima di DTA trasformabili in credito d’imposta è determinata in funzione dell’ammontare massimo di componenti cui esse si riferiscono. A tal fine, il legislatore ha inteso porre:
- un limite relativo, pari al 20% del valore nominale dei crediti ceduti;
- un limite complessivo, pari a 2 miliardi di euro di valore nominale ai crediti complessivamente ceduti entro il 31 dicembre 2020 che rilevano ai fini della trasformazione.

Ciò comporta che se una società cede crediti per 1 miliardo, potrà trasformare in credito d’imposta al massimo una quota di DTA riferibile a 200 milioni di euro di componenti indicati dalla norma, equivalente – supponendo che l’aliquota IRES applicabile sia quella ordinaria al 24% – a 48 milioni di euro.

A decorrere dalla data di efficacia della cessione dei crediti il cedente non potrà più portare in compensazione dei redditi le perdite, né dedurre o usufruire tramite credito d’imposta l’eccedenza del rendimento nozionale, corrispondenti alla quota di DTA trasformabili in credito d’imposta ai sensi della disposizione in esame.

La trasformazione delle DTA in crediti d’imposta è condizionata all’esercizio, da parte della società cedente, dell’opzione di cui all’art. 11, comma 1, D.L. n. 59/2016. Ciò comporterebbe l’irrevocabilità dell’opzione.
L’opzione deve essere esercitata entro la chiusura dell’esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti e ha efficacia a partire dall’esercizio successivo a quello in cui ha effetto la cessione (rectius 1° gennaio 2021, per i soggetti solari).
Considerato il richiamo normativo ci si chiede se per quanto riguardi l’opzione possano essere considerati validi i chiarimenti forniti dall’Amministrazione finanziaria nella circolare n. 32/E/2016 al par. 2.

La trasformazione avviene alla data della cessione dei crediti. Ciò significa ragionevolmente che il credito d’imposta sorgerà per l’intero ammontare in tale data.
I crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione non sono produttivi di interessi e possono essere utilizzati in compensazione senza limiti di importo ovvero ceduti secondo le procedure dell’art. 43-bis o dall’art. 43-ter, D.P.R. n. 602/1973. Tale credito maturato può essere altresì richiesto a rimborso.
I crediti d’imposta vanno indicati nella dichiarazione dei redditi e non concorrono alla formazione del reddito di impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive.

La disciplina in commento non contiene specifiche disposizioni che regolano il funzionamento dell’agevolazione nell’ambito dei gruppi. Le uniche disposizione che si occupano indirettamente dei gruppi di imprese sono quelle, in precedenza citate, che stabiliscono che:
- ai fini dell’accertamento della situazione di inadempienza che dà luogo al deterioramento del credito non rilevano le cessioni di crediti tra società che sono tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c.e alle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto;
- per i soggetti appartenenti a gruppi, il limite dei 2 miliardi si intende calcolato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate da soggetti appartenenti allo stesso gruppo.

Il contesto normativo induce a ritenere che la scelta legislativa sia stata quella di voler attribuire esclusiva rilevanza alle singole società ai fini della disciplina in esame sia per quanto attiene alla conversione delle DTA che hanno origine dal riporto di perdite fiscali pregresse che di quelle che risultano collegate al beneficio ACE non ancora fruito.

In relazione alla possibilità di trasformazione delle DTA in presenza di perdite fiscali pregresse, una questione interpretativa di interesse è relativa alle società che aderiscono al consolidato fiscale. In particolare, non risulta chiaro se queste siano obbligate ad avvalersi della disciplina di trasformazione, ovvero possano scegliere liberamente di trasferire al consolidato l’intera perdita fiscale.
Al riguardo, vi possono essere situazioni in cui il consolidato potrebbe avere, nel suo complesso, interesse a una scelta di questo tipo perché i vantaggi derivanti dal trasferimento della perdita potrebbero essere superiori a quelli conseguibili dalla trasformazione delle DTA ad opera dalle singole società consolidate. Ciò potrebbe verificarsi nel caso in cui la consolidante ha modo di attuare, attraverso queste perdite, una più opportuna pianificazione dei debiti per imposte delle società del gruppo, o anche di ridurre (sebbene con effetti meramente temporali) il carico di imposte per versamenti in acconto dell’IRES.
In questi casi, una scelta del genere dovrebbe essere senz’altro ammessa tenuto conto che per tali soggetti la trasformazione delle DTA in crediti di imposta è meramente opzionale e non obbligatoria.
Una volta che sia stata compiuta, da parte della società consolidata, la scelta di non convertire le DTA derivanti da perdite fiscali pregresse, con la conseguenza di mantenere in vita le stesse e di trasferirle al consolidato, le DTA riferibili a tali perdite fiscali devono considerarsi come normali DTA non più suscettibili di conversione e, quindi da sottoporre al probability test ai fini della loro iscrizione in bilancio.
La scelta legislativa di voler attribuire esclusiva rilevanza alle singole società, ai fini della disciplina in esame, sembra indurre a ritenere che – anche nell’ambito dei gruppi d’imprese – il soggetto che intende trasformare le proprie DTA in crediti d’imposta debba necessariamente procedere anche alla preventiva cessione dei propri crediti deteriorati.
Poiché il consolidato fiscale non è in grado di esprimere una posizione tributaria autonoma rispetto a quella delle società che vi partecipano non sembra, infatti, consentito a una società che ha proprie DTA trasformabili avvalersi della cessione di crediti deteriorati effettuata da parte altra società del gruppo e procedere comunque alla trasformazione delle proprie DTA pur in assenza di una propria cessione diretta di crediti deteriorati.

Dal 1 aprile bonus 600 euro anche ai professionisti con cassa (ma non tutti)

Bonus per professionisti e autonomi iscritti a Casse private.
Sempre dal 1° aprile, potranno presentare domanda per fruire del bonus di 600 euro – da indirizzare esclusivamente alle Casse professionali di appartenenza – i professionisti e i lavoratori autonomi in regime di libera attività che rientrano tra i destinatari degli interventi del Fondo per il reddito di ultima istanza (art. 44 del decreto Cura Italia).
Il decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, adottato il 28 marzo 2020, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, stabilisce criteri di priorità e modalità di attribuzione del bonus.
L’indennità – pari a euro 600 – è riconosciuta, per il mese di marzo 2020, ai professionisti e lavoratori autonomi iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103 che abbiano percepito, nell’anno di imposta 2018, un reddito complessivo al lordo dei canoni di locazione assoggettati a “cedolare secca” (art. 3, D. Lgs. 23/11) o al regime delle locazioni brevi (art. 4 D. L. 50/17):
- non superiore a 35.000 euro, se l’attività sia stata limitata dai provvedimenti restrittivi emanati in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19;
- tra 35.000 euro e 50.000 euro per cessazione dell’attività (con chiusura della partita IVA, nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020) o per riduzione o sospensione dell’attività lavorativa (a tal fine occorre una comprovata riduzione di almeno il 33% del reddito del primo trimestre 2020, rispetto al reddito del primo trimestre 2019. Tale reddito è individuato secondo il principio di cassa come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese sostenute nell’esercizio dell’attività, la loro attività autonoma o libero-professionale in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19).
Il professionista/lavoratore autonomo deve essere in regola con gli obblighi contributivi relativi all’anno 2019.
L’indennità non concorre alla formazione del reddito imponibile.
Le domande vanno presentate dal 1° aprile al 30 aprile 2020 (sono considerate inammissibili le istanze presentate dopo) agli enti di previdenza di iscrizione secondo modalità e schemi predisposti dai singoli enti previdenziali.
Alla domanda va allegata (a pena di inammissibilità) una dichiarazione del lavoratore interessato (DPR 28 dicembre 2000, n. 445) con la quale, a seconda della fattispecie per la quale il bonus è richiesto, il professionista attesti:
a) di essere lavoratore autonomo/libero professionista, non titolare di pensione;
b) di non essere percettore dei bonus 600 euro previsti dal decreto Cura Italia (articoli 19, 20, 21, 22, 27, 28, 29, 30, 38 e 96 del decreto-legge 17 marzo 2020, n.18), né del reddito di cittadinanza;
c) di non aver presentato per il medesimo fine istanza ad altra forma di previdenza obbligatoria;
d) di aver percepito nell’anno di imposta 2018 un reddito non superiore agli importi stabiliti dal decreto;
e) di aver chiuso la partita IVA nel periodo compreso il 23 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020, ovvero di aver subito una riduzione di almeno il 33 per cento del reddito relativo al primo trimestre 2020 rispetto al reddito del primo trimestre 2019, ovvero per i titolari di redditi inferiori a 35.000 euro, di essere nelle condizioni stabilite dal decreto;
Alla domanda va allegata (sempre a pena di inammissibilità) la copia fotostatica del documento d’identità in corso di validità e del codice fiscale nonché le coordinate bancarie o postali per l’accreditamento dell’importo relativo al beneficio.
Gli enti di previdenza obbligatoria, dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti, provvedono ad erogare l’indennità in base all’ordine cronologico delle domande presentate e accolte.

Definito l’accesso al bonus 600 euro.

L’accesso ai servizi dell’INPS in modalità semplificata è ammessa solo con riferimento alle seguenti domande di prestazione previste del decreto legge n. 18/2020.

Indennità per i professionisti e i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla Gestione separata dell’INPS (articolo 27, nel limite di spesa di 203,4 milioni di euro)
A tale indennità possono accedere:
· i liberi professionisti con partita IVA attiva alla data del 23 febbraio 2020 compresi i partecipanti agli studi associati o società semplici con attività di lavoro autonomo di cui all’articolo 53, comma 1, del T.U.I.R., iscritti alla Gestione separata dell’INPS;
· i collaboratori coordinati e continuativi con rapporto attivo alla predetta data del 23 febbraio 2020 e iscritti alla Gestione separata dell’INPS.
Tali lavoratori non devono avere altre forme di previdenza obbligatoria.
N.B. L’indennità non spetta ai liberi professionisti ordinistici iscritti ad altre gestioni pensionistiche obbligatorie.

Indennità per i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’AGO (articolo 28, nel limite di spesa di 2.160 milioni di euro)
A tale indennità possono accedere i lavoratori iscritti alle seguenti gestioni:
· Artigiani
·Commercianti
· Coltivatori diretti, coloni e mezzadri
I lavoratori non devono avere altre forme di previdenza obbligatoria ad esclusione della Gestione separata INPS.
Indennità per i lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali (articolo 29, nel limite di spesa di 103,8 milioni di euro)
A tale indennità possono accedere i lavoratori dipendenti stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali che abbiano cessato il rapporto di lavoro nell’arco temporale che va dal 1° gennaio 2019 alla data del 17 marzo 2020.
Ai fini dell’accesso all’indennità i predetti lavoratori non devono essere titolari di rapporto di lavoro dipendente alla data del 17 marzo 2020.

Indennità per i lavoratori del settore agricolo (articolo 30 nel limite di spesa di 396 milioni di euro )
Spetta agli operai agricoli a tempo determinato e alle altre categorie di lavoratori iscritti negli elenchi annuali purché possano fare valere nell’anno 2019 almeno 50 giornate di effettivo lavoro agricolo dipendente.
Indennità per i lavoratori dello spettacolo (articolo 38 nel limite di spesa di 48,6 milioni di euro)
A questa indennità possono accedere i lavoratori dello spettacolo iscritti al Fondo pensioni dello spettacolo, che abbiano i seguenti requisiti:
· almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo Fondo;
· che abbiano prodotto nel medesimo anno un reddito non superiore a 50.000 euro.
Tali lavoratori non devono essere titolari di rapporto di lavoro dipendente alla data del 17 marzo 2020.
Tutte le indennità elencate sono erogabili nella misura pari a 600 euro solo per il mese di marzo 2020, non sono tra esse cumulabili e non sono riconosciute ai percettori di reddito di cittadinanza.
Per averne diritto i lavoratori non devono essere titolari di una pensione diretta.

Bonus per i servizi di baby-sitting (articolo 23)
In alternativa al congedo parentale straordinario per i figli di età non superiore ai 12 anni, è prevista la possibilità di fruire di un bonus per i servizi di baby-sitting, nel limite massimo complessivo di 600 euro. Il bonus spetta per un importo fino a 1.000 euro complessivi anche ai lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti alla categoria dei medici, degli infermieri, dei tecnici di laboratorio biomedico, dei tecnici di radiologia medica e degli operatori sociosanitari, nonché al personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per le esigenze connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Il bonus viene erogato mediante il Libretto Famiglia.

Procedura semplificata
Tutti questi lavoratori (messaggio n. 1381/2020) possono ora compilare e inviare le domande di prestazione o servizio inserendo solo la prima parte del PIN, ricevuto via SMS o e-mail e richiesto:
· sul sito istituzionale dell’INPS, all’indirizzo www.inps.it, utilizzando il servizio “Richiesta PIN”;
· tramite Contact Center, chiamando il numero verde 803 164 (gratuito da rete fissa), oppure 06 164164 (a pagamento da rete mobile).
Le prime 8 cifre del PIN consentiranno l’autenticazione necessaria per la compilazione e l’invio della domanda on line.
Se non si riceve la prima parte del PIN entro 12 ore dalla richiesta è possibile chiamare il Contact Center per la validazione della richiesta.
Una particolarità è prevista per il bonus per i servizi di baby-sitting. In questo caso, se la domanda viene inoltrata con il PIN semplificato, il lavoratore deve comunque procurarsi anche la seconda parte del PIN per la registrazione sulla piattaforma Libretto di Famiglia e l’appropriazione telematica del bonus.

Chi è in possesso di
· PIN dispositivo rilasciato dall’Inps (per alcune attività semplici di consultazione o gestione è sufficiente un PIN ordinario);
· SPID di livello 2 o superiore;
· Carta di Identità Elettronica 3.0 (CIE);
· Carta Nazionale dei Servizi (CNS),
potrà utilizzarle anche per l’inoltro delle domande di prestazione prima elencate.

L’INPS, con il messaggio n. 1381/2020 infine avverte che sta per rilasciare una nuova procedura di emissione del PIN con il riconoscimento a distanza.
La procedura sarà gestita dal Contact Center e consentirà di ottenere, in un unico processo da remoto, un nuovo PIN con funzioni dispositive senza attendere gli ulteriori 8 caratteri del PIN ordinariamente spediti tramite il servizio postale.

D.P.C.M. 22 marzo 2020 chiusura quasi totale delle attività.

Il D.P.C.M. del 22 marzo dispone la quasi totale chiusura delle attività produttive in Italia con alcune eccezioni (ed altre eccezioni e restrizioni per alcune regioni specifiche che sono indicate in fine commento).
Il provvedimento, in vigore da oggi (o dal 25 marzo leggi infra) e sino al 3 aprile.
La prima cosa da evidenziare è il “periodo cuscinetto” ossia il tempo fornito alle imprese ed ai lavoratori di riorganizzare la propria attività, di andare in ufficio a prendere documentazione utile per lavorare in smart working o per predisporre tutte quelle attività propedeutiche alla spedizione delle merci o alla sospensione dell’attività.
Infatti, il comma 4 del provvedimento dispone che “le imprese le cui attività sono sospese per effetto del presente decreto completano le attività necessarie alla sospensione entro il 25 marzo 2020, compresa la spedizione della merce in giacenza”.
Quindi ogni eventuale nuova sospensione avverrà di fatto dal 26 marzo.
Quali sono le attività sospese.
Il provvedimento le evidenzia al contrario ovvero dispone quelle che possono proseguire a lavorare.
Per loro però, al fine di una reale abilitazione allo svolgimento del lavoro, richiama le disposizioni condivise con le parti sociali in data 14 marzo circa la salubrità degli ambienti e la distribuzione dei DPI ai lavoratori, nonché il forte invito allo smart working.
Sono sospese tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 1 che contiene un nutrito elenco di attività non sospese (sono circa 80) in cui sono ricomprese l’intera filiera alimentare per bevande e cibo, quella dei dispositivi medico-sanitari e della farmaceutica e, tra i servizi, quelli dei call center, le attività di manutenzione impiantistica, gli studi professionali di commercialisti e avvocati.
È, altresì, precisato che l’elenco potrà essere aggiornato con decreto del Mise sentito il MEF.
Unitamente a queste, l’attuale D.P.C.M. richiama quelle attività commerciali già autorizzate ad operare in forza del D.P.C.M. 11 marzo 2020, come per esempio tutto il settore del commercio alimentare al dettaglio.
Come capire se l’attività è sospesa.
Le imprese e le partite IVA, se non titolari di attività commerciali già autorizzate dal D.P.C.M. 11 marzo, per saper cosa fare da oggi devono prendere la “white list” (allegato 1 al D.P.C.M.), ricercare all’interno il proprio codice di attività e così fare una prima valutazione. Se la ricerca è stata positiva possono proseguire nelle attività. Se è stata negativa prima di organizzarsi per la sospensione devono effettuare altre verifiche.
Infatti, se le imprese possono organizzarsi in modalità a distanza o lavoro agile possono proseguire l’attività in ogni caso. Se anche questa possibilità ha dato esito negativo devono controllare se l’attività esercitata possa rientrare comunque nei punti E – F – G – H dell’art. 1 del D.P.C.M. Troviamo in questi punti i servizi di pubblica utilità, nonché servizi essenziali di cui alla legge 12 giugno 1990, n. 146, l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici, nonché di prodotti agricoli e alimentari, le attività degli impianti a ciclo produttivo continuo, previa comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva, dalla cui interruzione derivi un grave pregiudizio all’impianto stesso o un pericolo di incidenti, le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, previa autorizzazione del Prefetto della provincia ove sono ubicate le attività produttive.
Se anche dopo questa ricerca non ci si fosse riconosciute nelle attività consentite è da analizzare il comma D.
Qui si dispone che restano sempre consentite anche le attività che sono “funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività legittimate a proseguire”. Per queste imprese però vige l’onere di darne tempestiva comunicazione al Prefetto della provincia ove è ubicata l’attività produttiva.
Difficile interpretare con chiarezza cosa significhi essere funzionale ad altre attività e quanto lunga può essere la filiera. In questo caso però l’impresa è obbligata a dare immediata comunicazione al Prefetto per spiegare le ragioni della propria apertura ed attendere la risposta. Vige il principio del silenzio assenso.
Cosa si prevede per le professioni.
I professionisti iscritti agli ordini possono senza dubbio proseguire le loro attività, con tutte le precauzioni del caso e privilegiando lo smart working, in forza di generale abilitazione di cui al punto A e delle specifiche autorizzazioni secondo i codici Ateco. Per loro la disposizione è più ampia e generalizzata di quelle regionali che abbiamo prima analizzato.
Per alcune disposizioni regionali le attività professionali possono proseguire esclusivamente per l’erogazione “dei servizi essenziali ed indifferibili” (Piemonte) o per quei “servizi indifferibili e urgenti o sottoposti a termini di scadenza” (Lombardia), per il D.P.C.M. invece le attività professionali non sono sospese.

La regione Lombardia che per la criticità registrata nel proprio territorio anticipa i provvedimenti nazionali, vieta ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dal territorio regionale, nonché all’interno del medesimo territorio, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute.
L’ordinanza dispone:
- il divieto di assembramento nei luoghi pubblici – fatto salvo il distanziamento (droplet) – e conseguente ammenda fino a 5.000 euro;
- la sospensione dell’attività degli Uffici Pubblici, fatta salva l’erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità;
- la sospensione delle attività artigianali non legate alle emergenze o alle filiere essenziali;
- la sospensione di tutti i mercati settimanali scoperti;
- la sospensione delle attività inerenti ai servizi alla persona;
- la chiusura delle attività degli studi professionali salvo quelle relative ai servizi indifferibili e urgenti o sottoposti a termini di scadenza;
- la chiusura di tutte le strutture ricettive ad esclusione di quelle legate alla gestione dell’emergenza. Gli ospiti già presenti nella struttura dovranno lasciarla entro le 72 ore successive all’entrata in vigore dell’ordinanza;
- il fermo delle attività nei cantieri edili. Sono esclusi dai divieti quelli legati alle attività di ristrutturazione sanitarie e ospedaliere ed emergenziali, oltre quelli stradali, autostradali e ferroviari;
- la chiusura dei distributori automatici cosiddetti ‘h24’ che distribuiscono bevande e alimenti confezionati;
- il divieto di praticare sport e attività motorie svolte all’aperto, anche singolarmente.
Restano aperte le edicole, le farmacie, le parafarmacie, ma deve essere in ogni caso garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro.
Ai supermercati, alle farmacie, nei luoghi di lavoro, a partire dalle strutture sanitarie e ospedaliere, si raccomanda a cura del gestore/titolare di provvedere alla rilevazione della temperatura corporea.
Per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, valgono le prescrizioni su distanziamento degli utenti contenute nelle due ordinanze regionali già in vigore.
Resta affidata ai sindaci la valutazione di ampliare ulteriormente le disposizioni restrittive in base alle rispettive esigenze.

Il decreto del Piemonte, elaborato in sinergia con la Regione Lombardia, per prevedere misure il più possibile omogenee vista la contiguità territoriale dispone che dal 22 marzo:
- i mercati saranno possibili solo dove i sindaci potranno garantire il contingentamento degli accessi e il non assembramento, anche grazie all’utilizzo di transenne e sempre con il presidio costante dei vigili urbani;
- l’accesso agli esercizi commerciali sarà limitato ad un solo componente del nucleo familiare, salvo comprovati motivi di assistenza ad altre persone;
- chiusi gli uffici pubblici e gli studi professionali, fatta salva l’erogazione dei servizi essenziali ed indifferibili (oltre alla possibilità di attuare lo smart working);
- vietati gli spostamenti verso le seconde case;
- vietata la sosta e l’assembramento davanti ai distributori automatici “h24” che erogano bevande e alimenti confezionati;
- blocco delle slot machine e disattivazione di monitor e televisori da parte degli esercenti;
- restano aperte le edicole, le farmacie, le parafarmacie e i tabaccai (dove dovrà essere in ogni caso garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro);
- fermata l’attività nei cantieri, ad eccezione di quelli di interesse strategico;
- vietato l’assembramento di più di due persone nei luoghi pubblici.

Ecobonus 65% per tutti gli immobili strumentali anche in affitto.

La Commissione tributaria regionale della Toscana, con la sentenza 151/4/2020 depositata lo scorso 6 febbraio, conferma che la detrazione per il risparmio energetico (all’epoca dei fatti al 55% e oggi 65%) spetta anche ai soggetti titolari di reddito d’impresa, incluse le società (l’ecobonus è detrazione Irpef e Ires) ed anche per interventi eseguiti su edifici dati in locazione a terzi.
La sentenza della Commissione toscana segue la impostazione di sentenze conformi della Cassazione (la 19815, 19816 e 29163) che hanno bocciato l’orientamento delle Entrate, secondo cui l’ecobonus può essere applicato dalle imprese solo sugli immobili strumentali per destinazione o per natura (posizione espressa nelle risoluzioni 303/E e 340/E del 2008).
I giudici toscani richiamano principalmente la sentenza di Cassazione 29163/2019 della Suprema corte, in cui è stato chiarito che la letteralmente la norma istitutiva dell’ecobonus, parlando generalmente di lavori su «edifici esistenti», e questo non ammette eccezioni di tipo soggettivo e/o oggettivo.
Il caso in esame è frequentissimo ovvero quello di una Srl che esercita attività di locazione immobiliare e ha applicato l’ecobonus su alcuni immobili riqualificati e dati in affitto a terzi.

Massimizzate le detrazioni irpef e ires per donazioni fatte in favore dell’emergenza Covid 19

Sono ammesse in detrazione e in deduzione le erogazioni liberali in denaro e in natura effettuate per finanziare interventi in materia di contenimento e gestione dell’emergenza Coronavirus.
Con riferimento, infatti, alle erogazioni effettuate nel 2020, il decreto Cura Italia n. 18/2020 in fase di conversione in legge, concede a persone fisiche ed enti non commerciali una detrazione dall’imposta lorda ai fini dell’imposta sul reddito pari al 30%, nel limite massimo di 30.000 euro.
Ai titolari di reddito d’impresa viene, invece, riconosciuta la totale deduzione delle erogazioni liberali dal reddito d’impresa e la deduzione ai fini IRAP nell’esercizio in cui vengono effettuate.

Tra le diverse misure fiscali, il decreto Cura Italia prevede anche incentivi fiscali per erogazioni liberali in denaro e in natura a sostegno delle misure di contrasto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
In particolare, l’art. 66 del D.L. n. 18/2020 ammette in detrazione/deduzione le erogazioni effettuate nel 2020, per finanziare interventi in materia di contenimento e gestione dell’emergenza sanitaria.
Persone fisiche ed enti non commerciali: detrazione al 30%
L’art. 66, comma 1, del decreto prevede che per le erogazioni liberali in denaro e in natura, effettuate dalle persone fisiche e dagli enti non commerciali, a favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro finalizzate a finanziare interventi in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 spetta una detrazione dall’imposta lorda ai fini dell’imposta sul reddito pari al 30%.
La detrazione spetta comunque nella misura massima di 30.000 euro.
Per quanto riguarda le modalità di effettuazione, le erogazioni in denaro devono essere effettuate con versamento postale o bonifico bancario o con carte di debito, carte di credito, carte prepagate, assegni bancari e circolari, riportando il riferimento all’articolo 66 del D.L. n. 18/2020.
Per le erogazioni liberali effettuate tramite carta di credito è sufficiente la tenuta e l’esibizione, in caso di eventuale richiesta dell’Amministrazione finanziaria, dell’estratto conto della società che gestisce la carta.
La detrazione non spetta pertanto nel caso in cui l’erogazione venga effettuata in contanti.

Soggetti titolari di reddito d’impresa: deduzione integrale
Richiamando l’art. 27 della legge n. 133/1999, il decreto Cura Italia dispone l’integrale deduzione dal reddito d’impresa delle erogazioni liberali in denaro e in natura a sostegno delle misure di contrasto all’emergenza epidemiologica da COVID-19, effettuate nel 2020 dai soggetti titolari di reddito d’impresa.
Inoltre, ai fini IRAP le erogazioni liberali sono deducibili nell’esercizio in cui sono effettuate.
Al fine di potere godere della deducibilità dal reddito di impresa della componente relativa all’erogazione liberale, è necessaria innanzitutto la sua corretta registrazione in contabilità supportata da tutta la documentazione di supporto come detto sopra.
Pertanto, è opportuno evidenziare che spetta al soggetto donante l’obbligo di acquisire una ricevuta da parte del soggetto beneficiario, contenente la descrizione analitica e dettagliata dei beni e del loro valore.
Nel caso di erogazioni liberali di beni in natura, il donante deve avere cura di acquisire – a comprova dell’effettività della donazione e della congruità del valore attribuito al bene oggetto della donazione in natura, in aggiunta alla documentazione attestante il valore normale, determinato attraverso listini, tariffari o mercuriali – la stima di un perito, anche una ricevuta da parte del donatario che contenga la descrizione analitica e dettagliata dei beni donati con l’indicazione dei relativi valori.
Per le erogazioni liberali effettuate in denaro, tramite sistemi di pagamento tracciabili tipo banca, ufficio postale, carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari, sarà inoltre necessario conservare la documentazione attestante l’effettivo versamento (quale la contabile bancaria, l’estratto conto, il vaglia postale).

Chiarimenti dall’Agente della Riscossione sulle cartelle di pagamento

L’Agenzia delle entrate-Riscossione non può notificare nuove cartelle nel periodo di sospensione previsto dal Decreto Cura Italia tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020, neanche attraverso la posta elettronica certificata.
Lo ha chiarito la stessa Agenzia mediante la pubblicazione di FAQ riguardanti il D.L. n. 18 del 2020 sul proprio portale istituzionale. Inoltre è stato chiarito che se si ha una cartella i cui termini di versamento sono scaduti prima dell’8 marzo 2020, l’Agenzia delle entrate-Riscossione, durante il periodo di sospensione, non può attivare alcuna procedura cautelare o esecutiva.

L’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha pubblicato delle interessanti faq in data 20 marzo 2020 con cui ha risolto alcuni importanti quesiti in merito al D.L. n. 18 del 2020, Decreto Cura Italia.
Viene chiarito che ai sensi dell’art. 68 del D.L. n. 18/2020, l’Agenzia delle entrate-Riscossione non possa notificare nuove cartelle nel periodo di sospensione 8 marzo 2020 – 31 maggio 2020, neanche attraverso la posta elettronica certificata (resta però da chiarificare cosa accade se per caso è effettuata la notifica: se la cartella sia illegittima ovvero da impugnare/pagare anche se con i nuovi termini del D.L. 18/2020).
Inoltre, se una cartella è stata notificata qualche settimana prima e scade (60gg) dopo l’8 marzo, i termini per il pagamento sono sospesi fino al 31 maggio 2020. Pertanto, i versamenti oggetto di sospensione dovranno essere effettuati entro il 30 giugno 2020.
I versamenti devono essere effettuati entro il 30 giugno in unica soluzione, tuttavia, per le cartelle di pagamento che scadono nel periodo di sospensione (8/3 – 31/5) si può richiedere una rateizzazione con le procedure telematiche sul portale ADER che restano attive.
In questo caso è necessario fare l’istanza all’Agenzia prima del 30 giugno 2020, perché al 30 giugno 2020 non sarà attivabile la rateizzazione ma solo il pagamento in unica soluzione.
Invece, il pagamento delle rate dei piani di dilazione in corso in scadenza dall’8 marzo al 31 maggio 2020 è sospeso e il pagamento di queste rate deve comunque avvenire entro il 30 giugno 2020, sempre in unica soluzione.
Durante il periodo di sospensione, l’Agenzia delle entrate-Riscossione prenderà comunque in esame e tratterà le richieste di rateizzazione, anche se presentate prima dell’inizio del periodo di sospensione.
Viene inoltre chiarito che se si ha una cartella i cui termini di versamento sono scaduti prima dell’8 marzo 2020, l’Agenzia delle entrate-Riscossione, durante il periodo di sospensione, non può attivare alcuna procedura cautelare o esecutiva (fermo auto, pignoramento presso terzi, iscrizione ipotecaria).
Quanto al preavviso di fermo del veicolo, è chiarito che fino al 31 maggio sono sospese le azioni di recupero, cautelari ed esecutive, dei carichi affidati alla riscossione e pertanto, fino a questa data, Agenzia delle entrate-Riscossione non può procedere all’iscrizione di fermi amministrativi e neanche alle iscrizioni di ipoteche.
Invece se si ha un fermo amministrativo già iscritto per una vecchia cartella non pagata è possibile pagare e chiedere la cancellazione del fermo durante il periodo di sospensione previsto dal Decreto (8/3 – 31/5),
Il Decreto Cura Italia ha differito la scadenza della rata del 28 febbraio 2020 della “Rottamazione-ter” al 31 maggio 2020. Però con riferimento all’ulteriore rata di maggio 2020 della “Rottamazione-ter” è stato evidenziato che il Decreto non ha modificato il termine di pagamento della rata di maggio che deve essere pagata per non perdere i benefici della rottamazione.
Inoltre il Decreto ha anche differito al 31 maggio 2020 anche la rata in scadenza il 31 marzo 2020 del “Saldo e stralcio”.
Infine quanto alle misure contenute nel DL, per tutelare al meglio la salute dei cittadini e del personale addetto, gli sportelli di Agenzia delle entrate-Riscossione su tutto il territorio nazionale sono chiusi al pubblico fino al 25 marzo.
Comunque l’Agenzia garantisce l’operatività dei servizi digitali e online oltre ai consueti canali di contatto che sono stati potenziati per eventuali richieste urgenti e non differibil

Bilancio 2019, nuovi termini per le assemblee delle società e sulle modalità di partecipazione.

Rinvio di due mesi dei termini per la convocazione delle assemblee societarie chiamate ad approvare i bilanci 2019.
Lo prevede il decreto Cura Italia D.L. n. 18/2020 in fase di conversione.
Tutte le società di capitali potranno convocare l’assemblea ordinaria entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale, a prescindere dalle relative disposizioni statutarie.
Novità anche sul piano delle modalità di svolgimento delle assemblee: soci e azionisti possono partecipare anche con modalità telematiche.
Le S.r.l. potranno consentire l’espressione del voto mediante consultazione scritta.
Le deroghe previste dal decreto si applicheranno alle assemblee convocate entro il 31 luglio o comunque, se successive, entro la data fino alla quale sarà in vigore lo stato di emergenza.

Il decreto 18/2020 sull’emergenza COVID-19 interviene sul fronte dei termini di approvazione dei bilanci 2019 e sulle modalità di svolgimento delle assemblee societarie.
Come si evince dalla relazione illustrativa, l’intervento normativo è finalizzato a consentire alle società di convocare l’assemblea ordinaria entro un termine più ampio rispetto a quello ordinario, nonché a facilitare lo svolgimento delle assemblee nel rispetto delle disposizioni volte a ridurre il rischio di contagio.
Il decreto stabilisce che, in deroga a quanto previsto dall’art. 2364, comma 2, c.c. e dall’art. 2478-bis, è consentito a tutte le società di convocare l’assemblea ordinaria entro 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale.
Le adunanze per l’approvazione dei bilanci 2019 potranno quindi essere convocate entro il 28 giugno 2020, prestando però attenzione al fatto che quest’anno tale data cade di domenica.
Si ricorda che in mancanza della suddetta previsione, ai sensi dell’art. 2364, comma 2 c.c., applicabile anche alle S.r.l. in virtù del richiamo previsto dall’art. 2478-bis, comma 1, l’assemblea ordinaria deve essere convocata entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale.
Lo stesso art. 2364 stabilisce che lo statuto può prevedere un termine maggiore, comunque non superiore a 180 giorni, quando la società è tenuta a redigere il bilancio consolidato ovvero quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura e all’oggetto della società.

Nuove modalità per svolgere le assemblee
Il decreto COVID-19 interviene anche sul piano delle modalità di svolgimento delle assemblee, prevedendo alcune facilitazioni atte a ridurre gli assembramenti. È stabilito, infatti, per tutte le società di capitali (S.p.a., S.a.p.a., S.r.l. e cooperative) che, con l’avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie, sia possibile prevedere, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, l’espressione del voto elettronico o per corrispondenza e l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione.
Tutte le società di capitali potranno inoltre prevedere che l’assemblea si svolga, anche esclusivamente, mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto, senza, in ogni caso, la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, il presidente, il segretario o il notaio.
Con specifico riferimento alle S.r.l., inoltre, viene ammesso che l’espressione del voto possa avvenire mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto, anche in deroga a quanto previsto dall’art. 2479-bis, comma 4 c.c. e alle diverse disposizioni statutarie.
Per quanto riguarda le S.p.a. quotate, sarà consentito ricorrere all’istituto del rappresentante designato, previsto dall’art. 135-undecies del D.Lgs. n. 58/1998, per l’esercizio del diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie, anche ove lo statuto disponga diversamente. Le stesse società potranno altresì prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il predetto rappresentante, al quale si potranno conferire deleghe o subdeleghe anche con sottoscrizione digitale. Previsioni analoghe potranno essere applicate anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione e alle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante.
Disposizioni analoghe sono dettate anche per le banche popolari e le banche di credito cooperativo, anche in deroga all’art. 150-bis, comma 2-bis, del TUB (secondo cui lo statuto delle banche popolari determina, comunque nel numero non superiore a 20, il numero massimo di deleghe che possono essere conferite ad un socio), nonché all’art. 2539, comma 1, c.c., che con riferimento alle BCC stabilisce che ciascun socio può rappresentare sino a un massimo di 10 soci.

Ambito temporale
Il decreto stabilisce che tutte le deroghe si applichino alle assemblee convocate entro il 31 luglio 2020 o comunque, se successiva, entro la data fino alla quale sarà in vigore lo stato di emergenza.

I nuovi termini, scadenze e adempimenti in base al DL 18/2020

Si tenta di seguito di riassumere il complesso intreccio di provvedimenti contenuti nel decreto legge 18/2020 da un punto di vista fiscale, contributivo e degli adempimenti contabili.
Ovviamente il decreto dovrà essere convertito in legge (si spera entro il 1 maggio 2020) e potrà subire delle modificazioni.

Per tutti i contribuenti: proroga degli adempimenti fiscali del periodo ed eccezioni.
Gli adempimenti fiscali in scadenza tra l’8 marzo e il 31 maggio (ad esempio, la presentazione della dichiarazione annuale IVA, oppure le LIPE mensili, o trimestrale del periodo, etc.) possono essere effettuati, senza sanzioni, entro il 30 giugno 2020.
Non rientrano in alcun modo in ipotesi di ulteriore sospensione gli adempimenti propedeutici alla predisposizione della dichiarazione precompilata, per i quali si confermano i termini già fissati con l’art.1 del D.L. n. 9/2020, quali:
- il differimento dal 9 al 31 marzo 2020 del termine per la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate delle Certificazioni Uniche 2020;
- il termine del 31 marzo 2020 per la consegna ai contribuenti-sostituiti delle Certificazioni Uniche 2020 e delle altre certificazioni del sostituto d’imposta relative al 2019;
- la proroga dal 28 febbraio al 31 marzo 2020 del termine per la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi agli oneri deducibili e detraibili da utilizzare per la precompilazione delle dichiarazioni dei redditi relative al 2019;
- il differimento dal 15 aprile 2020 al 5 maggio 2020 del termine per la messa a disposizione delle dichiarazioni precompilate relative al 2019.

Rimessione in termini entro il 20 marzo per i versamenti scaduti il 16 marzo
Per tutti i contribuenti, l’art. 60 del decreto prevede che tutti i seguenti versamenti scaduti il 16 marzo potranno essere effettuati anche entro il 20 marzo.

Contribuenti con ricavi/compensi > 2.000.000 nel 2019.
Per i contribuenti che:
- hanno maturato, nel periodo d’imposta precedente, ricavi e compensi di importo superiore a 2 milioni di euro, e che
- non appartengono a determinati settori ritenuti maggiormente danneggiati dagli effetti della diffusione del Coronavirus,
la scadenza del 20 marzo diventerà il termine improrogabile dei citati versamenti.

Settori “danneggiati”
Il decreto riprende l’art. 8, D.L. n. 9/2020 (che riguardava solamente i soggetti che operano nel settore turistico) ed estende i relativi benefici anche alle imprese operanti in altri settori tra cui:
- le federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, associazioni e società sportive, professionistiche e dilettantistiche, nonché soggetti che gestiscono stadi, impianti sportivi, palestre, club e strutture per danza, fitness e culturismo, centri sportivi, piscine e centri natatori;
- i soggetti che gestiscono teatri, sale da concerto, sale cinematografiche, ivi compresi i servizi di biglietteria e le attività di supporto alle rappresentazioni artistiche, nonché discoteche, sale da ballo, nightclub, sale gioco e biliardi;
- i soggetti che gestiscono ricevitorie del lotto, lotterie, scommesse, ivi compresa la gestione di macchine e apparecchi correlati;
- i soggetti che organizzano corsi, fiere ed eventi, ivi compresi quelli di carattere artistico, culturale, ludico, sportivo e religioso;
- i soggetti che gestiscono attività di ristorazione, gelaterie, pasticcerie, bar e pub;
- i soggetti che gestiscono musei, biblioteche, archivi, luoghi e monumenti storici, nonché orti botanici, giardini zoologici e riserve naturali;
- i soggetti che gestiscono asili nido e servizi di assistenza diurna per minori disabili, servizi educativi e scuole per l’infanzia, servizi didattici di primo e secondo grado, corsi di formazione professionale, scuole di vela, di navigazione, di volo, che rilasciano brevetti o patenti commerciali, scuole di guida professionale per autisti;
- i soggetti che svolgono attività di assistenza sociale non residenziale per anziani e disabili;
- le aziende termali di cui alla legge n. 323/2000 e centri per il benessere fisico;
- i soggetti che gestiscono parchi divertimento o parchi tematici;
- i soggetti che gestiscono stazioni di autobus, ferroviarie, metropolitane, marittime o aeroportuali;
- i soggetti che gestiscono servizi di trasporto merci e trasporto passeggeri terrestre, aereo, marittimo, fluviale, lacuale e lagunare, ivi compresa la gestione di funicolari, funivie, cabinovie, seggiovie e ski-lift;
- i soggetti che gestiscono servizi di noleggio di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale, lacuale e lagunare;
- i soggetti che gestiscono servizi di noleggio di attrezzature sportive e ricreative ovvero di strutture e attrezzature per manifestazioni e spettacoli;
- i soggetti che svolgono attività di guida e assistenza turistica;
- le organizzazioni non lucrative di utilità sociale iscritte negli appositi registri, le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali e delle province autonome e le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano, che esercitano, in via esclusiva o principale, una o più attività di interesse generale previste dall’art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 117/2017.
Per i relativi codici ATECO si rinvia alla risoluzione n. 12/E/2020.

Contribuenti dei settori “danneggiati” e “piccoli” contribuenti: scadenza “facoltativa” al 20 marzo
Premesso che qualsiasi contribuente potrà pagare i tributi entro il 20 marzo (e non avvalendosi delle sospensioni di legge potrà ricevere, a richiesta, una “menzione d’onore” sul sito del MEF), il decreto Cura Italia introduce alcune agevolazioni che è possibile suddividere in tre fattispecie:

a) soggetti operanti nei settori della tabella dei “danneggiati” dal Coronavirus;
Per questi contribuenti, sono sospesi fino al 31 maggio 2020 i versamenti:
- IVA del mese di marzo
- per ritenute fiscali su redditi di lavoro dipendente e assimilati, per contributi previdenziali e assistenziali e per premi INAIL, in scadenza fino al 30 aprile.

b) soggetti che non operano nei settori “danneggiati” e che nel 2019 hanno conseguito ricavi o compensi in misura non superiore a 2 milioni di euro.
Per questi contribuenti, la medesima tipologia di versamenti in scadenza tra l’8 marzo e il 31 marzo (e, quindi, non anche quelli fino al 30 aprile) sono sospesi fino al 31 maggio 2020.

In entrambi i casi, i versamenti “sospesi” dovranno essere effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 (oppure in un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere da maggio e, poiché il 31 maggio cade di domenica, il versamento potrà essere effettuato entro il 1° giugno 2020.
Va, quindi, ribadito che per tutti i soggetti che non siano “piccoli” contribuenti e che non siano operanti in settori “danneggiati” è stato accordato solo il differimento del versamento al 20 marzo 2020 della scadenza del 16 marzo 2020.
La sospensione dei versamenti dell’IVA si applicherà, a prescindere dal volume dei ricavi o compensi percepiti, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nelle province di Bergamo, Cremona, Lodi e Piacenza.

Appare utile segnalare che anche coloro che potranno avvalersi della proroga per poter posticipare i loro versamenti oltre il 20 marzo, entro quella data dovranno comunque versare la tassa annuale per la tenuta dei libri contabili e sociali (codice tributo 7085), le ritenute diverse da quelle su redditi di lavoro dipendente e assimilati (ad esempio, lavoro autonomo, codice tributo 1040) e tutti gli altri eventuali versamenti che non sono oggetto di proroga (che è limitata ad IVA, contributi previdenziali ed assicurativi e ritenute fiscali sul lavoro dipendente, ex articoli 23 e 24, D.P.R. n. 600/1973 e relative addizionali).

Federazioni ed enti sportivi
Per quanto concerne invece le federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, associazioni e società sportive, professionistiche e dilettantistiche, curiosamente il decreto prevede una sospensione dei versamenti più lunga e i versamenti sospesi dovranno essere effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di giugno 2020.

Ritenute d’acconto
I compensi percepiti fino al 31 marzo 2020 dai soggetti con ricavi o compensi non superiori a 400.000 euro, che non hanno sostenuto spese per dipendenti nel mese precedente non sono soggetti a ritenuta d’acconto (articoli 25 e 25-bis, D.P.R. n. 600/1973, ad esempio professionisti o agenti di commercio), a fronte della presentazione di apposita dichiarazione da parte del percettore.
Tali ritenute dovranno essere versate in un’unica soluzione dal percettore dei compensi entro il 31 maggio, o versando gli importi in 5 rate di pari importo a decorrere dallo stesso mese di maggio, come se fosse un’auto-sostituzione d’imposta.

Sospensione attività di controllo degli Uffici
Sono sospesi, dall’8 marzo al 31 maggio 2020, i termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso da parte degli enti impositori. Nel detto lasso temporale, quindi, è sospesa qualsiasi attività impositiva, come la liquidazione automatica della dichiarazione (art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973), il controllo formale (art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973) e la notifica degli avvisi di accertamento.

Accertamenti e avvisi di addebito
Sempre dall’8 marzo al 31 maggio 2020 sono sospesi i termini di versamento per gli accertamenti esecutivi, quindi per gli accertamenti emessi in materia di imposte sui redditi, IVA e IRAP, previsione che varrà anche per gli accertamenti esecutivi dei tributi locali.
Detti versamenti vanno eseguiti entro il mese successivo al termine di sospensione, quindi entro il 30 giugno 2020.
E’ presumibile, ma non chiaro, che anche le rate da accertamento con adesione stipulato a seguito di notifica dell’accertamento esecutivo siano oggetto di sospensione, così come per le somme dovute a seguito di conciliazione giudiziale o intimazione a seguito di sentenza, a condizione che l’atto impugnato sia stato un accertamento esecutivo. La sospensione vale anche per gli avvisi di addebito dei contributi INPS, ma non sono sospesi i termini di pagamento per altre tipologie di contributi non intimati tramite cartella di pagamento.
La sospensione in argomento vale solo per gli accertamenti esecutivi, gli avvisi di addebito INPS e per le cartelle di pagamento, di cui in seguito si dirà, ogni altro atto al momento è fuori dalla sospensione. Quindi, vanno eseguiti entro i termini ordinari i versamenti derivanti, ad esempio, da avvisi di recupero dei crediti d’imposta, avvisi di liquidazione (ad esempio, recupero agevolazioni prima casa,), accertamenti di valore ai fini dell’imposta di registro.

Cartelle di pagamento
Dall’8 marzo al 31 maggio 2020 sono sospesi i termini di versamento per le cartelle di pagamento. Nelle FAQ di riposta del 20 marzo l’ADER ha chiarito che sono soggette alla sospensione anche le rate di cartelle dilazionate e che non si applicano i provvedimenti di fermo ed iscrizione ed ipoteca anche se notificati in precedenza.
I versamenti vanno eseguiti entro il mese successivo al termine di sospensione, ovvero entro il 30 giugno 2020. Se, quindi, una cartella di pagamento è stata notificata il 19 gennaio 2020, il pagamento va eseguito non entro i comuni 60 giorni (quindi entro il 19 marzo) bensì entro il 30 giugno 2020.

Rottamazione dei ruoli e saldo e stralcio degli omessi versamenti
Il termine di pagamento della rata da rottamazione dei ruoli scaduta il 28 febbraio 2020 è stato differito al 31 maggio 2020, mentre il termine di pagamento della rata da saldo e stralcio degli omessi versamenti in scadenza al 31 marzo 2020 è differito al 31 maggio 2020.

Avvisi bonari
Purtroppo allo stato gli avvisi bonari, emessi a seguito di liquidazione automatica o controllo formale della dichiarazione ex articoli 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633/1972 o derivanti dal controllo ex art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973, non fruiscono di alcuna sospensione, cosicché i pagamenti, sia di tutte le somme sia delle rate da dilazione, dovranno essere eseguiti entro le scadenze ordinariamente previste. in linea di massimo non dovrebbero essere notificati stante la sospensione delle attività degli Uffici sino al 31 maggio 2020 ma si ha notizia di atti che stanno arrivando per PEC.

Sospensione dei versamenti contributivi per lavoratori domestici
Sono sospesi i termini relativi ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi INAIL per l’assicurazione obbligatoria dovuti dai datori di lavoro domestico in scadenza nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 maggio 2020. I versamenti sospesi sono effettuati in un’unica soluzione entro il 10 giugno 2020, senza applicazione di sanzioni e interessi. Non si procede al rimborso di quanto già versato.

Proroga (vergognosa) dei termini dell’accertamento
In conclusione, a fronte di un decreto che prevede la sospensione dei versamenti per cartelle di pagamento, avvisi di accertamento esecutivi, avvisi di addebito, ma nessuna proroga per gli atti diversi da quelli elencati, quindi avvisi bonari, avvisi di accertamento in tema di registro, avvisi di liquidazione, avvisi di recupero dei crediti d’imposta, la legge introduce una inopinata e surreale proroga biennale per i termini di accertamento.
Dunque, l’Agenzia delle Entrate beneficerà di una proroga fino a fine 2022 per procedere ai controlli fiscali del periodo di imposta 2015 (2014, in caso di dichiarazione omessa).
In sostanza, a fronte di circa 3 mesi di sospensione prevista per (neanche tutti) i contribuenti, i poteri di accertamento e controllo fiscale riconosciuti agli uffici saranno dilatati di ben 24 mesi.

Le “nuove scadenze fiscali”: solo 4 giorni di proroga per i soggetti “più grandi”.

Per quanto riguarda gli aspetti tributari, il decreto Cura Italia approvato dal Consiglio dei Ministri di ieri 16 marzo (non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale al momento) racchiude solo il (deludente) esito finale delle numerose richieste di moratoria, differimento e sospensione avanzate in questi giorni da molte categorie economiche e professionali.
Le nuove scadenze.
Rinvio al 20 marzo dei versamenti in scadenza il giorno 16 e sospensione degli adempimenti tributari, diversi dai versamenti e dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, che scadono nel periodo compreso tra l’8 marzo e il 31 maggio.
Solo un rinvio “tecnico” generalizzato di soli 4 giorni quindi.
Solo per una serie di soggetti (ritenuti maggiormente danneggiati ed espressamente elencati nel decreto) viene accordata la sospensione dei versamenti IVA in scadenza nel mese di marzo e dei versamenti per ritenute fiscali su redditi di lavoro dipendente e assimilati, per contributi previdenziali e assistenziali e per premi INAIL, in scadenza fino al 30 aprile e una medesima sospensione è accordata anche agli esercenti attività di impresa, arte o professione con ricavi o compensi non superiori a 2 milioni di euro nel precedente periodo di imposta (2019), ma limitatamente ai versamenti in scadenza tra l’8 marzo e il 31 marzo.
Tuttavia, tutti i versamenti sospesi dovranno essere effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio, oppure mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere da maggio.
Per chi scatta la sospensione
Nell’elenco dei “soggetti maggiormente danneggiati dalla crisi” sono comprese:
- le imprese turistico recettive, agenzie di viaggio, tour operator e guide turistiche;
- associazioni e società sportive, professionistiche e dilettantistiche;
- gestori di impianti sportivi, palestre, centri sportivi, piscine;
- teatri, sale da concerto, sale cinematografiche, discoteche, sale da ballo, night-club e sale da gioco;
- gestori di ricevitorie del lotto, lotterie e scommesse; organizzatori di corsi, fiere ed eventi; ristoranti, gelaterie, pasticcerie, bar e pub; musei, biblioteche, archivi, luoghi e monumenti storici;
- parchi divertimento e tematici; aziende termali; asili nido, servizi educativi e didattici; servizi di trasporto passeggeri e stazioni;
- servizi di noleggio di mezzi di trasporto, di attrezzature sportive e di strutture o attrezzature per manifestazioni e spettacoli.
Quanti rientrano in una delle predette attività potranno sospendere i versamenti IVA in scadenza a marzo e quelli per ritenute IRPEF su lavoro dipendente, contributi e premi INAIL in scadenza a marzo e aprile.

Tutto il resto dei contribuenti, che nel precedente periodo di imposta hanno conseguito ricavi o compensi in misura non superiore a 2 milioni di euro, potranno comunque sospendere i versamenti, ma solo quelli in scadenza a marzo sia per l’IVA che per altri tributi e contributi.

Chi non gestisce una delle dette attività, e nel precedente periodo di imposta ha conseguito ricavi o compensi in misura superiore a 2 milioni di euro, non beneficia di alcuna sospensione dei versamenti, ma soltanto di un differimento “tecnico” di 4 giorni della scadenza del 16 marzo che viene quindi spostata a venerdì prossimo: punto e stop.
Per i soggetti prorogati, invece, il versamento degli importi sospesi scatterà già dal 31 maggio, in un’unica soluzione, oppure in cinque rate mensili di uguale importo da maggio a settembre.

Da ultimo, va segnalato anche che, per i compensi e le provvigioni che vengono pagate tra l’8 marzo e il 31 marzo, verrà concessa al lavoratore autonomo e all’agente senza dipendenti di chiedere, al sostituto di imposta che provvede al pagamento, la non applicazione della ritenuta d’acconto IRPEF (articoli 25 e 25-bis, D.P.R. n. 600/1973): ma anche in questo caso il percipiente dovrà poi provvedere entro il 31 maggio (o in 5 rate mensili da maggio in poi) al versamento in prima persona della ritenuta “sospesa” per Coronavirus.